31 agosto 2024

C'erano una volta le cartoline dalle vacanze. Quanto impegno nello scriverle!

La tabaccaia si chiamava Gavina e mi guardava sempre con l'occhio perplesso tipico di quelle persone le quali, pur sapendo quanto insopportabile possa essere a volte un ragazzino delle scuole medie con le sue paradossali richieste, hanno già chiaro nella testa come aiutare un cliente nelle sue scelte, del resto alla fine mi sorrideva quasi felice dato che ci vedevamo ogni anno magari anche più volte durante la stagione delle mie vacanze.

Aveva 8 anni in più di me Gavina, 8 anni esatti perché eravamo nati, con 8 primavere di differenza, nello stesso giorno e nello stesso mese, fatto che forse offriva un minimo di empatia in più nei miei confronti, in pratica avevamo qualcosa da condividere che non fosse solo materia di lavoro.

Mi presentavo con un foglio di protocollo dove avevo scritto l'elenco delle cartoline che avrei dovuto spedire, un elenco “elastico” che, ogni anno, magari si allungava un po' ma, quel foglio, era il mio punto di partenza per mantenere o sviluppare quei rapporti sociali i quali, 40 anni fa, si vivevano in maniera di certo differente da quelli odierni. L'elenco scritto sul foglio riportava nomi, cognomi ed indirizzi, perché il Codice di Avviamento Postale o il numero civico dovevano essere esatti, per le cartoline destinate a Cremona non vi erano particolari problemi, la memoria aiutava e non poco, per quelle verso Milano. Roma, Torino o l'estero la questione poteva essere più complicata. Era una sorta di rito che affrontavo quasi subito appena arrivato nel luogo destinato alle mie ferie; un rito che era quello di mantenermi in contatto con persone o amici che, magari, avevo salutato solo il pomeriggio precedente poco prima della partenza.

Le cartoline, diverse decine di modelli diversi, occupavano ordinatamente un lato interno della tabaccheria, a quelle Gavina aveva aggiunto un paio di colonne girevoli piene di tasche che sapevano catturare la mia attenzione. Colori, dimensioni, sfondi, tante variabili che potevano aiutare a mantenere vivi i rapporti sociali anche a distanza, per un adolescente era importante anche il fatto di trovare la cartolina più idonea in base alla persona alla quale era destinata; questa a lei, questa a lui, questa a quello che non mi scrive mai, questa per quello che fa raccolta. Era un passaggio molto personale quello della scelta della cartolina ideale per una persona, un passaggio che faceva da ponte tra la condivisione di un momento di vacanza e l'emozione di un sentimento.

Nel rito dei francobolli scoprivi l'empatia di Gavina perché una volta, dopo averli imbustati, riuscii a perdere la busta dove li aveva precedentemente ordinatamente infilati e, da quel momento, Gavina mi preparava subito sul bancone la idonea spugnetta arancione umida contenuta nella ciotolina di plastica verde per incollarli. Avrei evitato di perderli di nuovo o di rendermi la lingua allappata per quasi un'ora dopo averne incollati una trentina. Era una spesa scrivere una cartolina, ma erano soldi ben spesi perché, a differenza delle lettere, aveva spazi limitati e, soprattutto, una totale assenza di privacy, in pratica ti costringevano a lavorare sulla fantasia e sulla capacità di sintesi. Il messaggio doveva essere chiaro, diretto e di facile interpretazione, i genitori ritiravano la posta, i fratelli o le sorelle più grandi avrebbero potuto leggerla quindi il messaggio doveva essere semplice ma essenziale, come quei temi in classe che vengono bene dove riesci a raccontare con semplicità un momento personale o un fatto avvenuto tempo fa. In pratica dovevi essere in grado di esprimerti nel modo migliore, in base al destinatario della stessa, altrimenti rischiavi fraintendimenti che dovevano essere chiariti a colpi di lettera, strumento che garantiva maggiori possibilità di libera espressione o privacy ma che rendeva un rapporto ben più intimo di una semplice cartolina. La grafia avrebbe dovuto completare l'opera certosina cominciata nella tabaccheria poi finita sul tavolo di casa era fondamentale cercare, pur con dei limiti enormi in materia di qualità della grafia, di scrivere in maniera quantomeno leggibile, le vignette le lasciavo perdere perché non ero capace di disegnare, avrei soltanto peggiorato una situazione già delicata. Il rito delle cartoline era qualcosa di personale, un qualcosa che, nel bene o nel male, ti occupava per un paio di ore; a volte ne rimandavo alcune al giorno dopo, ogni anno funzionava così, ogni anno mi serviva più tempo per trovare le parole adatte per due o tre persone, praticamente sfruttavo il vecchio adagio dove la notte porta consiglio, anche su un piccolo testo da scrivere.

Nel 2024 parlare di cartoline da spedire sembra come discutere di qualcosa che non esiste più da secoli, negli anni in cui la comunicazione può essere immediata e in ogni angolo del globo una cartolina sembra bloccare un momento in maniera vetusta, arcaica, nel peggiore dei casi quasi inutile. Nella assurda ricerca di visibilità via social strumenti come le cartoline sembra che debbano essere spazzati via, sostituiti da fotografie e da testi digitati sulla tastiera di un telefonino nella convinzione che il futuro è rappresentato da qualcosa che allontana il calore di un rapporto umano per conservarlo su un numero di telefono invece che in una cassetta presso un numero civico. Qualche giorno fa ritiro la posta, c'è una cartolina e, sorridendo, mi sembra quasi di tornare a 40 anni fa, però la cartolina non è per me, ma per mia figlia, 13 anni, da parte di una sua amica. Una scelta eccezionale, quasi coraggiosa quella attuata da questa amica, una scelta che guarda avanti nel tempo, proiettata in un luogo, forse lontano nel tempo ma che prima o poi tornerà estremamente attuale, dove una adolescente compra una cartolina e un francobollo poi, con una biro e la scrittura in corsivo, racconta qualcosa ad un'altra persona. Quando la spaventosa invasività della comunicazione istantanea a tutti i costi finirà il suo corso la scrittura, quella vera, tornerà a fare capolino anche nei più giovani, tornerà a rendersi parte della crescita delle persone. So bene che un video o una immagine, mediamente, colpiscono di più ma non ti rendono partecipe di quel lavoro, di quel rito, che è una dedica di tempo e di emozioni da condividere di una cartolina scritta a mano.

Marco Bragazzi


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