Resti di mammut, bisonti, fossili carnivori e l'osso frontale di Pàus, uomo di Neanderthal restituito dal Po. Le meraviglie del museo di San Daniele
L’indagare su chi siamo e comprendere le origini della nostra civiltà, questa volta, ci ha portato a San Daniele Po alla scoperta del Museo Paleoantropologico del Po. Una piccola realtà immersa nella campagna cremonese, in Lombardia, situata sulla riva sinistra del Po.
Un luogo unico nel suo genere che, proprio all’interno delle mura del museo, custodisce un tesoro molto importante. Non fatevi ingannare dal fatto che stiamo parlando di piccole realtà di provincia. I tesori più importanti hanno sempre la capacità di non essere mai scontati. Il viaggio nel passato subito ci cattura. Varcata la soglia d’ingresso ed entrati nella prima sala del museo, con l’apporto della nostra, ormai immancabile, immaginazione ci sentiamo parte di un film di fantasia, un po’ come in “Una notte al museo” di Shawn Levy con Ben Stiller e Robin Williams solo che non ci troviamo all’American Museum of Natural History di New York City, le dimensioni sono differenti, ma la sensazione di stupore è garantita. Le ricostruzioni dei calchi dei fossili, l’ambientazione e l’importanza dei reperti custoditi sono la prova che non è fantascienza ma tutto è reale. Qui abbiamo incontrato Davide Persico, fondatore del Museo Paleoantropologico del Po, professore di Paleobiologia e Museologia naturalistica all’Università degli Studi di Parma e Sindaco di San Daniele Po: “Il museo è stato fondato nel 1998 ad opera del GNP, Gruppo Naturalistico Paleontofilo e dal Comune di san Daniele Po, una realtà unica nel panorama cremonese. Il tutto è nato dalla passione di un gruppo di ragazzi appassionati di Scienze Naturali. Il territorio che si sviluppa lungo il Po è ricco di informazioni, osservando e studiandone i fossili siamo in grado di ricostruire l’origine e l’evoluzione della Pianura Padana seguendo i cambiamenti climatici che l’hanno trasformata – spiega - le tecnologie di analisi del DNA estratto dai reperti antichi hanno subito un notevole progresso tanto da poter recuperare la molecola della vita in resti di organismi del passato o addirittura specie estinte, al fine di studiarne i processi ed i modelli di evoluzione.”
Al suo interno sono conservati importanti fossili di era quaternaria rinvenuti lungo le rive del grande fiume: resti di mammut, cervo megacero, bisonte e di altre specie di era glaciale. Non solo, un posto di rilievo è occupato dall’osso frontale di un uomo di Neanderthal, chiamato “Pàus”, che rappresenta, fino ad oggi, l’unica eccezionale testimonianza della presenza di questa specie in Pianura Padana. I Neanderthal misero in campo notevoli capacità di adattamento e pianificazione, iniziarono a fabbricare utensili resistenti e facili da trasportare durante le frequenti migrazioni. Gli utensili esposti all’interno delle sale del museo ne forniscono una chiara testimonianza. Non è tutto. Il percorso che ci guida alla scoperta del museo pone l’accento sull’evoluzione della vita, in particolare quella umana, con una pregevole collezione di calchi di ominidi. Tra questi spicca la ricostruzione di un intero scheletro neandertaliano dal grandissimo valore scientifico. Il complesso espositivo vanta una sezione interamente dedicata a fossili carnivori, cosa assolutamente rara nelle nostre zone.
“Grazie ad i finanziamenti regionali ed europei l’allestimento è stato completamente rinnovato nel 2011 con la realizzazione di quattro sezioni espositive – racconta Simone Ravara, Direttore del museo – ogni sezione è caratterizzata da un colore differente, la prima è verde ed interamente dedicata all’evoluzione umana, una collezione unica in Lombardia, la seconda è gialla e mostra alcuni resti di fossili mammiferi appartenenti al periodo Quaternario, interamente rinvenuti nel tratto cremonese del fiume Po, la terza è azzurra e mostra il protagonista indiscusso Pàus, il neanderthal del Po, attorniato dalle specie vissute tra la fine dell’ultimo interglaciale e l’era glaciale wurmiana, conclude il tour la sala rossa dedicata ai fossili di carnivori rinvenuti nel fiume Po.”
Per comprendere al meglio ciò di cui stiamo parlando non possiamo non chiederci cosa significa parlare di storia, quando tutto ha avuto origine? Potremmo definirla come una narrazione di eventi che portarono gruppi di uomini, in differenti parti del mondo, a sviluppare nel corso dei secoli, assieme ad altre genti o in modi del tutto originali e singolari, i caratteri di una civiltà. Possiamo affermare che gli uomini diventano civili quando si uniscono per vivere in una società ordinata da leggi che essi stessi hanno deciso, quando coltivano la terra su cui hanno deciso di rimanere, allevano bestiame, costruiscono edifici e si preoccupano di avere un linguaggio comune con cui comunicare. L’età della Terra è stimata in 4,4-4,6 miliardi di anni, un dato approssimativo a causa della sua storia geologica che rende molto improbabile trovare resti che risalgono ad un’era in cui di solido sulla Terra c’era poco. Le prime tappe dell’ominazione si svolsero in Africa, tradizionalmente si pensa a circa 70 milioni di anni fa, quando dai mammiferi si svilupparono i primati, l’ordine al quale appartiene l’uomo (cioè la prima famiglia dei mammiferi costituita dalle scimmie). Per molte migliaia di anni la vita dell’uomo fu poco più di quella di un animale. Il suo evolversi fu lentissimo. In quel periodo di tempo, conosciuto come l’età glaciale, la Terra era inghiottita da spessi strati di ghiaccio. Nonostante l’estremo freddo riuscirono a sopravvivere diverse forme di vita e nel corso di quell’età si ebbero intervalli di clima più caldo, in cui la calotta polare si ritirò, rendendo possibile intervalli che permisero lo sviluppo della vita. La vita per gli antenati dell’uomo fu un’interminabile lotta contro la natura, il clima freddo, uragani, inondazioni.
Pensate che nell’emisfero settentrionale del nostro Pianeta, durante il Pleistocene, branchi di elefanti, noti come Mammut lanosi, che si trovarono ad affrontare le glaciazioni svilupparono le caratteristiche per sopportare il freddo intenso. L’evoluzione del mondo è un qualcosa di straordinario ed incredibilmente stimolante da studiare. E si vi dicessi che a conclusione della nostra visita abbiamo provato l’emozione di tenere tra le mani un fossile di Mammut?! Una sensazione incredibile: trovarsi al momento giusto, nel posto giusto. Ad un tratto ha fatto ingresso nel museo Gianluca Bonetti, ex imprenditore italo svizzero, oggi appassionato e stimato fotografo naturalista, arrivato al museo per donare un frammento terminale di una zanna di Mammut, proveniente dalla Siberia, che presto sarà esposta al pubblico del museo di San Daniele Po.
Come scriveva Marco Tullio Cicerone: “La storia è vera testimone di tutti i tempi.”
Il video e le fotografie sono di Gianpaolo Guarneri/FotoB12
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