13 aprile 2021

La protesta dignitosa di commercianti, ristoratori e baristi: "Vogliamo il diritto più sacro per un imprenditore: poter lavorare"

E' scesa in Piazza la protesta composta e dignitosa di una parte dell’Italia che non ce la fa più. La Cremona dei commercianti, dei ristoratori, delle partite iva. “#VogliamoFuturo, #IlFuturo(Non)SiChiude, #PartireInSicurezza” sono alcune delle frasi riportate sugli striscioni esibiti dai titolari aderenti a Confcommercio di Cremona e dagli appartenenti a FIPE (Federazione Italiana Pubblici Esercizi). Cornice una Piazza Duomo cupa e plumbea, lontana dai colori degli, ormai, antichi fasti dove si affacciano eleganti bar e locali, oggi, rigorosamente chiusi. Vite in bilico in cui sogni, sacrifici di una vita, speranze per il futuro sono stati spezzati. 

Noi eravamo tra loro. Abbiamo accolto la rabbia e lo sconforto di generazioni messe alla prova non solo dal covid ma, anche, da uno Stato che li fa sentire abbandonati.

“È un anno che stiamo penando. Ho perso il 28%. Tutto sembra essere stato studiato a tavolino per non dare nulla a nessuno – si sfoga Mario Barbieri, proprietario del ristorante Ca’ Barbieri di Levata di Grontardo -  abbiamo avuto più aiuto durante il Governo Conte che dal Governo Draghi. Avevano promesso ristori, avevano promesso di stare al nostro fianco, in realtà non è così. Risultato?! Niente ristori. Un impresa ha ingenti costi fissi che vanno da consulenti, dipendenti, scorte, siamo rimasti senza certezze. Ci hanno privato di ogni sicurezza – sottolinea - punto il dito contro chi, in precedenza, era all’opposizione ed oggi non sta facendo nulla per tutelarci. Hanno aperto le scuole e ne sono felice. Oggi, però, mi sono ritrovato ad osservare i bus pieni di bambini. È bello che abbiano ripreso le scuole ma a questo punto avviene tutto il contrario di tutto. Sembra che gli untori siamo solo noi.  Anche i bambini entrano in contatto con zii, nonni. Non so più che pensare. Sono stremato. Ho fatto il covid, sono stato per 60 giorni in ospedale, non sottovaluto per nulla il virus – racconta Barbieri -  abbiamo seguito tutte le indicazioni per metterci in sicurezza. Se prima del virus lavoravamo per servire ci siamo poi trovati nella condizione in cui lavoravamo per eseguire, al meglio, tutte le procedure per igienizzare con costi del personale aumentati del 30, 40%. Lavoravamo nella paura, nello stress, sottopressione ed alla fine i governi ci hanno ingannato. Non ci sono governi salvatori. Mi chiedo perché sono aperti gli autogrill, perché sono aperte le mense aziendali, devono darci risposte, devono spiegarci perché, solo noi, dobbiamo restare chiusi, noi non siamo untori.”

Uno spaccato chiaro, di delusione, che punta il dito contro un Governo che sembra avere disatteso ogni aspettativa. 

“Oggi rivendichiamo il diritto più sacro che ha ogni imprenditore, il diritto di lavorare e di poterlo fare in serenità. Ciò che manca oggi è una programmazione seria perché dopo un anno e quattro mesi è impossibile pensare di avere chiusure spot basate sul nulla. Urliamo la sofferenza economica che ci sta colpendo, sofferenza gestionale , sofferenza con i propri dipendenti, una situazione che si può sbloccare o con indennizzi mirati o con una riapertura. Gli imprenditori chiedono solo di poter lavorare, non c’è altra soluzione. Purtroppo sembra che gli Amministratori locali, la Prefettura e la Regione non vogliano capire  - sottolinea Andrea Badioni Presidente di ConfCommercio Cremona – in qualche modo dobbiamo farci sentire. Come associazione abbiamo fatto i salti mortali: compensazione della cassa integrazione dei nostri dipendenti, agevolazioni fiscali sulla liquidità e soprattutto stiamo al fianco dei nostri soci per supportarli per il futuro – continua Badioni -  ho chiara nella mente una definizione di questo periodo: un dramma sanitario e a livello economico ci stiamo arrivando. Se potessi guardare negli occhi tutta la politica direi che non hanno fatto nulla e non stanno dimostrando nulla”.

Una protesta civile, ordinata, con le mascherine sui volti che evidenziano occhi lucidi che colpiscono l’anima di chi osserva. 

Un periodo lunghissimo che, forse, lascia uno spiraglio positivo nell’unione di tutti noi, uniti per dare voce al silenzio in cui siamo stati confinati, uniti per riaprire. Se non riapriamo moriamo tutti  – così Alberto Statella proprietario dell’Osteria Pane e Salame di Cremona - ho una piccola osteria, ho perso il 71% di utile, sto cercando di fare i pagamenti essenziali. Ho deciso di non fare né delivery né asporto. Trovo siano un delitto. Sono un oste, la gente deve venire da me  per sedersi, mangiare bene, fare due chiacchiere, faccio ospitalità. Siamo l’arte del buon cibo, dell’accoglienza, siamo italiani, non devono toglierci questa nostra peculiarità”. 

Il grido ordinato della disperazione, nello sguardo sgomento di chi osserva la capacità organizzativa estera dall’ America alle criticità gestite nel vecchio continente dove Germania, Inghilterra e Francia si trovano sui podi dell’efficienza logistica e la nostra Italia resta al fanalino di coda colma di rinvii ed allettanti promesse.

Marco Boldori del direttivo FIPE e proprietario del locale notturno Lex di Cremona ci racconta: ”Ho provato ad aprire al mattino ma è impossibile. Cosi non si può continuare. Sono felice perché, oggi, Cremona sta dimostrando in modo pacifico quanto siamo stufi. Qui non stiamo assistendo a quanto è accaduto a Roma – sottolinea - siamo stanchi di essere presi in giro. Noi non chiediamo l’elemosina. Vogliamo o lavorare o che ci venga dato ciò che ci è dovuto. In molti non arriveranno alle riaperture che prevedono a Giugno. Lo scenario è molto difficile, in tutto questo, non abbiamo certezze. Penso alle attività dei miei colleghi che necessitano di tempistiche per organizzarsi. Come poterlo fare in queste condizioni?”

Uomini e donne che a 14 mesi di distanza vivono la tragicità di non avere i mezzi per poter credere nel domani, uniti dalla rabbia non solo nei confronti di uno Stato che appare sordo ma anche decisamente delusi dalle rappresentanze locali. Ogni attività racchiude storie di famiglie, custodisce il vissuto che, spesso, si tramanda di generazione in generazione o si tenta di farlo. Storie di vita vera di chi con nobiltà d’animo ed infinito coraggio confessa all’intera Piazza la propria difficoltà. E' Luca Babbini, proprietario del ristorante "Il Violino": ”Non avrei mai immaginato di arrivare a 48 anni, ad un punto importante della vita professionale e dover aspettare la paghetta da mia moglie. Avrei desiderato un qualcosa di diverso. Ho sempre rispettato le regole. Con entusiasmo ho sempre cercato di reinventarmi nonostante tutto. Non ho mai manifestato. Oggi dico basta. Non possiamo permetterci di arrenderci.”  

 

 

 

 

Beatrice Ponzoni


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