Va in pezzi l'ex chiostro maggiore di San Pietro in via Sacchi. E' un gioiello del Rinascimento, ma è in vendita dal 2002
Cade a pezzi il chiostro dell’ex convento di San Pietro in via Ettore Sacchi: il prospetto principale è transennato a causa del distacco degli intonaci, pericolanti le grondaie con vistose tracce di umidità sulle pareti, ed è transennata ormai da anni anche l’aiuola dietro l’abside della vicina chiesa. Un generale stato di abbandono a pochi passi dal magnifico teatro Ponchielli. L’immobile, di proprietà demaniale, già caserma Eugenio di Savoia, è inserito nell'inventario redatto dall'Agenzia del Demanio pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 6 agosto 2002 per la dismissione di parte del patrimonio statale, ma nessuno, a quanto si sappia, ha mai manifestato interesse all’acquisto. E intanto lo splendido chiostro va in rovina.
Eppure è uno degli esempi più significativi dell’architettura monastica del primo Rinascimento, realizzato nel 1509 dall’architetto Cristoforo Solari il quale, per la sua realizzazione, si rifece al modello di Bramante, a sua volta dipendente dal Colosseo, da cui riprende la particolarità del primo ordine di arcate sormontato da una loggia chiusa dove le arcate inferiori si dividono in due arcatelle inquadrate da paraste. Una soluzione che qualche anno dopo verrà adottata anche per la loggia della Bertazzola sulla facciata della Cattedrale.
Il chiostro di San Pietro precede di qualche anno quello di Sant’Abbondio che, in effetti, lo richiama nel comune riferimento al Bramante. Mentre quest’ultimo, però, è stato completamente restaurato e recuperato all’uso, questo, che non ha nulla da invidiare agli altri grandi chiostri dei complessi monastici cremonesi, è stato abbandonato a se stesso. Nel 1808 è stato trasformato in caserma, poi in abitazioni civili. Una parte del cortile a fianco del refettorio monastico è stata occupata dal palcoscenico del Ponchielli, mentre il chiostro minore, a ridosso del fianco della chiesa, venne riservato all’abitazione del parroco. Eppure proprio il refettorio del chiostro minore custodisce al suo interno una delle opere maggiori del nostro Rinascimento: il grande affresco con la Moltiplicazione dei pani di Bernardino Gatti, un’opera straordinaria già ammirata dal Vasari. Forse varrebbe davvero la pena pensare ad un progetto di valorizzazione che comprenda tutto il complesso, prima che sia troppo tardi.
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commenti
Michele de Crecchio
25 aprile 2021 16:50
Sotto il profilo burocratico credo si chiami ancora Caserma Coni Zugna e, quando la visitai, molti anni or sono, era occupata da residenze di militari. Nella splendida, e purtroppo rara, mappa ottocentesca dell'architetto Luigi Voghera, il chiostro è accuratamente descritto e indicato come, se ben ricordo, "Caserma per l'Infanteria". Le facciate interne sono decisamente splendide e, nonostante il degrado, il cortile mi aveva particolarmente affascinato.