Abbracciati dalla comunione di Dio
Al termine del tempo pasquale che si è compiuto con la Pentecoste, riprende il cammino del tempo detto ordinario. Prima di immergerci nuovamente nella lettura continua del Vangelo secondo Luca, riferimento dei brani domenicali del Vangelo per questo anno liturgico, sostiamo in queste due domeniche a meditare e contemplare due misteri che la predicazione di Gesù ci ha manifestato: l’identità di Dio come Padre e Figlio e Spirito Santo, questa domenica, e la memoria viva della presenza del Signore risorto nel Sacramento dell’Eucaristia, la prossima domenica.
Quanto si celebra e si contempla oggi, in verità, può sembrare per certi versi una pretesa. La domanda che opportunamente e doverosamente dovrebbe sorgere dentro di noi è se sia davvero possibile conoscere l’identità di Dio in tutta la sua larghezza, profondità e pienezza, anche se illuminati dalla rivelazione di sé stesso che ci è data in Gesù e nel dono dello Spirito. Effettivamente ancora una volta oggi siamo come sant’Agostino, il quale, secondo una leggenda, deve ammettere che folle come l’impresa di voler mettere tutta l’acqua del mare in una buca scavata nella sabbia, è l’idea di voler contenere nella propria mente il mistero di Dio.
Non è certamente questa l’intenzione della festa di oggi, né tantomeno quella che ci diamo mettendoci in ascolto del brano di Vangelo di questa domenica. Quel che possiamo e che dobbiamo fare è solo soffermarci ad ascoltare le parole di Gesù non per contenere in noi la comprensione di Dio, ma per lasciarci immergere nella realtà di un Figlio che possiede tutto quello che il Padre ha e che lascia che lo Spirito prenda quel che gli appartiene per donarlo a coloro che credono nel Vangelo che Gesù ha annunciato.
Le parole di Gesù che ascoltiamo in questa domenica gettano uno sguardo sul mistero di Dio non tanto per offrirci una visione materiale o intellettuale sulla realtà di Dio, bensì per ricordarci che prima che essere “conosciuto” il mistero di Dio chiede di essere “vissuto”. Dio lo si conosce perché ci si lascia abbracciare da Lui e così si diventa parte di Lui, vivendo qui in terra quell’esperienza di comunione che è Dio e alla quale Dio chiama anche ciascuno di noi perché la sperimentiamo, la viviamo, la scambiamo con gli altri. Dio lo si conosce vivendo in Lui e di Lui, prima che sapendo qualcosa su di Lui così da poterne parlare agli altri.
Le parole apparentemente difficili che incontriamo nella pagina del Vangelo secondo Giovanni, si sciolgono nell’invito a vivere in terra la comunione che Dio è e vive in cielo e di cui riempie il cielo al quale il Signore Gesù risorto, è tornato e dal quale è disceso lo Spirito Santo.
Non c’è più una separazione invalicabile fra cielo e terra dopo la Pasqua e la Pentecoste, perché la terra è salita al cielo nel Cristo risorto dai morti e il cielo è disceso sulla terra con il Dono dello Spirito Santo e all’uomo, a ciascuno di noi, è aperta la strada della comunione con Dio e fra di noi, come in cielo così in terra. È proprio “comunione” la parola chiave che ci può permettere di dischiudere il mistero dell’identità di Dio in modo riverente e senza esagerate pretese. Dio è comunione: comunione di differenze nell’unità, comunione dell’unità che non rifiuta di essere diversa nelle tre persone del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, senza che queste siano in contrasto l’una con l’altra. Comunione che per il dono pasquale della risurrezione e della pentecoste dal cielo si riversa sulla terra e in terra fiorisce per portare frutti al cielo.
Il cristiano vive della Trinità e nella Trinità vivendo una vita di comunione con chi gli sta accanto. Comunione che si esercita e si vive nella capacità di accogliere l’altro che è diverso e differente da me, dal coniuge e familiare allo straniero che bussa alla mia porta; comunione che si vive nella disponibilità a donare il perdono verso chi mi offende, esercitando la benevolenza che lascia all’atro lo spazio per poter cambiare, senza ritenere mai nessuno perso per sempre; comunione che si vive superando l’egoismo di uno sguardo ripiegato sul proprio ombelico che non vuole accorgersi del mondo che ci sta attorno, quasi pensando che tutto sia lì perché costruito attorno a me, sulla mia misura; comunione che si vive e si rinnova in ogni celebrazione della Messa in cui Dio e l’uomo si incontrano in modo straordinario, perché si uniscono camminando allo stesso passo.
Il cristiano vive della Trinità e nella Trinità, ogni volta che sopprime quell’egoismo che lo porta a dire “io”, scegliendo di dire “noi”, non in forma corporativista e limitante, falsa sostituzione dell’io da bandire, ma in forza di una disponibilità inclusiva che vuole tutti accogliere, senza escludere nessuno.
Se così ci lasciamo provocare dalle parole di Gesù, quel che sembra essere il mistero più difficile da capire, ci si offre oggi nella semplicità di un invito a vivere la comunione ogni giorno, attendendo di essere immersi, al compimento della nostra vita, nella pienezza della comunione che è Dio.
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