17 marzo 2023

Sono tornate le pecore lungo la Giuseppina. Il pastore 2023, così cambia il lavoro. "Lupi? Ce ne sono più qui che in montagna"

Sono passati 120 anni da quando il Vate Gabriele D’Annunzio cantava i ‘suoi’ Pastori d’Abruzzo nella celeberrima poesia contenuta nella raccolta ‘Alcyone’.

Da quel 1903 il mondo è cambiato radicalmente: società, mezzi di comunicazione, mondo del lavoro, agricoltura ed allevamento, ma la pastorizia è una di quelle poche attività che ha attraversato i decenni senza snaturarsi.

Una vita che si vive esclusivamente all’aria aperta, sia in estate che in inverno, divisa tra la pianura -dove si trascorre la stagione invernale- e la montagna -dall’inizio dell’estate all’inizio dell’autunno- e poi di nuovo giù a valle per svernare: ‘Settembre, andiamo. È tempo di migrare’. Anno dopo anno, generazione dopo generazione. 

Ed è così che dallo scorso autunno anche nel nostro territorio sono tornate le greggi della bergamasca che puntualmente raggiungono questa parte della Pianura Padana. In particolare, in questi giorni nei campi di Sospiro, a fianco alla via Giuseppina, è possibile vedere un gregge di circa 800 pecore, tra animali adulti, giovani ed agnelli, tre asini da carico e gli immancabili ed indispensabili cani. 

Parlo con il ragazzo che si occupa degli animali e che risponde volentieri alle mie domande, ma col suo carattere schivo chiede di non essere menzionato direttamente.

«Veniamo dalla bergamasca. Siamo una delle sei greggi che in autunno scendono in questo territorio. Noi per esempio ci muoviamo tra Cingia de’ Botti e Spinadesco, passando da Pugnolo, Pieve san Giacomo, Sospiro e poi verso la città».

Oggi gli animali sono allevati per la produzione di carne, mentre latte e lana non sono più fonte di reddito: «Le nostre sono pecore di razza bergamasca. La produzione di lana oggi non è più di interesse, non ha valore economico. Naturalmente una volta all’anno dobbiamo per forza tosare le pecore, per dare loro sollievo, ma la lana non viene più venduta in quanto la sua lavorazione è troppo costosa, quindi la dobbiamo smaltire come rifiuto». Anche questa è una delle trasformazioni che nel recente passato hanno cambiato le abitudini, passando dai tessuti naturali e di produzione locale, magari anche artigianale, ai tessuti sintetici industriali che abbattono i costi di produzione e sono quindi più ‘appetibili’ sul mercato di massa.

Poi la domanda di rito, forse un po’ inflazionata ma che tutti infondo ci facciamo quando vediamo un gregge: «Com’è la vostra vita?». 

«Com’è? – ci risponde il giovane con un sorriso mentre accarezza il cane, che nel frattempo ci ha raggiunti senza mai distogliere lo sguardo dagli animali- Ci vuole passione, deve piacere se no non ce la fai. E’ un lavoro impegnativo, a tratti anche duro, che non concede sabati e domeniche, ponti o feste. Se non hai la passione, non lo puoi fare. Le pecore devono mangiare tutti i giorni e quindi dobbiamo spostarci di campo in campo».

All’atto pratico, un gregge di 800 capi non è un gioco da ragazzi: per prima cosa, la transumanza vera e propria, a settembre, dal Passo Gavia alla pianura Cremonese. Una volta questo tragitto veniva interamente coperto a piedi, ma poiché oggi non è più possibile transitare con gli animali su queste strade, le pecore vengono spostate con i mezzi dedicati. Una volta arrivati in pianura invece, la vita del pastore è la stessa di sempre: individuare i campi non ancora lavorati, delimitarli con le reti elettrificate -che vengono posate e rimosse ogni volta che ci si muove- e quindi curare e sorvegliare il gregge, da spostare su un nuovo terreno. Quotidianamente, con ogni condizione climatica. 

La notte il riparo è la roulotte, posizionata a fianco del gregge, di giorno la vita è all’aperto, nel campo, per controllare le pecore. E l’inverno qui da noi, pur non essendo in altura, non è certo mite: freddo, gelo, nebbia, pioggia quando capita, fango e brina, giornate corte. Poi finalmente arriva la primavera a portare un po’ di sollievo, ma certo il lavoro fisico resta impegnativo e richiede tutta quella passione e dedizione di cui si parlava. Non a caso queste greggi sono gestite da famiglie che da generazioni si occupano di questo lavoro, perché per portarlo avanti quotidianamente devi in qualche modo averlo nel sangue, ci devi essere cresciuto dentro fin da bambino, lo devi amare.

«In questo recinto abbiamo circa 800 capi, mentre in quello più piccolo nell’altro campo ci sono un’ottantina di pecore che devono partorire o che hanno appena partorito, così non vengono disturbate. Ci sono poi gli asini, che usiamo per il trasporto degli agnelli più piccoli: quando dobbiamo spostarci sono una sorta di ‘passeggino’ su cui viene issato il piccolo che altrimenti farebbe fatica a superare fossi o dislivelli al passo col gregge».

Naturalmente ci sono i cani, fondamentali in questo mestiere. Ma come gli si insegna a prendersi cura del gregge? «Abbiamo due cani per il contenimento degli animali. Di solito si scelgono delle razze come i cattle dog, i border collie o incroci delle due. Sono animali che imparano facilmente ed istintivamente proprio per la loro indole di proteggere e guidare le pecore: quando dobbiamo spostare il gregge da un campo all’altro, il pastore sta davanti e chiama le pecore che iniziano a muoversi in quella direzione. A quel punto i cani si occupano di gestire gli spostamenti sui lati ed evitare che qualcuna sfugga o vada nella direzione sbagliata. Dietro il gregge, un'altra persona segue e chiude lo spostamento».

A questo gruppo di lavoro poi si aggiungono tre cani da pastore maremmani, per fare la guardia dai lupi. «Purtroppo, ce ne sono diversi in zona. Uno so che è stato investito e ucciso poco tempo fa a Cella Dati. A dire il vero ce ne sono più qui che in montagna, soprattutto quando ci muoviamo verso la golena. Fortunatamente quest’anno non ne abbiamo incontrati dal vivo, ma ce ne accorgiamo perché spesso troviamo le impronte nel fango». Poi ci racconta una curiosità sulle abitudini di questi animali: «Non tendono a muoversi in grossi branchi guidati da un maschio alfa. Secondo me, ultimamente quando arriva un maschio in zona tende a trovarsi una femmina e fare la cucciolata, ma qui non ci sono gruppi numerosi».

All’improvviso, il cane che ascoltava annoiato la nostra conversazione si sposta verso il fosso attirato da uno strano movimento degli animali. «Ora devo andare, se no là le pecore escono dal recinto» si congeda il giovane, allontanandosi nel campo insieme all’animale, che lo precede di corsa.

Il gregge continua a pascolare tranquillo, accompagnato da belati monotoni; uno degli asini si siede per terra sotto l’ombra di un albero, mentre i due maremmani bianchi nemmeno si notano nel gruppo; dall’alto lato del campo, lo sguardo vigile del secondo pastore. Tutto si svolge tranquillo ed in silenzio, quasi immobile rispetto al traffico veloce lungo la via Giuseppina scandito dal suo brusio ininterrotto. 

 

Michela Garatti


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commenti


Carolina Manfredini

17 marzo 2023 07:29

Bellissima immagine, la più bella.