A Ca' delle Mosche una mostra e un viale tra pubblico e privato
Nel pomeriggio di sabato prossimo 7 settembre, dalle 2 del pomeriggio, apro la mia casa per ospitare un artista di Bergamo, Luca Cittadini, che ha avuto un rapporto intenso con l’Africa. Ho già ospitato cinque anni fa una sua mostra, ma questa volta ci sono due buoni motivi per rifarlo. Uno riguarda Luca come artista, che per un certo periodo ha vissuto anche a Crema. L’altro riguarda Ca’ delle Mosche, la casa dove abito e che è, senza che io ne abbia alcun merito, un piccolo patrimonio della nostra città, motivo che mi spinge a condividere lo spazio di questo antico casale rimaneggiato da mille mani e con stili diversi dalla fine del Seicento a oggi. Renderlo pubblico, almeno una o due volte l’anno, mi pare così anche una sorta di dovere civico. Ma ritorno a Luca Cittadini.
Bergamasco di nascita, ma per decenni anima vagabonda e prolifica, ha passato molto tempo in Africa occidentale dove il paesaggio umano gli ha offerto i temi di un lavoro che mi sembra valorizzare soprattutto la femminilità africana. Prima di tornare a Bergamo, Luca aveva lasciato a casa mia disegni, oli e sculture che sono rimasti inerti in un piccolo magazzino e che forse rischiavano di rimanerci per sempre. A volte la logistica comanda più della logica. Ma a un certo punto a Luca tutto ciò è sembrato privo di senso e così ha deciso, in un certo senso, di regalare il suo lavoro. I suoi quadri e disegni saranno a offerta libera in una sorta di mostra che è la conclusione di un percorso che Luca non vuole si esaurisca in un cassettone polveroso dove non ci sono sguardi e dunque nemmeno colori e sensazioni. L’arte, del resto, ha senso se diventa un bene comune, dunque pubblico. Perché, anche se acquisiti da un privato, un disegno, un quadro, una scultura sono sotto gli occhi degli amici che ci fanno visita e che li guardano nei musei improvvisati che sono le nostre case. Dove il biglietto non si paga.
Lo stesso vale per i nostri beni: le mura, i giardini, le piante ottuagenarie che faranno da sfondo alla collezione di Luca. Mi piace l’idea che Ca’ delle Mosche sia anche uno spazio pubblico e che sia veramente un piccolo biglietto da visita della nostra città per chi arriva da Cremona. Forse non tutti sanno che il viale di platani e tigli centenari che portano alla cascina, furono salvati dalla violenza distruttiva di un rondò che doveva essere molto più largo e avrebbe raso al suolo la metà del viale. Gli alberi che “alti e schietti” corrono a Ca’ delle Mosche “in duplice filar” furono salvati dalle Belle Arti, che ne riconobbero il valore storico e ambientale, salvaguardandolo dalla furia stradale di un ministro che era stato soprannominato “Attila” per la sua smania di asfaltare l’inasfaltabile.
Ho cominciato a pensare a come rendere Ca’ delle Mosche uno spazio pubblico anche grazie al bosco di otto ettari creato da mio fratello Franco una trentina di anni fa e ora donato al Parco del Serio. Un segmento di verde privato diventato pubblico. E ho così accettato, ormai da tre anni a questa parte, che nel mese di maggio don Lorenzo Roncali venga a celebrare messa in omaggio alla cappella votiva che si trova in testa al viale. Sono l’ultimo dei credenti ma sentivo come quella piccola cessione di proprietà privata onorasse una tradizione popolare e la sua architettura votiva e dovesse pertanto diventare fruibile a tutti. In tempi di privatizzazioni forsennate, vale la pena alienare anche solo temporaneamente un po’ di privato. E in tempi di esagerato orgasmo identitario, val la pena di onorare l’italianità nelle sue forme tradizionali, persino quelle da cui non siamo direttamente coinvolti. Una messa o una mostra non sono in fondo che modi di condividere sentimenti e dunque anche spazi fisici dove muoversi, dialogare e, per chi crede, pregare. Aprire la porta e far circolare l’aria è sempre meglio che tenerla chiusa.
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commenti
Fernando
4 settembre 2024 07:13
Straordinaria iniziativa, che dovrebbe trovare emuli.
Complimenti, Emanuele!
Stefano
4 settembre 2024 08:12
Ca'delle Mosche e la famiglia Giordana, tra cui il compianto Franco, rappresentano una perla di rara bellezza e valore, che sa un po'anche di antico, nel senso più poetico e fascinoso del termine, di quanto possa offrire il nostro territorio provinciale. E poi quel bosco incredibile, frutto di un lavoro certosino del compianto maestro di natura.
Paolo
4 settembre 2024 08:28
❤️
Michele de Crecchio
4 settembre 2024 22:19
Ricordo che, tanti anni orsono, da poco laureato, aiutai un certo Giordana (credo Franco) di Crema, e la sua gentile compagna, che era venuti nel mio studio cremonese a chiedermi di aiutarli a stendere un documento che avrebbero inoltrato all'autorità competente per limitare i danni ambientali che la ipotizzata sistemazione della viabilità extraurbana avrebbe potuto produrre nei dintorni di Cà delle Mosche, aiuto che cercai di fornire loro con tutta la mia, allora ancora modesta, esperienza tecnica. Come compenso, in considerazione dell'indubbio interesse generale e non solo privato che il documento avrebbe cercato di tutelare, accettai solo un semplice, ma gradevolissimo, vassoietto in ottone che, da allora in poi tenni sulla mia scrivania per collocarvi oggetti di cancelleria. Spero che anche quella mia modesta collaborazione abbia poi effettivamente contribuito a limitare i danni, come credo di aver ora capito dalla lettera di Emanuele.
Guia Zurla
5 settembre 2024 20:13
Meraviglioso: Ci fossero più persone così,sarebbe un mondo migliore!( ps. W i Giordana , il loro amore per gli alberi e la divulgazione delle arti)
Giovanna tescari
7 settembre 2024 16:46
Sei sempre fantastico manulo per quello che scrivi che pensi che fai.. Ministro della cultura?? Mannaggia! Non si può!