25 aprile 2021

Un intero quartiere dei tessitori dietro palazzo dell'Arte, in 5 strade quel che resta di chiese distrutte e dell'antico lavoro

Un intero quartiere medioevale posto dietro l'attuale museo del violino, scendeva sino alla Chiesa antica di San Pietro al Po. Un dedalo di vecchie Chiese (ora sparite) e viuzze che andavano a terminare contro le mura a sud di Cremona.

Storie dentro storie di parole, poiché analizzando l'etimologia e la toponomastica delle vie, appare tutto chiaro e affascinante.

Le “belle cinque vie” erano e sono tutt'ora: Belcavezzo, Belfuso, Bella Rocca, Bell'aspa e Bella Chiopella. Tutti le conosciamo, se non per nome per averle percorse a piedi o in auto, attorno a Piazza Marconi. I nomi non sono casuali, ma raccontano la storia di un’arte, quella antica dei tessitori cremonesi.

Cremona era nel Medioevo una potenza industriale della tessitura di qualità, ed aveva un intero quartiere che la faceva proliferare.

La prima lavorazione era la tintura, nata in un quartiere a nord della città, il primo cioè ad accogliere le acque cittadine del Naviglio. Sì, perché per tingere, servivano enormi quantità di acqua. Nell’anno 1000 le vie dei tintori si ammassavano attorno alla città nel vecchio Borgo di S.Gugliemo (ora zona di Via Dante), accanto al canale Cremonella.

In seguito le attività vennero spostate dentro le mura, attraverso la vicina Porta Tintoria o Porta S.Guglielmo. Il quartiere crebbe attorno alla zona dell'attuale Largo Paolo Sarpi, che permetteva appunto alla Cremonella di entrare in città.

Anche qui le Contrade ( vie ) avevano nomi eloquenti. Contrada della Sgurra, Contrada dei Quacchi, Contrada Versego o Versici. I nomi raccontano i mestieri dell'epoca.

Gli sguratori erano coloro che sguravano i canali (pulire-sturare) per mantenerli efficienti.

La Contrada Sgurra era vicina alla Contrada Cantarana (ora Via Porta Tintoria), detta così perché la notte vi era il gracidio delle rane, per la presenza di acqua.

La Contrada dei Quacchi era la strada dei battitori di lino ed era accanto alla Contrada Versego o Versici, ora Versecchi.

I Quacchi erano una famiglia di battitori del lino e abitavano accanto alla Chiesa di S. Maria Stella a ridosso delle mura (ora Viale Trento e Trieste). I battitori di lino erano dei vergheggiatori, usavano verge in legno per sfibrare il lino. Il nome Versecchi dipende infine dall'uso delle verghe usate per vergheggiare.

Nel “Bel Quartiere” i tessitori erano invece al secondo livello della lavorazione delle fibre naturali.

Via Belcavezzo – ospitava dall'anno 645 DC la Chiesa dei Santi Cosma e Damiano, divenuta poi Chiesa di S.Angelo, abbattuta nel 1929 per divenire omonima Piazza.

Il cavezzo era una unità di misura atta a stabilire lunghezze dei filati.

Via Belfuso – nominata nel 1500 Contrada Pulchri Fusi – il suo tratto finale (su via Cadore )fu chiamato nel 1700 il Mirabello per il Po in lontananza,

Il fuso è uno strumento per filare a mano.

Via Bella Rocca - dall'anno 1000 ospitò la Chiesa di S. Salvatore, poi trasformata in abitazione e tutt'ora riconoscibile per alcuni particolari architettonici.

La rocca serve a reggere la lana in una fase della tessitura, esiste anche il rocchetto.

Via Bell'aspa - dal 646 DC venne costruita ad un suo incrocio la Chiesa di S. Vitale, poi sconsacrata.

L' aspa serve a raccogliere la matassa da filare, gira così veloce da perderne in controllo, da qui il termine “annaspare”.

Via Bella Chioppella – sede dall' anno 845 DC della Chiesa di S. Giorgio, abbattuta nel 1815 per diventare giardinetto.

La ciupela in dialetto è la quantità di lana da mettere sulla rocca ( vedi sopra).

I tessitori e i tintori, gli uni a sud della città verso il Po , gli altri a nord della città attraversati dalla Cremonella, erano importanti lavoratori di fibre naturali che hanno lasciato una impronta persino nei nomi delle vie.

Avete mai visto il lino in fiore ? E' azzurro e ricopre interi prati. Forse dovremmo guardare a volte la campagna attorno a Cremona con gli occhi del 1400 o del 1500 nessuna monocoltura mais, soia o frumento, ma probabili campi di lino in fiore a dare quel tocco di poesia in più ai nostri abituali panorami.

Maurizio Mollica


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commenti


Michele de Crecchio

25 aprile 2021 16:57

Ben scritto, congratulazioni. Purtroppo resta misterioso il motivo per il quale, nel quartiere, così tanti toponimi iniziassero o finissero con l'aggettivo "bello"