Scuola e infanzia, a Cremona poco tempo pieno alla primaria, bene l'utilizzo delle mense scolastiche, abbastanza contenuto l'abbandono scolastico (4,4%)
Disuguaglianze in aumento e ascensore sociale in caduta libera anche in Lombardia secondo la XII edizione dell'Atlante dell'infanzia a rischio in Italia "Il futuro e' gia' qui", diffuso a pochi giorni dalla Giornata mondiale dell'Infanzia e dell'Adolescenza da Save the Children - l'Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini a rischio e garantire loro un futuro.
In Lombardia, solo 1 bambino su 6 (17%) usufruisce di asili nido o servizi integrativi per l'infanzia finanziati dai Comuni, un dato che supera ma non di molto la media nazionale (14,7%). La spesa media pro capite (per ogni bambino sotto i 3 anni) dei Comuni del Piemonte per la prima infanzia e' di 813 euro ciascuno, un dato che si colloca decisamente nella parte meno virtuosa della scala che in Italia va dai 2.481 euro della Provincia Autonoma di Trento fino ai 149 euro della Calabria.
Ne' il divario riguarda solo la prima infanzia. Anche crescendo, le disuguaglianze non spariscono: in Italia solo il 36,3% delle classi della scuola primaria usufruisce del tempo pieno, con forti disparita' sul territorio. Guardando alle province della Lombardia, si segnalano in negativo quelle di Bergamo (17%), Lecco (18,9%) e Mantova (19,3%), ma anche Cremona (20,2%), Como (20,4%), Brescia (22,7%) e Varese (28,3%), va un po' meglio a Sondrio (33,8%) e Pavia (38,6%), mentre l'offerta di un tempo di studio esteso raggiunge livelli virtuosi solo a Lodi (87,4%), Monza e Brianza (90,4%) e Milano (95,8%), con il capoluogo che vanta il piu' alto numero di classi con il tempo pieno di tutte le 107 province italiane.
Riguardo all'accesso alle mense scolastiche, tre province non si discostano molto dalla media nazionale (56,1%), e sono Sondrio (53,1%), Mantova (57,6%) e Brescia (58,7%), le altre segnano via via livelli di accesso migliori a partire da Bergamo (67,1%), e poi Cremona (79,4%), Pavia (81,6%), Como (83,7%), Varese (85,3%), Lecco (87,5%), per salire sopra al 90% della copertura a Lodi e Monza-Brianza (93,1%), e a Milano (94,3%).
Cali di apprendimento e divari sono evidenti nell'analisi degli ultimi test Invalsi, su cui pesano fortemente i mesi di chiusura delle scuole durante la pandemia.
La dispersione implicita, ovvero il mancato raggiungimento del livello sufficiente in tutte le prove, in Italia e' in media del 10% nell'ultimo anno delle scuole superiori, con significative variazioni su scala regionale. In Lombardia, benche' tutte le province si mantengano ben al di sotto della media, si segnalano disparita' che fanno segnare i valori migliori a Sondrio (1,7%), Lecco (2,1%), Como (2,5%), Bergamo (2,6%) e Monza-Brianza (2,8%), comunque contenuti a Varese (3,9%), Mantova (4,1%), Brescia (4,2%), Cremona (4,4%) e Milano (4,7%), per salire invece oltre il 5% a Pavia (5,5%) e Lodi (6,2%). I dati Invalsi hanno, inoltre, certificato che, se la crisi complessivamente ha colpito tutti gli studenti, le bambine, i bambini e gli adolescenti che erano gia' in condizione di svantaggio hanno subito le conseguenze piu' gravi. I punteggi medi dei test in italiano e matematica, evidenziano, infatti, risultati peggiori per i ragazzi che provengono da famiglie di livello socio-economico basso o medio basso, confermando come la DAD abbia fatto venire meno l'effetto perequativo della scuola, lasciando indietro gli studenti che per mancanza di strumenti e di aiuto in casa, non sono riusciti a stare al passo col programma.
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