20 aprile 2024

Il console americano sognava di prendere casa sotto il Torrazzo. I dati sull'inquinamento lo dissuasero: andò ad abitare sul Lago di Como

Il chimico inglese William Joseph Dibdin aveva vissuto a Cremona durante il XIX secolo, questo fatto, vero in parte, aveva cambiato il corso della sua vita. La Cremona di Dibdin era la casa di famiglia, una tenuta nel Sutton che si chiamava Cremona, di proprietà di Agostino Aglio, il pittore cremonese trasferitosi decenni prima oltre Manica. Nella Cremona del Sutton Dibdin aveva conosciuto e poi sposato la nipote di Agostino, Marian, che lo accompagnerà durante tutta la sua vita, una vita che ebbe una svolta incredibile. Dibdin, con i suoi studi, aveva raggiunto una consapevolezza; le acque del Tamigi erano inquinate e la salute pubblica, soprattutto quella legata al proliferare del colera, ne risentiva parecchio e ne avrebbe risentito in futuro. William studiò e perfezionò un sistema di filtraggio per le acque reflue che avrebbe depurato gli scarichi prima di entrare nel Tamigi, una volta sviluppato si presentò davanti al Consiglio Comunale di Londra con la sua idea e le sue motivazioni. Da quella seduta del 1890 circa Dibdin uscì con la carica di Responsabile Sanitario delle acque londinesi e il suo brevetto da sviluppare per il filtraggio delle acque.

Circa un secolo dopo un diplomatico statunitense, Douglas Gordon Hartley si presentò davanti ad una Commissione del Congresso degli Stati Uniti per raccontare, e rendere pubblica, la sua carriera. Nel suo racconto, dove passava dalla Crisi dei Missili a Cuba come alla guerra in Vietnam, trova spazio Cremona. A metà degli anni '60 Hartley, che aveva passato buona parte del suo tempo lavorando a contatto con i Servizi Segreti, aveva ricevuto l'incarico come Console presso il Consolato di Milano, incarico che lo avrebbe coinvolto in una area che era in pieno sviluppo. Lavorare con i Servizi Segreti non vuol dire, come nei film, girare con scarpe con un coltello nascosto nella suola o fuggire dai nemici ribaltando i banchetti di un mercato rionale ma, molto più banalmente, osservare, capire e riportare, insomma: trovare una consapevolezza ed impostare una strategia. Hartley era affascinato dal nuovo incarico, aveva visto l'incredibile capacità imprenditoriale e di sviluppo delle aziende tra Milano, Brescia e Cremona, aveva fatto presente a Washington che da quell'area uscivano prodotti eccezionali ed altamente competitivi confrontandoli con quelli delle aziende statunitensi, il sud della Lombardia era una zona ad alto sviluppo umano e tecnologico.

A metà degli anni '60 il Console arriva a Milano e deve decidere dove trovare casa, la sua intenzione era di trasferirsi a Cremona per l'arte, la storia e la vivibilità legate alla città del Torrazzo ma, analizzando i dati sull'inquinamento ai quali aveva accesso decise di cambiare idea e trovò casa sul Lago di Como. La consapevolezza di Hartley, raccontata a quella Commissione del Congresso, si basava sul fatto che, a fronte di uno sviluppo socio economico di certo ammirevole e unico, la terra, acqua e l'aria ne risentivano, sia per la naturale collocazione geografica che per l'intervento dell'uomo in materia di cementificazione. Douglas Hartley non faceva beneficenza, non era propriamente un benefattore e aveva vissuto in prima persona alcuni di quei momenti storici che oggi vengono analizzati nei libri di economia o di storia; il suo lavoro era essenzialmente quello di capire dove e come le aziende statunitensi avrebbero potuto investire compatibilmente con le condizioni sociali ed ambientali, un lavoro che doveva considerare tante variabili, di natura politica e anche naturali.

Da quel momento, all'incirca dal nuovo incarico che 60 anni fa avrebbe portato Douglas a Milano, i Servizi Segreti statunitensi cominciarono ad analizzare l'inquinamento lungo la valle del Po, arrivando ad una conclusione, all'inizio degli anni '80, che non era propriamente rosea e che aveva Cremona come una delle zone lungo il fiume maggiormente esposta all'inquinamento di vario genere. Il fascicolo non aveva, come non avrebbe mai potuto essere, un profilo di natura risolutoria ma, in pratica, portava avanti la consapevolezza sviluppata dall'ex Console sullo sviluppo socio economico di Cremona e zone circostanti. Se è ovviamente impossibile cambiare la struttura geografica della valle, e delle città annesse, il pensiero rivolto ad una cementificazione senza controllo diventa una variabile cardine da considerare in materia di tutela dell'ambiente, soprattutto quando il processo di erosione delle aree verdi risulta temporaneo con il rischio che l'area venga successivamente abbandonata. Madre Natura non sbaglia nulla, da sempre, aspetta solo il momento buono per far capire chi sa fare scelte lungimiranti o chi rincorre gli elettori solo nei 3 mesi prima di una votazione. Il problema dell'inquinamento è ovviamente gulliveriano, articolato e connesso a infinite variabili, ma si è stratificato nel tempo, negarne l'esistenza significherebbe dimostrare di avere a disposizione una macchina del tempo e una bacchetta e trovare, in un solo momento, una soluzione che sia favorevole a tutti. Non inventiamoci nulla, la macchina del tempo e le bacchette magiche, almeno nel 2024, non esistono ma una maggiore consapevolezza e lungimiranza verso le generazioni future potrebbero rappresentare un bel passo avanti alla ricerca di un futuro equilibrio socio-economico, così come lo avevano pensato Dibdin e Hartley.

Marco Bragazzi


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commenti


Michele de Crecchio

20 aprile 2024 22:57

Questa preziosa notizia storica costituisce una ennesima conferma della tradizionale difficile condizione ambientale della nostra città (difficile condizione che allora già determinava una conseguente e preoccupante particolare frequenza dei casi di tumore). Nonostante tale evidenza, le scelte urbanistiche assunte successivamente, e ripetutamente, da quasi tutte le amministrazioni che si sono poi succedute nel dopoguerra al governo della città, non hanno quasi mai tenuto debito conto di tale difficile condizione di partenza che, sicuramente, avrebbe dovuto consigliare una ben diversa attenzione in occasione di molte non opportune scelte localizzative sulle quali il Comune venne, anche recentemente, chiamato a decidere! Tale colpevole disattenzione cominciò ad evidenziarsi anche in concreti atti amministrativi quando il Consiglio Comunale, nel 1956, adottò quasi all'unanimità (con il solo voto contrario del consigliere repubblicano) il progetto di nuovo piano regolatore generale che, insieme ad altre moltissime scelte inopportune, presentava anche la singolarità di riportare (voglio sperare che ciò sia avvenuto solo per errore materiale e non per esplicita volontà) una indicazione della direzione dei vento dominanti su Cremona errata rispetto alla realtà!

Antonio

2 maggio 2024 04:55

Mah…in questo articolo c’è di tutto un e un po’, ma soprattutto alla fine quali sarebbero le fonti?