6 marzo 2022

Le assurdità della guerra: il mezzo da sbarco dei marines in Vietnam prese il nome di "Stradivari" per indicarne la perfezione

Ad Okinawa le spiagge si lanciano verso l'oceano lasciandosi dietro una vegetazione fittissima, alta mediamente poco più un metro, che fa virare il colore giallo chiaro del litorale in uno stupendo verde brillante.

Passeggiando sulla costa si possono notare alcune steli sempre pulitissime che ricordano gli ultimi decolli delle unità aeree d'assalto kamikaze, il clima è quasi sempre favorevole ma entrare in acqua in ogni angolo di questa isola non è possibile anzi, è severamente vietato. Per poter godere delle acque cristalline vi sono apposite zone recintate, recintate perché nelle acque libere circolano liberamente squali, barracuda, il velenoso pesce leone ma, soprattutto, il pericolosissimo Cono Geografico che dal nome parrebbe un luogo da cercare su un Atlante ma in realtà è un pigro mollusco dotato di un pungiglione e di uno dei veleni naturali più potenti al mondo. Nella zone interne dell'isola gira liberamente, morsicando diverse persone ogni anno, l'Habu, la aggressiva e temuta vipera di Okinawa con il cui veleno si crea un liquore dal nome habashu, liquore nel complesso gradevole che viene versato da una bottiglia con il rettile immerso all'interno.

Forse anche il ventunenne Gracey Doyle Jr., nell'aprile del 1945, era a conoscenza di queste peculiarità locali quando, con la sua Sesta divisione dei Marines, si lanciava all'assalto di quelle lingue di terra color giallo e verde combattendo contro i determinatissimi uomini dell'esercito giapponese. Gracey era sbarcato sulla battigia tramite un LVT, un mezzo anfibio cingolato da sbarco del peso di 30 tonnellate, che avrebbe dovuto proteggerlo mentre il ragazzo correva verso quella vegetazione in una delle più feroci battaglie del XX secolo. Da quello sbarco e da quel mezzo comincerà la storia di Gracey e di Stradivari, una storia decisamente unica e altrettanto incredibile.

Gracey ha dedicato tutta la vita al corpo dei Marines, dopo il Giappone ha combattuto nella guerra di Corea e in quella del Vietnam, tornando in California nei periodi di riposo o per addestrare nuove reclute. Nelle sue memorie lasciate agli archivi dei Marines il sottufficiale racconta una storia particolare e paradossale e, sotto alcuni punti di vista, una storia che ci auguriamo non si debba ripetere mai.

Nel 1941 la Food Machinery Corporation di San Josè, in California, venne incaricata di un appalto per la costruzione di LVT, quei mezzi che Gracey imparerà a conoscere molto bene perché dovevano rappresentare una sorta di scudo quando il marine metteva piede su una nuova spiaggia o in una nuova guerra. Nel 1966 Gracey è appena tornato a casa dal suo primo turno nel Vietnam quando viene informato che, presso la stessa fabbrica non distante da casa sua, vi sono un certo numero di LVT dei quali il corpo dei Marines non sa cosa farne. La tensione è crescente nel sud est asiatico, servono mezzi e materiali, serve Gracey per capire cosa farne di quegli LVT che lui conosce a memoria. Negli anni il sottufficiale è riuscito a prendere un diploma di laurea in belle arti all'università della California, un diploma che lo ha portato a conoscere un mondo diverso da quello fatto di sabbia, paludi e combattimenti, in quel mondo così distante dalle urla di dolore o di battaglia alcune cose acquistano un valore differente anche per un veterano scafato come lui.

Alla Food Machiney Corporation arriveranno due tecnici dei Marines per i lavori di saldatura da effettuare sui veicoli, un ufficiale per la logistica dei pezzi di ricambio e tre dipendenti della azienda per il lavoro di assemblaggio finale. Gracey doveva coordinare il tutto per fare in modo che quei veicoli potessero essere ancora operativi e che, soprattutto, fossero in grado di proteggere i suoi commilitoni, perché un marine si fida solo di se stesso o di un altro marine. Il gruppo di lavoro taglia, salda, aggiunge pezzi, imposta la catena di montaggio e le operazioni da seguire sulla base delle direttive di Gracey poi, per ognuno dei mezzi destinato a finire nel delta del Mekong o sulle spiagge di Da Nang, viene deciso il nome, Stradivari.

Su questo Gracey non ha dubbi, tutti i veicoli che usciranno da questa fabbrica e dal lavoro di questo team si chiameranno Stradivari come tributo al grande liutaio di Cremona, perché la eccelsa qualità del lavoro che avevano portato avanti era paragonabile all'abilità dell'uomo che ha cambiato la storia dei violini. A conferma di questa scelta Gracey deciderà di far scrivere il nome Stradivari “di colore bianco sulla paratia di dritta, appena dietro la prua, con un bel carattere Old English che avevo trovato nella azienda”, dando così al liutaio cremonese una “paternità” unica e relativamente facile da spiegare anche in mezzo alla giungla del sud est asiatico. Nel 1969 Gracey torna in Vietnam per il suo secondo turno di impiego, vede alcuni mezzi usciti da quella fabbrica tre anni prima, erano stati ridipinti per esigenze mimetiche ma la scritta Stradivari era rimasta intatta perché il nome di battesimo di mezzo militare deve rimanere tale, gli Stradivari avrebbero portato i marines in battaglia nel Vietnam come portano lui ad Okinawa nel 1945. La scelta di Gracey sui suoi LVT suonò paradossale per alcuni, un mezzo che dispensa morte non dovrebbe essere assimilato ad uno strumento che doveva trasmettere emozioni profondamente diverse, ma il veterano non aveva dubbi, la qualità del lavoro fatto era tale da giustificare un nome così impegnativo, ovviamente il suono dei cingoli o del cannone posto in cima al mezzo non è quello di un violino ma per un marine è musica anche quella, ovviamente è una musica che sarebbe apprezzabile sentire comunque il meno possibile in tutto il mondo. 

Marco Bragazzi


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