11 dicembre 2023

Quegli antichi affreschi alla chiesa dei Piombi di Scandolara Ravara. Lì venivano tassate le merci in transito sul Po

‘I Piombi’: come Il Grande Fiume scrive la storia dei territori

Quando il Grande Fiume ancora scorreva più a nord rispetto all’attuale alveo, esisteva una località nella campagna di Scandolara Ravara che prese il nome di ‘Piombi’. Il perché è presto spiegato: il corso del fiume era una delle principali vie di comunicazione e di trasporto delle merci, pertanto sulle sue sponde sorgevano diversi punti di attracco e veri e propri porti, che spesso si trovavano al confine tra diversi territori (Comuni, Ducati, Contadi,...) e di conseguenza era necessario pagare un dazio sulle merci trasportate per poter proseguire. I ‘piombi’ altro non erano che i sigilli apposti a tali merci. Va da sè che la frazione Piombi di Scandolara (che in passato si chiamava Scandolara Ripa di Po proprio per la prossimità al fiume), al confine tra i territori di Mantova e di Cremona, prese il nome proprio da questa usanza.

I resti di un’antica ‘ecclesia’, tra vecchi documenti e tracce ancora visibili sui muri

In questo luogo -che dista alcuni chilometri dal capoluogo di Scandolara- oggi è ancora possibile trovare, all’interno della cascina privata ‘Piombi Vecchio’, quella che un tempo fu una chiesetta dedicata a Maria Vergine, ma che per i più era meglio conosciuta come Chiesa di ‘San Lorenzo dei Piombi’. 

Non ci sono notizie certe sulla data di costruzione di questo edificio, ma è invece attestato che questa località è citata in un documento dell’inizio del 1300, in cui vengono descritti i ‘Confini tra il Cremonese e il Contado di Casalmaggiore e Piadena nel 1334’ e dove si parla appunto di ‘territorii Plonbi’ su un terreno di proprietà di Federico Ponzoni.

Oggi questo luogo di culto è poco più di una santella, incastonato tra le mura degli edifici circostanti ed è molto ridimensionato rispetto alle sue dimensioni originarie. Di sicuro, rimane l’affresco originale sul muro di est, che riporta ancora visibile, sebbene molto deteriorato e scolorito dal tempo e dall’umidità, parte del dipinto originario in cui Maria che regge Gesù bambino sulle ginocchia ed al suo fianco i santi Lorenzo e Girolamo. In realtà l’affresco era di dimensioni molto più ampie e riportava le effigie di altri santi, che però non sono più visibili, cancellati dal tempo e dai rimaneggiamenti effettuati nei secoli passati: San Rocco, San Sebastiano, San Bernardino e Sant’Antonio. 

Come si diceva poco sopra, infatti, la chiesa primitiva era molto più ampia e strutturata ed infatti nei documenti era citata come ‘Ecclesia Sancti Laurentiis de Plumbei’’ ed in alcuni incartamenti datati metà 1500 è descritto come avesse il soffitto a volta imbiancata, una torre di forma quadrata sormontata da una croce in ferro e con la campana, una ‘picciola sacrestia’ che conteneva le poche suppellettili della chiesa: ‘[...] in una cassa non chiusa a chiave: alcune tovaglie destinate all’altare, un calice, un messale vecchio a brandelli, una pietra consacrata di dimensioni ridotte, una pianeta in seta lavorata’

Insomma, una chiesa vera e propria, seppur non maestosa né particolarmente ricca, ma senz’altro in grado di accogliere anche i fedeli di Castelponzone e Torricella per le messe settimanali e nelle feste dedicate alla Vergine Maria. Della reale dimensione di questo antico edificio rimane come unica traccia solo un muro addossato all’attuale cappelletta, una parete - inglobata nella struttura della cascina- su cui si stagliano chiaramente le sagome di colonne e cornici  che un tempo decoravano le pareti interne della chiesa originaria. Anche alzando lo sguardo di qualche metro, è evidente come nel muro che circonda la cappelletta siano ancora presenti e ben visibili i segni dei tetti e dei soffitti della ‘ecclesia’ descritta nel XVI secolo.

Ma allora cosa successe a questo luogo di culto, che da chiesa vera e propria nei secoli a venire fu ridotta ad una santella o poco più?

Una vita dura per questo edificio sacro

Nella chiesa di San Lorenzo dei Piombi veniva celebrata regolarmente la messa, a cui partecipavano i fedeli delle parrocchie limitrofe; poi nel tempo la frequenza delle celebrazioni si ridusse drasticamente e con essa evidentemente si ridussero anche le offerte raccolte. In realtà, fino a pochi anni fa, nella festività di San Lorenzo, il parroco ed alcuni fedeli si recavano ancora ai Piombi per celebrare la messa. Poi anche questa usanza si perse nel tempo e da qualche anno non si celebrano più messe.

Oltre quindi alla scarsità di entrate, va segnalato che in passato non sempre questo luogo venne utilizzato in modo adeguato, anzi a volte si sfiorò quasi il profano: spesso finì per diventare ammasso per riporre il grano, al suo interno fu posto persino forno, che poi fortunatamente venne fatto levare. 

Già dalla fine del 1500 si trovano testimonianze che descrivono questo oratorio in  cattivo stato di conservazione, col tetto pericolante e gli interni poveri, ma in una descrizione del 1590 si parla ancora della presenza della torre e della sacrestia. Sempre attraverso alcuni documenti dell’epoca, sappiamo però che nel 1673 il parroco di Castelponzone chiese alla Curia Vescovile di poter ristrutturare la propria casa parrocchiale, pericolante, servendosi anche, qualora fosse stato necessario, del materiale della chiesa dei Piombi, ormai rovinata ed in decadenza, col tetto ormai fatiscente. Fu forse in questa occasione che la struttura, già fatiscente e pericolante, venne ridimensionata notevolmente, tanto che da lì in poi si inizierà a parlare di oratorio, non più di chiesa? 

Passarono gli anni ed evidentemente anche la cura di questo oratorio, seppur ridimensionato, si fece ancora più scarsa, tanto che addirittura nel 1903 si iniziò persino a parlare di demolizione, viste le condizioni sempre più precarie. Nel 1905 si passò dall’idea di un abbattimento totale all’ipotesi di mantenere almeno una cappelletta in loco, per non perdere il ricordo dell’antica chiesa originaria, preservando in qualche modo l’affresco di grande pregio sul muro di est, quello riportante la Beata Vegine ed i santi Lorenzo e Girolamo.

Si arriva così al 1924 quando la si descrive effettivamente col termine di cappelletta, ‘suolata e con il tetto tavellato’: non c’è più quindi il soffitto a volta, la torre campanaria non è più nemmeno un ricordo così come la ‘picciola sacrestia’ e le povere suppellettili di nessun valore che conteneva.

La fede persa nel tempo e lo sguardo di Maria immutato nei secoli

Siamo ai giorni nostri: quello che era la ‘Chiesa di San Lorenzo nel luogo dei Piombi’ si presenta come un piccolo edificio in mattoni rossi, di recente ristrutturazione. Il suo interno è piuttosto spoglio e lo spazio non permette di accogliere banchi o sedie per i fedeli.

Rimane la porzione di affresco originale, ormai quasi consumato dal tempo, impreziosito per quanto possibile da una cornice lignea barocca di pregio, ma anch’essa vecchia e rovinata. 

Rimane Maria Vergine che sorregge Gesù su un ginocchio, rivolgendo ancora il suo  sguardo dolce verso il basso, verso i fedeli che un tempo accorrevano per seguire la messa. Accanto a lei, San Lorenzo e San Gerolamo ancora visibili e riconoscibili, seppur fortemente rovinati. Una sorte meno fortunata è toccata agli altri Santi che componevano l’affresco originale, dei quali non resta che qualche frammento di disegno ai lati dell’altare: si scorge quello che forse era un cartiglio, si possono riconoscere alcuni segni di decorazioni, ma nulla di più. Sopra la cornice, appena sotto il soffitto, si legge a malapena la parte di una data in numeri romani [...]DXXXII, ossia ‘532’, che ci avvicina al 1532, anno in cui anche nei documenti si inizia a parlare della ecclesia dei Piombi.

Sotto quel che resta dell’affresco, è ancora presente un altare in pietra (di cui si parlava in una descrizione di fine 1500): forse si tratta della struttura originale, ma anch’esso ha subito dei rimaneggiamenti nel tempo. Sopra, poche suppellettili di scarso valore: due candelabri, una statuetta sbrecciata di Sant’Antonio, un tabernacolo in legno consumato e tarlato, qualche fiore finto, un lumino votivo; ad una parete è appesa una vecchia foto della navata della chiesa di Scandolara. Piccoli segni di una devozione ormai stanca e lontana, forse perduta, nel tempo, quando anche l’ultima messa venne celebrata e con l’ultimo ‘amen’ si chiuse per sempre il portone della cappelletta. 

Si ringraziano per la disponibilità i proprietari della cascina ‘Piombi Vecchi’ e la storica dell'arte e assessore del Comune di Scandolara Ravara, Lia Bellingeri, per il materiale messo a disposizione.

Nelle foto l'ingresso della cappella e l'antico affresco, poi i particolari di San Gerolamo e San Lorenzo

  

 

Michela Garatti


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