27 marzo 2021

Vaccini anti-Covid: aumentati di 5 volte gli italiani che temono effetti avversi I risultati del Centro di Ricerca della Cattolica, campus di Cremona

Più di un italiano su tre teme gli effetti avversi dei vaccini anti-Covid-19, per la precisione il 37%, mentre lo scorso maggio erano il 7%. Inoltre negli ultimi mesi è diminuita la percentuale degli italiani fiduciosi nella capacità del vaccino anti- Covid-19 di risolvere la situazione di emergenza (diminuita dal 64% di maggio al 59% di oggi). Solo 4 italiani su 10 oggi dichiarano di sentirsi più ottimisti e più sicuri grazie alla campagna vaccinale in corso. Molti, infatti, sono ancora le persone che si dichiarano spaventate e fataliste per la pandemia ed esprimono scetticismo per i continui rallentamenti e ostacoli nel percorso vaccinale. Infine il 46% degli italiani pensa di rimandare l’adesione al vaccino. 

Sono i dati emersi dall’indagine di EngageMinds HUB, il Centro di ricerca dell’Università Cattolica, campus di Cremona, realizzata dalla direttrice Guendalina Graffigna insieme a Serena Barello, Lorenzo Palamenghi, Mariarosaria Savarese e Greta Castellini. L’indagine è parte di un Monitor continuativo sui consumi alimentari e sull’engagement nella salute che rientra nelle attività del progetto CRAFT (CRemona Agri-Food Technologies) e di IRCAF (Centro di riferimento Agro-Alimentare Romeo ed Enrica Invernizzi). È stata condotta su un campione di oltre 5000 italiani, rappresentativo della popolazione per sesso, età, appartenenza geografica e occupazione.

«Più che aver spostato le intenzioni astratte verso la vaccinazione, i recenti fatti di cronaca legati al vaccino AstraZeneca hanno portato gli italiani a fare i conti con una difficile equazione psicologica tra “costi” e “benefici” del vaccino – sottolinea la professoressa Guendalina Graffigna, Ordinario di Psicologia dei consumi e della salute all’Università Cattolica e direttrice dell’EngageMinds Hub; una bilancia decisionale tutt’altro che razionale, in cui le ragioni della scienza sembrano scontrarsi, o mischiarsi, con le valutazioni idiosincratiche e psicologiche dei cittadini”.

                                                                         

La vicenda AstraZeneca ha impattato fortemente sui cittadini, sostiene la professoressa Graffigna: da una parte, le notizie diffuse nei giorni scorsi hanno ulteriormente polarizzato le posizioni tra “strenui sostenitori” della vaccinazione e “no-vax”. Coloro che si dichiarano per principio pronti a vaccinarsi e a difendere il valore dei vaccini in generale, infatti, mostrano un trend in netto aumento rispetto a maggio: oggi ammontano a un 41% degli italiani (rispetto al 21% di maggio) a cui va ad aggiungersi un 7% di già vaccinati e un 21% di cittadini che ritengono probabile vaccinarsi.

Al polo opposto si collocano i cosiddetti “no vax”, cioè coloro che da sempre si dichiarano contrari e sospettosi verso le vaccinazioni. E i dati ne segnalano uno zoccolo duro che ammonta al 13% di cittadini e che rimane tendenzialmente costante con il passare dei mesi. Ad assottigliarsi nel tempo è la fetta degli indecisi che oggi è scesa al 18%.

«Se in termini generali gli Italiani mostrano una buona attitudine verso la proposta vaccinale – spiega la professoressa Graffigna – sul piano comportamentale l’evento legato al vaccino AstraZeneca sembra aver complicato il processo decisionale degli Italiani: a farsi strada in ben il 46% del campione (e la percentuale rimane costante anche tra i “pro vax”) è l’idea di procrastinare l’adesione alla campagna vaccinale sino a quando non sarà disponibile un vaccino ritenuto “migliore”. Inoltre, il 30% ritiene che ci siano vaccini di “serie A” e vaccini di “serie B”, e mostra perplessità sul piano vaccinale basato su AstraZeneca».

 

L’analisi del Centro di ricerca dell’Università Cattolica mostra anche come, ancora una volta, i fattori psicologici più che altri sembrano determinare le differenti reazioni verso i vaccini anti Covid-19. Le persone più ansiose e preoccupate per la pandemia sono i più convinti che ci siano vaccini di serie “B” (33%, rispetto al 30% del totale campione) e – curiosamente – chi è più spaventato da Covid-19 è anche più intenzionato a procrastinare la vaccinazione sino a quando non ci sarà un vaccino che riterrà “migliore” (52%). Analogamente coloro che sono stati più toccati economicamente dalla crisi si mostrano più impattati dai recenti fatti di cronaca e pronti a procrastinare la loro vaccinazione per “evitare” il vaccino AstraZeneca (54%).

Infine, coloro che sono meno attivamente coinvolti e si dichiarano in uno stato di “blackout” emotivo per quel che riguarda la gestione della prevenzione nella loro salute sono anche quelli più convinti che i vaccini attuali non siano stati testati adeguatamente e sono più esitanti verso la campagna vaccinale (51%).

«Ancora una volta la ricerca mette in luce i molteplici fattori in gioco nei processi decisionali degli italiani in tema di vaccini – conclude la professoressa Graffigna -. Oggi più che mai vediamo gli effetti e i sintomi non tanto delle reazioni di allarme dovute alle notizie degli eventi avversi presunti del vaccino AstraZeneca, bensì di una progressiva lacerazione della relazione di fiducia tra cittadini, scienza e istituzioni sanitarie».

 


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