12 giugno 2025

L’8 per mille e quello strano patto tra Stato e Chiesa

Sono laico ma non ho nessuna ostilità nei confronti della Chiesa cattolica. Riconosco, al di là degli insegnamenti propriamente religiosi e delle posizioni teologiche, un suo grande ruolo in una società,  come quella di oggi, confusa e frammentata, la capacità di offrire insegnamenti morali che certamente non toccano solo i fedeli, l’impegno profuso per i più deboli, i malati, gli stranieri.

Pensiamo agli oratori che, accessibili a tutti, sono uno dei pochi centri di aggregazione rimasti, altrimenti rimarrebbero solo forse i centri commerciali e i luoghi della movida. Ricordiamo anche i luoghi di assistenza cattolici diffusi su tutto il territorio destinati agli anziani e ai disabili

Intanto, l’argomento ha a che fare con la Chiesa, è tempo di dichiarazione dei redditi e ogni cittadino troverà come sempre nello stampato il riquadro dedicato alla scelta dell’8 × 1000 dell’intero gettito fiscale.

Le alternative sono una crocetta per lo Stato, oppure per la Chiesa cattolica o anche, da alcuni anni, per le comunità religiose, gli ebrei, gli ortodossi, gli evangelici, i buddisti, che hanno siglato Intese con lo Stato che regolano l’attività dei loro ministri di culto, la celebrazione dei matrimoni, le sepolture e tutte le loro attività sempre nel pieno rispetto della libertà religiosa riconosciuta dalla Costituzione. Per inciso non ci sono i musulmani perché la frammentazione delle autorità religiose islamiche e la difficoltà a siglare con esse una Intesa che rispetti il principio della laicità delle istituzioni non lo ha ancora reso possibile.

L’ultima alternativa è ovviamente lasciare il riquadro in bianco, l’indicazione infatti è facoltativa, e così, anche per scarsa informazione, fa la maggioranza dei contribuenti.

In concreto lo scorso anno circa il 10% ha indicato lo Stato, oltre il 27% la Chiesa cattolica, in passato il divario era anche maggiore, mentre poco più del 3% è andato a uno degli altri culti. Comunque la maggioranza dei contribuenti, e cioè oltre il 60%, non ha indicato nessun destinatario.

A chi va la frazione di imposte, quel  60%, di chi non ha espresso alcuna scelta? Molto probabilmente l’enorme maggioranza di coloro che non hanno apposto alcuna crocetta e hanno lasciato che le cose vadano come devono andare pensa che quella frazione vada comunque allo Stato che del resto è il destinatario della dichiarazione dei redditi presentate dai cittadini e in un sistema moderno è il naturale percettore delle imposte.

Ma non è così e qui, è inevitabile dirlo, sta l’inganno.

Infatti la quota di imposte corrispondente alle scelte non espresse viene ripartita in uno strano modo che ha una logica sua propria.

La quota corrispondente alle scelte non espresse, e cioè il 60%, viene assegnata infatti in modo proporzionale rispetto alla percentuale delle scelte espresse in quell’anno.

Questo significa che la Chiesa cattolica, a cui favore le scelte espresse sono quasi il triplo rispetto a quelle dello Stato, incamera circa tre quarti di quel 60%. Quindi con il 27% delle scelte in suo favore la Chiesa cattolica introita alla fine buona parte del gettito globale, esattamente il 67% nel 2024.

Questo enorme vantaggio è reso possibile da fattori culturali, di informazione e a vere e proprie scelte politiche.

La Chiesa infatti informa molto i suoi fedeli della necessità di siglare la sua casella e questi lo fanno in modo compatto. Lo Stato invece, per una sorta di tacita intesa a non fare concorrenza al Vaticano, non ha mai spiegato come il sistema funzioni e non ha quasi mai sollecitato la firma in suo favore. Pochi così scelgono lo Stato e soprattutto la mancanza di informazione pubblica favorisce quella grande maggioranza di astensioni dalla scelta che avvantaggia la Chiesa.

Così ogni anno in forma mascherata vengono dirottati dallo Stato alla Chiesa centinaia di milioni di euro, 700-800 milioni, dei contribuenti che non sanno nemmeno di partecipare ad una sorta di finanziamento occulto. Un finanziamento ancora più imponente se si pensa che quel 10% espresso in favore dello Stato è stato per legge utilizzato, soprattutto in passato, non solo per interventi straordinari come le calamità naturali o il rischio antisismico ma anche quando necessario per il mantenimento e il restauro di luoghi religiosi.

La legge n. 222 del 20 marzo 1985 che stabilisce questa singolare ripartizione è stata approvata dal governo Craxi, nel quadro dell’aggiornamento dei Patti Lateranensi, probabilmente per ingraziarsi una parte del mondo cattolico. Per ora di una modifica del meccanismo dell’8 × 1000 non si parla. Nei giorni scorsi al contrario la CEI cioè i vescovi italiani, hanno innescato una polemica inutile. Ha protestato perché nella dichiarazione dei redditi del 2025 per la prima volta il modulo specifica come destinatario delle somme che saranno devolute allo Stato le comunità per il recupero dei tossicodipendenti. Come se lo Stato volesse togliere “voti” alla Chiesa informando, come suo diritto, i cittadini di tale destinazione. Tra l’altro molte di queste comunità sono gestite proprio da rappresentanti della Chiesa.

Ma questa situazione, una legge che alcuni giuristi hanno definito una “mostruosità giuridica”, non è accettabile in uno Stato che vuole dirsi laico. Le contribuzioni alla Chiesa devono essere volontarie e non nascondersi in una norma che nessuno conosce o è in grado di capire.

La Chiesa può rinunciare a questo privilegio. Con il suo impegno, dedizione ed esperienza nel campo dell’assistenza, non ha bisogno di leggi di favore.

Guido Salvini


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commenti


Daniro

12 giugno 2025 19:51

Il pezzo non fa una piega e chiarisce bene il meccanismo che privilegia in modo surrettizio la chiesa cattolica. Lo Stato non ha mai avuto alcuna intenzione di correggerlo, chissà mai perché, e forse agli italiani poco importa che quasi un miliardo di euro di fondi non esplicitamente indicati finisca nelle casse del Vaticano (peraltro con rendicontazioni non del tutto esaustive) invece che andare a servizi sociali, ai territori, ad interventi pubblici. Una delle tante, troppe, anomalie italiane.