31 dicembre 2022

Capodanno di grandi lutti, da Pelé alla Westwood. E con Ratzinger muore l'ultimo Dottore della Chiesa

Una fine d'anno costellata di grandi lutti, muoiono tre simboli ciascuno del proprio mondo: Pelé per il calcio, Vivienne Westwood per la moda e Benedetto XVI nella Chiesa.

Ci vorrebbero fior di editoriali dedicati a ciascuno di loro, figuriamoci se ne basta uno per tutti e tre.

Pelé è il calciatore migliore della storia, perché se sul podio del calcio sta forse un pochino sotto Maradona, in quello della vita è stato un simbolo di riscatto, prestigio, serietà e impegno politico e sociale che lo fanno assurgere all' Olimpo. La pena del contrappasso dei grandi dello sport però è che la Storia li dimentica presto: vengono idolatrati in vita ma se ne perde presto il ricordo: vi sfido a ricordare un grande sportivo di cui si parla ancora scomparso da più un secolo… Del resto il Principe di Salina nel Gattopardo diceva che un "sempre" umano dura uno o due secoli e poi svanisce.

Maggior duraturo invece è il ricordo dei grandi dello stile, e questo perché gli abiti a differenza degli sport non passano di moda, nel senso che si può smettere di giocare a palla ma non di vestirsi. E infatti ancor oggi ricordiamo chi ha cambiato la storia del costume anche di secoli fa come Lord Brummel, i parrucchieri di Maria Antonietta o i costumi che Leonardo disegnava per gli Sforza. Vivienne Westwood a modo suo ha cambiato un pezzo di storia del costume: ha messo la gonna agli uomini e trasformato la ribellione punk in abiti da sposa indossati dalle donne più belle del mondo.

Ma il più duraturo della Storia è il ricordo degli uomini di Fede, e questo perché finché esiste la Chiesa esso viene tenuto vivo, e in alcuni casi dura da duemila anni. E Ratzinger a mio avviso non farà eccezione: se tra mille anni la Chiesa esisterà ancora, Benedetto XVI sarà studiato citato e ricordato al pari di altri giganti della teologia come Sant'Agostino, San Gerolamo, San Domenico, tutti  i grandi Padri e Dottori della Chiesa.

Breve inciso: i Padri della Chiesa sono quei grandi teologi dei primi secoli dopo Cristo che hanno gettato le titaniche fondamenta della Fede cristiana, che ancora reggono, e che sono state constitutive di gran parte della cultura occidentale. I Dottori della Chiesa sono invece coloro che hanno contribuito in modo indiscutibile con la loro sconfinata saggezza e cultura alla traduzione attraverso i secoli del pensiero cristiano, attualizzandolo e consentendogli di sopravvivere ed essere compreso in tutte le epoche. E Ratzinger, per chi  scrive, farà certamente parte di questi ultimi. Le sue omelie da Pontefice saranno senza dubbio studiate ancora tra secoli nelle facoltà di Teologia, e i loro estratti diverranno citazioni di uso comune.

Ma verso Ratzinger l'Occidente ha un debito di gratitudine e  anche parecchio da farsi perdonare. È entrato nella Storia per essersi dimesso con plauso generale e lodi sperticate alla sua straordinaria umiltà, lodi che nella maggior parte dei casi celavano la soddisfazione per essersi levato dai piedi perché troppo retrogrado e inadatto al superbo e stupido pensiero globalizzato. Scriveva Dante "la cieca cupidigia che vi ammalia, simili vi ha fatti a fantolin che muor per fame e caccia via la balia": è un po' quello che è successo tra Ratzinger e l' intellighenzia europea.

Un vecchietto giudicato troppo raffinato nelle vesti (nell'epoca in cui vestirsi è l'ossessione principale, misteri del pensiero di massa), con una vocina flebile e un accento tedesco totalmente inadatti alla comunicazione globale da influencer politically correct e con la condanna a vita di essere addirittura stato un soldato della Wehrmacht. E dulcis in fundo, era pure un "conservatore": praticamente condannato dall'inizio ad essere un bersaglio perfetto.

Eppure, proprio questo uomo così inadatto alla nostra società superficiale e boriosa, è stato un argine fondamentale al crollo definitivo dell' Occidente. Già a metà degli anni '90 pose al centro del dibattito politico con la consueta gentilezza ma solidissima fermezza la questione delle radici dell'Occidente con un libro scritto assieme a Marcello Pera, allora Presidente del Senato forzista: bollato immediatamente con la stimmate del berlusconismo, fu l'unica parentesi di vera cultura che Forza Italia impose ai sui tesserati al netto dei servizi fotografici di Berlusconi in giardino. 

Qualche anno dopo, divenuto Papa, fece una storica visita alla Regina Elisabetta in Inghilterra: l'incredibile feeling e i discorsi di saluto tra i due Capi di due diverse religioni cristiane (la cui scissione costò terribili guerre e morti in quantità) fu colta solo dai più acuti osservatori: quei due veri conoscitori del '900 avevano capito che finito il Comunismo Sovietico, collante universale dell'Ovest, il nemico ferale dell'Occidente sarebbe stato l'oblio capitalista, e che l'unico vero argine alla dissoluzione era il valore storico del Cristianesimo non tanto come religione ma come identità culturale.

La missione "politica' di Ratzinger è stata questa: gettare all'Occidente rimbambito dal capitalismo internettiano made in USA una zattera sociale e culturale a cui aggrapparsi, le radici culturali giudaiche greche e cristiane dell'Europa: il misticismo della Terra Santa, il razionalismo della filosofa greca, il ruolo sociale del cristianesimo.

Oggi che i diritti sociali sono stati completamente abbondanti per dedicarsi a quelli civili, oggi che il vuoto spaventoso della cultura occidentale è senza successo colmato dall' iperconsumismo dei colossi telematici americani e che siamo minacciati dalla sconsiderata bulimia dei giganti dell' Asia; oggi che la nostra debolezza culturale è concausa di una guerra civile tra cristiani ortodossi alle porte orientali dell' Europa, la fragilità di questo nostro continente ci dovrebbe apparire tanto bisognosa dell'eredità di questo grande Papa.

Sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano

Docente di archivistica all'Università degli studi di Milano

Francesco Martelli


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