L'afa soffocante di questi giorni non ha impedito a molti cremonesi, anziani (come il sottoscritto) e giovani, politici e funzionari, studenti e studiosi, tecnici del ramo ed operatori culturali, di riempire nel caldo pomeriggio di ieri il cortile di palazzo Fodri per assistere alla presentazione del volume "Costruire l'arte" che il giovane concittadino architetto Angelo Landi, di recente incaricato di una cattedra di restauro presso la facoltà di architettura di Milano, ha voluto dedicare alle vicende edilizie del prestigioso Palazzo Fodri di corso Matteotti, palazzo della corretta conservazione del quale si occupa da tempo.
Alla esauriente cronaca che "Cremonasera" ha già dedicato a tale evento mi sento di aggiungere poche note personali.
Tra il pubblico, in una ideale e simpatica continuità tra generazioni di tecnici appassionati della conservazione edilizia, era presente, in particolare, l'emerito professor Alberto Grimoldi, già maestro del Landi, evidentemente compiaciuto della "performance" del suo allievo. Grimoldi è architetto, ben noto ai cremonesi per avere, da tempo, significativamente contribuito ad aggiornare, tra molte e stimolanti discussioni e polemiche, le locali prassi di intervento su edifici storici (in particolare con esemplari lavori a carico dei palazzi Cattaneo di via Oscasali e Pallavicino di via Colletta). Erano altresì presenti anche alcuni giovani studenti del Politecnico, allievi del Landi ed evidentemente entusiasti del loro insegnante che non ha mancato di citarli e di ringraziarli per i contributo anche da loro prestato nel corso del suo più recente lavoro, per l'appunto relativo a Palazzo Fodri.
Ad un anziano cultore delle più recenti vicende edilizie cittadine, come mi ritengo, il nuovo testo scritto da Landi sembra porsi in ideale continuità, anche se, ovviamente, sostenuto da convincimenti tecnicamente e culturalmente ancora più aggiornati, con quelli, risalenti agli anni trenta del secolo scorso, dei quali è permeato lo straordinario "Diario di cantiere", non molti anni or sono riscoperto e pubblicato dal benemerito giornalista e politico concittadino Auro Bernardi, purtroppo recentemente deceduto. Con tale "Diario", che non era riuscito, a suo tempo, a far stampare, l'ottimo architetto cremonese Vito Rastelli si difendeva dalle velenose critiche che non gli erano state risparmiate da un passatista circolo culturale cittadino, animato dall'avvocato Bellomi e direttamente collegato con l'allora potentissimo politico fascista di Cremona, Roberto Farinacci.
L'episodio cremonese fece parte di quella "guerra culturale" che il Ras di Cremona aveva ingaggiato contro Margherita Sarfatti. colta e convinta sostenitrice della necessità di aggiornare la cultura italiana alle nuove tendenze internazionali. Colpendo la Sarfatti, era evidente l'intento di Farinacci (non a caso poi definito "suocera del regime") di mettere in difficoltà Mussolini che della Sarfatti era, in quegli anni, suo notorio amante e, sul piano culturale, anche suo diligente allievo.
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