Amarena ovvero la Natura
Assegnare un nome ad un animale significa attribuirgli un’importanza umana. È una azione di responsabilità. Denominare è includere, è attribuire un ruolo sociale. Col nome, l’esemplare diviene membro di una famiglia, parte di una comunità, componente di un gruppo.
Amarena era un bel nome per un’orsa. Si legge fosse uno degli esemplari più prolifici del Parco. Forse troppo confidente, ma docile, con i suoi cuccioli tra le vie del paese a farsi ammirare facendo sfoggio delle proprie amorevoli attenzioni materne.
Parliamo di un animale selvatico di un Parco, divenuto parte attrattiva di un luogo, di un paese, e il nome affettuoso, divertente, pacifico, locale e benevolo già racconta l’attaccamento della gente e la percezione di piacere naturale e straordinario dell’incontro.
Rossa come i frutti più dolci però, l’amarena è aspra, selvatica, capace di attrarre ma anche di allontanare. Così un’orsa tra i muri di un paese: meraviglia da osservare ma alla giusta distanza perché, comunque, di un grande carnivoro si parla. E così, col nome, l’animale smette di essere qualcosa ma diventa qualcuno. Qualcuno capace di far gioire per un incontro o qualcuno da piangere per un lutto. Qualcuno però che non è solo una madre morta, ma un testimone utile per mettere in luce il fatto che su 126 orsi marsicani morti, di ben 42 si è stabilito siano stati vittima di bracconaggio e altri 19 investiti da mezzi di trasporto.
Questi orsi però non avevano un nome, non comparivano sui social, erano sconosciuti alla gente. Amarena invece era un personaggio, un portavoce della bellezza di una popolazione martoriata dall’uomo per motivi stupidi e futili, una specie in stato di conservazione critico.
L’uccisione di Mamma orsa non è una storia disneyana, è altresì la punta di un iceberg vergognoso di cui prendere consapevolezza. C’è una componente di mostri, nella società, cui vale la pena considerare.
Con questa orsa si è perso di più di un esemplare: si è persa una madre, si sono messi a repentaglio dei cuccioli, si è infranto un sogno di paese, si è distrutta l’immagine già traballante di un Parco e si è sottolineato quanto la meschinità umana si annidi in ogni angolo.
Ne rimane un cacciatore inconsapevole e tristemente famoso, un sogno di comunità infranto, vite dei cuccioli cambiate e una carcassa da smaltire. Da domani, altri esemplari privi di nome, continueranno ad essere uccisi nel silenzio.
Ma Amarena è molto di più, è la Storia dell’Ursus arctos marsicanus non di un’orsa. Un animale Italiano, eletto dai nostri boschi come meritevole di successo genetico.
Storia dell’orso poiché con un colpo di fucile, un singolo homo sapiens, ha scelto per tutti noi, di privare il mondo, di un inestimabile patrimonio genetico, scalfito da milioni di anni di evoluzione. Dal naso alla coda, ogni pelo ed ogni organo sono stati forgiati dal martello della Natura per essere perfetti. Non è un caso la forma dell’orso, infatti il motivo evoluzionistico di ogni parte di questi formidabili animali, rendono questi, differenti persino di valle in valle, poichè la variabile ambiente, incide più di ogni altro agente; anche la morte naturalmente fa parte delle variabili ambientali ma un conto è una naturale predisposizione a deficienze immunitaria che, per esempio, fa ammalare senza possibilità di resistere al patogeno, un conto, è un singolo che sceglie di eliminare questo patrimonio di tempo ed esperienze accumulate nei geni. Sempre padroni? No, non lo siamo, siamo solo più forti di Amarena.
Siamo uomini di scienza per questo ci domandiamo da dove sorga la tristezza nel nostro animo. Questa tristissima vicenda, deve insegnare però che laddove c’è un uomo che spara alle spalle ce ne sono altri che vivono in modo completo la Natura, la proteggono, la praticano, la curano e la conoscono al fine di conservare e preservare quegli stessi equilibri che hanno dato all’orso, al lupo, al cervo le loro forme perfette ed i loro sensi incredibilmente sviluppati. Sono solo animali? Lo siamo anche noi e parimenti a noi anche per loro è dura, alla fine è dura per tutti.
Il loro comportamento è la manifestazione di ciò che c’è scritto nei loro geni, i geni sono il ricettario, la manifestazione del comportamento è il piatto cucinato. Non possiamo, in nome della nostra presunzione, distruggere quello che ha scritto la Natura all’interno dei loro geni. Indubbiamente gli animali pericolosi vanno contenuti, nessuno ha affermato il contrario, ma non era questo il caso. Amarena è il fallimento della comunicazione di noi Medici Veterinari e Naturalisti, lo ammettiamo. Probabilmente la critica galileiana ai sapienti recintati in “muri di carta” ossia i nostri libri, ci ha allontanati dal senso comune, dall’uomo della strada che andrebbe educato, ora più che mai a sentirsi parte del mondo e non sceriffo. Non è nostro diritto, la Vita è il diritto di tutti e se l’uomo è davvero così superiore, la difende.
La Vita è la Vita, difendila.
M.T. di Calcutta
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commenti
Manuel
2 settembre 2023 12:19
Grande dispiacere per Amarena e per quel che rappresentava!
I due studiosi, però, sanno benissimo che episodi simili, se non peggiori si materializzano tutti i giorni in ogni parte del mondo. È la rappresentazione di un retaggio culturale atavico ed ancora presente, ma anche di una predazione, necessaria e non, attuata dalla specie dominante sulla natura.
Di questo si è discusso in passato e si dovrà discutere sempre più in futuro. Come ci porremo davanti alla realtà fisica in cui viviamo, sarà determinante.
Analisi, ammetto difficile, poiché potrebbe mettere in crisi i nostri capisaldi culturali, economici, religiosi, ma impellente ed ineludibile, pena il rischio di inoltrarsi (e stabilirsi) in un’epoca di cahos ed anarchia non più gestibili.
Sergio
8 settembre 2023 03:42
Grazie...
Claudio
10 settembre 2023 10:15
Forse anche bassi e biechi motivi economici incidono su queste uccisioni, oramai non più casi isolati.
La carne di orso ha prezzi inimmaginabili e spesso vengono uccisi solo per questo. Perciò leggi adeguate dovrebbero colpire queste uccisioni, colpendo questi meschini uccisori dove fa più male, il portafoglio, ma colpire in modo selvaggio