La cultura cremonese è più povera: se n'è andato Renato Rozzi, psicologo e psicoanalista allievo di Musatti. Parecchi i suoi libri. Alcuni su Cremona
E' scomparso all’età di 95 anni uno dei grandi della cultura e della scienza cremonese, il professor Renato Rozzi. Psicologo di formazione psicoanalitica e fenomenologica, ha lavorato per il Centro di psicologia Olivetti negli anni sessanta, e poi ha insegnato presso le Università di Trento, Cosenza, Urbino e Verona. Già nel 1942, su richiesta di Adriano Olivetti, Cesare Musatti apre un Laboratorio annesso al Servizio di selezione per gli apprendisti del centro di formazione per meccanici. Esso, nonostante il nome con cui nasce, non doveva essere un laboratorio di psicotecnica per la rilevazione di livelli attitudinali, ma un vero centro di psicologia con un programma di ricerche e interventi sui molteplici problemi connessi con l’attività lavorativa. Da metà degli anni ’50, prende il nome di Centro di Psicologia e viene collegato con gli Uffici del personale sia per sostituire le vecchie pratiche psicotecniche di selezione attitudinale con modalità cliniche sia per correggere le disfunzioni di una irrazionale organizzazione del lavoro tramite approcci non solo ingegneristici ma propri delle scienze psicologiche e sociologiche, per permettere un rapporto dell’operaio con il suo lavoro alla macchina meno traumatico e alienante e per attuare forme innovative di welfare aziendale. Per questa impresa, che resta un unicum nella storia della psicologia del lavoro italiana, venne chiamato, tra gli altri, anche Renato Rozzi. Renato Rozzi dedica acute pagine al lavoro come spreco o, perlomeno, al lavoro che, per come è organizzato e gestito, produce spreco in una serie di scritti: “Psicologi e operai. Soggettività e lavoro nell'industria italiana” 1977, Feltrinelli Editore; “Sopravvivere”, Milano, Feltrinelli, 1981, “Costruire e distruggere. Dove va il lavoro umano?”, Il Mulino, 1997;
Psicoanalista e psicologo atipico, per una sua ricerca diversa da quella psicologia che oggettiva l’essere umano, e con la quale è sempre entrato in polemica. Ha collaborato a Gorizia nell’équipe di Franco Basaglia.
Ricorda in un’intervista del 2001: “Allora la psicoanalisi, anche in un ambiente così aperto com’è questo, era però sempre qualcosa che non serviva politicamente all’immediato, era solo una forza culturale; e naturalmente poteva essere molto critica nei riguardi del marxismo. Posso dire che però questo ambiente, pur in questa sua chiusura, era veramente aperto, al contrario del Partito Comunista, che inizialmente nei riguardi della psicoanalisi aveva una diffidenza. Infatti, io sono andato a cercare dei contatti per esempio a Praga (Freud è nato in Moravia anche se poi è andato a Vienna giovane), dove c’era stata una grande scuola psicanalitica prima del ’48, e direi prima del ’39 con l’arrivo dei nazisti; questa povera Cecoslovacchia dal punto di vista degli intellettuali era davvero martoriata. Per merito di Guido Neri avevamo contatti con l’opposizione comunista al comunismo, con Kosik; io sono stato uno dei primi a conoscerlo, avevamo dei rapporti riservati, anche con Patocka, grande filosofo. Queste persone erano a lato, perseguitate, gente che aveva lottato contro il nazismo e adesso era perseguitata anche dal comunismo, e Kosik era nettamente un comunista, Patocka no. Si può dunque vedere che eravamo in un ambiente molto aperto, in cui c’erano delle aggravanti nell’essere critici del comunismo”.
Allievo a Milano di Enzo Paci, invitato in Cina nel 1971 con una delegazione prevalentemente di psicologi e psichiatri, dove ha potuto conoscere il disastro della rivoluzione culturale. Amico di Banfi, Romano Alquati, Guido Neri e Danilo Montaldi.
Tantissimi i suoi libri sia in ambito scientifico che sociologico, molti dei quali dedicati alla sua città, Cremona. Spesso con fare provocatorio, ma documentato, Renato Rozzi parlava della sua città e della sua gente non risparmiando critiche. Nel suo "Pensando a Cremona", ad esempio, racconta come negli anni dal '51 al '71 sparisce il 13 per cento della popolazione provinciale, quasi 50mila persone che lasciano la provincia di Cremona alla ricerca di lavoro soprattutto verso Milano. "Se ne sono andati i più poveri" scrive ancora Rozzi e una parte della prosperità nelle statistiche della nostra terra è arrivata da questo esodo. Quindi siamo diventatoi statisticamente più ricchi perchè se ne sono andati i puù poveri.
E ancora nel suo libro "I cremonesi e Farinacci", ricordando l'ascesa del ras di Cremona scriveva: Nello stemma della cremonesità anzichè "Fortitudo mea in brachio" potrebbe esserci scritto questo motto:"stùm schìs".
Il giorno della sua scomparsa, sabato 9 novembre, il nipote Marco ha eseguito in qualità di flauto solista la Suite in Si minore di Johann Sebastian Bach, nell’ambito del concerto conclusivo del MAGMA festival, che si è tenuto all’auditorium “F. De André” di Castelverde.
Marco, che ha dedicato l’esecuzione allo zio, ha raccontato di aver avuto in dono proprio quello spartito dallo zio, quando era ancora dodicenne, e sognava di eseguire in concerto questo capolavoro della letteratura per flauto.
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commenti
Maria Compagnini
11 novembre 2024 17:17
Indimenticabile persona
Michele de Crecchio
12 novembre 2024 01:31
Una delle più intelligenti e stimolanti personalità che ho avuto la fortuna di conoscere e frequentare nella nostra città.
Marco Vinicio Bissolotti
12 novembre 2024 08:34
Una mente superiore dotata di gentilezza e signorilità. Il suo libro "Psicologi e Operai" è stata una lettura fondamentale per la mia formazione culturale.