Po-litigi: stesso fiume, regole opposte. Il Grande Fiume divide, in Lombardia si fa il bagno ma non in Emilia
Il Po? Si può nuotare in Lombardia ma non in Emilia Romagna. Le acque sono le stesse ma le regole sono diverse e, ancora una volta, viene da dire che il Grande fiume, che dovrebbe unire, invece divide ancora, e troppo. Al punto che, come rimarcato, di fatto è balneabile in sponda sinistra ma non in sponda destra. Si sta facendo sarcasmo, sì, ma solo in parte e a dimostrarlo sono le regole con disparità incredibili da una parte all’altra. Il fatto è presto spiegato: il 12 maggio scorso, la giunta regionale dell’Emilia Romagna ha emesso una delibera, la numero 693, che afferma a chiare lettere che fiumi, torrenti, canali, laghi e specchi d’acqua dell'Emilia Romagna non sono destinati alla balneazione.
In pratica tutte le acque interne come appunto fiumi, torrenti, canali, laghi e specchi d'acqua, sono da considerarsi, allo stato attuale, non destinate alla balneazione e questo, per inciso, significa anche che non sono soggetti ad alcun monitoraggio per la tutela della salute e della sicurezza dei bagnanti. Verrebbe da dire che si tratta di una delibera che avrebbe potuto tranquillamente assumere il miglior Ponzio Pilato, lavandosene bellamente le mani.
In soldoni e in parole povere: se fai il bagno in un fiume o in un torrente emiliano romagnolo e ti succede qualcosa sono affari tuoi perché non ti dovevi tuffare. In Lombardia, invece, di delibere regionali non ne sono state assunte e quindi, di fatto, la balneazione sarebbe libera e ci sono solo divieti di balneazione in alcune acque interne, come il Ticino, a causa della qualità dell'acqua. Diversi sindaci ed amministratori dei comuni cremonesi toccati da fiumi (su tutti il Po) e corsi d’acqua, interpellati circa l’arrivo di comunicazioni regionali sulla balneazione sono “caduti dal pero”, come si suol dire, rimarcando di non aver ricevuto nulla, ad oggi.
Nulla di cui stupirsi visto che questa disparità di regole si manifesta praticamente ogni anno, al punto che già parecchi anni fa se ne scriveva ampiamente anche sul quotidiano “Cronaca”. Del resto è ampiamente noto, a tutti, che sono diversi gli Enti che, con competenze diverse, operano sul fiume, ognuno con le sue finalità, ognuno con le sue regole che spesso e volentieri finiscono per “scontrarsi”, se non ad annullarsi, l’una con l’altra. A proposito ad esempio della magra in corso sul Po in questi giorni, che dire dei temi legati alla gestione delle acque? I vari consorzi di bonifica come, quanto e quando dialogano tra di loro? Come si raccordano sulle rispettive scelte? Viene da pensare e da affermare che se sul fiume ci fosse un solo organismo deputato a prendere decisioni, forse molte cose andrebbero meglio.
Tornando poi al tema della balneazione, c’è da dire che già da qualche anno Aipo ed Autorità di Bacino, insieme ad alcune associazioni, su tutte gli Aironi del Po di Legambiente hanno anche predisposto un volantino con regole essenziali di sicurezza, disponibile in diverse lingue. Proteggere se stessi è infatti il primo gesto d’amore per questa terra e per il fiume che la attraversa. Un messaggio importante da diffondere, per la sicurezza e la qualità della vita di tutti. Ma questi volantini chi li ha visti? Dove sono stati posizionati? Come mai molti Comuni (ed anche questo è stato accertato) non ne conoscono neppure l’esistenza? Perché non esporre chiaramente e pubblicamente i cartelli col divieto di balneazione e quelli contenenti le regole per la sicurezza coinvolgendo in questa operazione le associazioni del territorio, su tutte la protezione civile? In attesa e nella speranza che questo possa avvenire, ecco che proprio in questi Emilia Romagna e Lombardia si sono trovate in linea, di fronte all’ondata di calore in corso, nell’emettere il divieto di attività lavorativa all’aperto tra le 12.30 e le 16 nelle aree edili, cave, aziende agricole, florovivaistiche e nei piazzali della logistica. In questa ordinanza si richiama tra l’altro l’importanza delle "Linee di indirizzo per la protezione dei lavoratori dal calore e dalla radiazione solare", approvate dalla Conferenza delle Regioni e Province Autonome e che costituiscono una sintesi dei vari documenti emanati dalle Regioni e Province Autonome. Ma anche, rispetto ad una decisione condivisibile, nasce spontanea una domanda: visto che si vieta l’attività lavorativa all’aperto dalle 12,30 alle 16, qualcuno si è per caso accorto del fatto che la fascia oraria più calda è quella compresa tra le 17 e le 19?
Eremita del Po
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