Acqua ovvero l’odore dei soldi pubblici
Dal Forum Ambrosetti si è levato negli scorsi giorni una forte preoccupazione per le sorti di nostra sorella acqua, utile, umile, preziosa e casta, sempre più scarsa a causa dei cambiamenti climatici e delle sempre più prolungate siccità. Dalle recensioni giornalistiche par di capire che non si sia fatto – guarda un po’ il caso - alcun cenno al peso delle attività antropiche e al conseguente inquinamento delle falde acquifere...micro plastiche, veleni, pfas e altre simili amenità. Sembra comunque che sia stata trovata la ricetta per risolvere l'annoso problema della scarsità: la si deve combattere col rimediare alle enormi perdite di acqua potabile che ogni giorno affliggono le nostre reti e sfuggono ai contatori delle nostre case. (Sarò maligna, ma se le perdite avvenissero a valle dei contatori ci sarebbe minor preoccupazione).
Giustissimo, sacrosanto salvaguardare la risorsa azzerando le perdite. E quale sarebbe lo strumento adeguato a questo alto compito? Affidare la gestione dei servizi idrici a soggetti industriali forti, dotati di tecnologie e strumenti finanziari e soprattutto dotati di capacità di indebitamento, perché il punto dolente delle nostre reti idriche è l'essere vetuste e l’aver bisogno di interventi straordinari e quindi di enormi investimenti non sostenibili dai vecchi e svuotati comuni strangolati dal patto di stabilità. Non sono menzionati i soggetti in questione ma, visto che a parlare è l’ad di A2A, il pensiero corre spontaneo e veloce a tutte le grandi multiutility che negli ultimi decenni sono nate dalla progressiva privatizzazione, fusione e trasformazione di ex municipalizzate, costituendo grandi gruppi per lo più quotati in borsa. Ma queste aziende - al pari delle società miste formate da ex società pubbliche comunali in sodalizi pubblico-privati con i colossi di oltralpe come Suez o Véolia - non sono delle perfette sconosciute, sono anni che gestiscono in tante regioni e province i servizi pubblici locali. Questi processi di accorpamento e finanziarizzazione del settore quanto hanno contribuito a cambiare la grave situazione delle reti del bel Paese? Qualche dato ce lo forniscono ISTAT e ARERA. Nell'anno 1999 le perdite idriche erano stimate intorno al 32,6%, nel 2012 al 37,4 %, nel 2018 al 42% e oggi siamo al 43,7 % (dato 2022). Le perdite crescono invece che calare. Se il dato medio nazionale delle perdite è oltre il 40% ci sono situazioni inquietanti, come nel Lazio, dove la media regionale è al 60%, con punte del 70 % (Latina e Frosinone). Il 36% delle reti idriche ha un'età compresa tra i 31 e i 50 anni, il 22% è sopra i 50 anni (dati del 2017). Se in questi anni si fossero fatte la dovuta manutenzione e i dovuti investimenti non saremmo nella condizione di tragico spreco della risorsa in cui siamo e non ci sarebbe bisogno di invocare interventi straordinari e grandi opere (e quindi grandi finanziamenti e procedure d’urgenza!). Inoltre uno sguardo alle tariffe è doveroso e ci fa vedere un altro lato del problema strettamente connesso al primo. Nel 2022 rispetto al 2021 il costo delle bollette idriche è in media aumentato in Italia del 5,5% (report di Cittadinanza Attiva 2022): come è possibile che salgano le tariffe a fronte di perdite idriche in aumento e quindi di investimenti non fatti, o fatti troppo poco, dai gestori? Come è possibile che una famiglia di Frosinone spenda circa 880 euro per l’acqua quando la spesa media in Italia si attesta intorno ai 480 euro annui? E' possibile perché l'apertura al libero mercato di un servizio a monopolio naturale come quello idrico ha portato alla massimizzazione dei profitti: aumento delle tariffe, aumento dei profitti dei gestori (che vengono reinvestiti solo in minima parte nel servizio), aumento dei sostanziosi dividendi agli azionisti, peggioramento del servizio. Questo significa trattare l’acqua come una merce qualunque.
Forse allora quando si parla di grandi investimenti, che pure sono necessari, ci si riferisce ad altre risorse cui attingere, a quelle del PNRR, per esempio, grazie anche alla nuova spinta impressa dal Governo verso le privatizzazioni dei servizi dopo il DDL concorrenza e al Recovery plan che punta ad accorpare i gestori quotati in borsa per affidare loro tutti i servizi a rete, con un ulteriore esproprio di democrazia dai territori e puntando a una sempre maggiore mercificazione dei beni comuni. Più che lo spreco idrico e le questioni climatiche quello che fa muovere l'interesse nelle alte sfere della finanza mi sembra sia l’odore dei soldi pubblici con la garanzia che ogni costo legato alla gestione del servizio idrico sarà comunque coperto dalla tariffa, dalle nostre bollette, come sempre. Rischio d’impresa: nessuno.
Bene fa Padania Acque a rivendicare la scelta autonoma fatta dagli enti locali del nostro territorio provinciale di creare un soggetto gestore saldamente in mano pubblica che negli anni - in controtendenza - è riuscito fare investimenti tali da diminuire le perdite idriche dal 33% al 24% (dato provinciale). Scelta nata dalla forte spinta dal basso venuta innanzitutto dalla cittadinanza che si è organizzata e ha lottato anni per non farsi scippare un servizio essenziale quanto prezioso come quello idrico, minacciato da svariati tentativi di privatizzazione. I due referendum del 2011 (quasi 27 milioni di sì!) hanno detto forte e chiaro che l’acqua è un diritto universale, che deve essere a disposizione e accessibile a tutti e che su di essa non può essere fatto profitto!
La strada da percorrere è ancora tanta perché il dato provinciale della perdita (24% ) è comunque alto, quasi un quarto della risorsa gocciola via. E allora avanti tutta, il percorso è tracciato e non si torna indietro. Ma attenzione ai cattivi consiglieri e alle lusinghe dei grandi gruppi. Meglio non uscire dal seminato e continuare a guardare al territorio, agli enti locali e al benessere dei cittadini piuttosto che avallare discutibili progetti come il 20/30 con cui A2A - che si è già comprata sotto costo il resto dei nostri servizi pubblici locali - propone interventi devastanti come il famigerato (e osteggiato da sempre più cittadini) impianto di biOmetanO che di circolare ha solo le “o”. E quando arrivano i complimenti dalla Mekorot, gestore idrico nazionale di Israele, si pensi a quanto la negazione dell’accesso all’acqua sia uno dei più crudeli strumenti che il Governo Israeliano utilizza da anni per opprimere e controllare politicamente e socialmente la popolazione palestinese.
Il diritto di accesso a un’acqua di qualità e in quantità sufficiente al fabbisogno di ogni persona è un decisivo banco di prova per ogni sistema che si voglia definire democratico.
Co-segretaria provinciale di PRC Cremona
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commenti
Pierpa
16 settembre 2023 10:16
Il mantra del privato efficiente, contro gli sprechi della gestione pubblica, è buono per i polli. I privati, per forza di cose, mirano all'efficienza sì, ma del profitto. Liberalizzazioni (vere o finte che siano), "lenzuolate" bersaniane, capitani coraggiosi di D'Alema, formigonate e maronate lombarde sulla sanità, scorpori aziendali perché lo vuole l'Europa (da Ferrovie dello Stato ad una pletora di presunti gestori regionali con moltiplicazione di CdA, presidenti, ecc), : l'unico scomparso è il vantaggio per il cittadino, trasformato in mero consumatore.
ennio serventi
16 settembre 2023 17:32
[ ]circolavano idee nuove: l'azienda, ci dicevano, deve produrre reddito altrimenti arrivano i francesi della Vivendi o della Eau de France. Chiamatelo profitto, replicavo io che non contavo niente. Si iniziò così, lo ricordo bene, chiamando e trasformando quelli che da sempre erano identificati come utenti in clienti. Per spiegarci bene le ragioni di questo cambiamento fecero venire i milanesi di una ditta che si interessava di addestramento del personale, poi arrivò A2A ed il resto è storia di questi giorni.