Prima la sicurezza, poi serie di passerelle per far ammirare San Zavedro. Prende forma l'idea del recupero della chiesa a S. Giovanni in Croce
La tradizione attribuisce la fondazione di San Zavedro a Teodolinda, regina dei Longobardi. Vi sono sepolti due dei figli di Cecilia Gallerani, la Dama con l'ermellino ritratta da Leonardo da Vinci, e, secondo alcuni ricercatori, potrebbe riposare nello stesso luogo anche la madre. La chiesa, eretta tra il XIII e il XIV secolo, ha subito gravi danni, soprattutto durante la Seconda Guerra mondiale, per le infiltrazioni dal tetto, con i conseguenti crolli strutturali e la quasi totale perdita di stucchi e affreschi. Ora, forse, la svolta. “La nostra comunità è in attesa di un intervento per questo monumento, fra i più preziosi se non il più prezioso del nostro paese”, ha detto il sindaco di San Giovanni in Croce, Pierguido Asinari. “Sarebbe già importante portare a termine lavori urgenti per fermare il degrado”, gli ha fatto eco Danio Asinari, anima culturale del territorio, scomparso prematuramente, il cui nome è legato alla rinascita di Villa Medici del Vascello, la dimora della Gallerani.
Se c'è una persona che conosce tutte le meraviglie, le suggestioni e i segreti di San Zavedro è lei, la professoressa Simona Bini: cremonese, laureata in arte medievale con una tesi sulle 'torri campanarie cremonesi del XII e XIII secolo', insegna italiano, storia e geografia a Brescia, dove si è trasferita. Su San Zavedro ha pubblicato una guida, scritto un lungo, dettagliato articolo e organizzato, nel 2011 a San Giovanni, un affollato convegno con relatori di primissimo livello. “Da allora, però le luci si sono spente. Questa chiesa, in cui sono entrate svariate volte, meritava e merita di più - commenta così gli ultimi sviluppi della vicenda -. Non sono l'unica a nutrire un amore smisurato per questo 'gioiello', che sento quasi come mio. E' già un fatto importante, dopo questi anni di disinteresse pressoché totale, riaprire il dibattito. San Zavedro è uno scrigno di tesori architettonici e culturali. Se si riuscisse a salvarlo, sarebbe un pezzo di storia restituito a San Giovanni in primis, poi a Cremona e, infine, a tutta la Val Padana”.
Sui testi della professoressa Bini ha studiato Chiara Coscelli, architetto di Mantova, laureatasi al Politecnico di Milano e dottoranda presso il prestigioso IUAV (Istituto universitario di architettura di Venezia). Conseguirà la specializzazione con una tesi, in discussione ai primi di marzo, proprio su San Zavedro. “E' da due anni che ci sto lavorando. Ho scoperto questa chiesa grazie a Italia Nostra e ad Anna Maramotti, la mia docente al Politecnico, e da allora mi è rimasta nel cuore. Nelle mie ricerche parlo della possibilità, dell'ipotesi di riqualificarla e aprirla al pubblico grazie a un percorso, il meno invasivo possibile, di passerelle. Ho eseguito, per la prima volta, un rilievo di tutte le strutture, i disegni, le piante e l'ho riportato digitalmente con un laser scanner”. Anche l'architetto Coscelli ha visitato “in tante, tante occasioni” San Zavedro: “La volta traforata ricorda Villa Pasquali di Sabbioneta e gli affreschi, quelli rimasti, sono meravigliosi, una testimonianza notevole. Ma a rendere davvero speciale San Zavedro, amata dai fedeli e in passato meta di pellegrinaggi, è soprattutto la sua storia. Ora la chiesa è completamente spoglia, ma di una bellezza unica”. Perché continuare a nasconderla?
© RIPRODUZIONE RISERVATA
commenti
Anna L. Maramotti
20 febbraio 2022 23:57
Non esiste nulla di più gratificante per un docente incontrare studenti interessati e impegnati come Chiara Coscelli. Quando lo studente diventa un interlocutore non si raggiunge solo lo scopo didattico, ma si crea la condizione ottimale per una dialettica proficua. Chiara ha dimostrato di aver raggiunto una propria autonomia intellettuale e culturale che fa di lei una studiosa e una professionista di rare competenze. Ad maiora