9 luglio 2022

Come vestirsi in estate: vademecum per aspiranti ribelli (al caldo)

Compito di un editorialista è anche, ogni tanto e specie nella calura estiva, distrarre dalle angosce della contemporaneità e raccontare di cose (apparentemente) futili, e devo dire che i tanti riscontri avuti dopo l’editoriale sull’abito bianco me lo hanno confermato.

Quando Umberto Saba da ragazzo, divenuto amico di Gabriellino D’Annunzio, ebbe la fortuna di incontrarne il padre-Vate in persona alla Capponcina, la splendida villa fiorentina che gli fu poi sequestrata e mandata all’asta per i soliti debiti, annota che egli si presentò “impeccabilmente vestito di bianco”. E in effetti il bianco era uno dei colori più presenti nel guardaroba del poeta guerriero: iconica è ormai la sua immagine in divisa bianca estiva di generale di brigata aerea con le raffinatissime striscioline di raso blu sul  petto, memoria delle decine di medaglie al valore ricevute, e al Vittoriale di Gardone si possono addirittura osservare decine di scarpe bianche di ogni foggia e pellame.

Aristotele Onassis fece epoca scendendo dal suo mega-yatch in abito doppiopetto bianco con cravatta nera oppure mentre solcava i mari con i suoi motoscafi rigorosamente in pantalone bianco e polo blu o bianca assieme alle donne più famose del mondo come Jacqueline Kennedy o Maria Callas. E bianco candido, anche se con il fumaiolo giallo, era anche il Christina O, il suo leggendario panfilo di 100 metri dedicato alla adorata figlia: un vecchio enorme cargo da lui trasformato nella più lussuosa nave del mondo, con tanto di mosaici minoici nella piscina e di idrovolante incorporato, che ancora oggi solca i mari benché noleggiata da gruppetti di riccastri che vogliono provare l’emozione di rivivere gli anni d’oro del jet-set e della Côte d’Azure…

Ma ancorché iconico e leggendario, il bianco non è l’unico colore dell’estate. Gli inglesi, che più di ogni altro popolo dopo i romani hanno affrontato i caldi più atroci del pianeta nelle loro inarrestabili volontà di conquista, scoprirono ben presto a proprie spese un colore salvifico: il kaki o cachi. Il nome viene dal persiano “Kahk” che significa più o meno “del colore della terra”. Ebbene, applicato alle sahariane di esploratori e soldati, si rivelò irrinunciabile: respingeva i raggi solari quanto il bianco ma rimaneva apparentemente indenne dalle tracce di sabbia e fango secco che si mimetizzavano perfettamente ton-sur-ton sulle divise, ed inoltre teneva lontane mosche e zanzare, flagelli ben peggiori di Shaka Zulu o del Mahadi di Karthoum. Si: dal cachi, oggi è scientificamente provato, gli insetti non sono per nulla attratti, esattamente come all’opposto li attrae per esempio l’azzurro, che infatti è stato per decenni il colore della carta moschicida: saggezze popolari dettate dall’esperienza di secoli quando ancora la scienza non provava alcunché.

Ma ogni paese ha il suo clima, le estati non sono tutte roventi e gli insetti a volte non sono per nulla un problema: nella Francia della Belle Epoque in estate andavano di gran moda le corse dei levrieri, e guai a chi non si presentava in abito rigorosamente azzurro, colore che ancora oggi fa parte della più rigorosa tradizione sartoriale napoletana estiva. Un doppiopetto spigato in lino azzurro o un abito in  solaro intramato di grigio e azzurro sono un classico intramontabile del gentiluomo partenopeo.

Philippe Daverio, che del colore e dei vestiti era un vero appassionato, d’estate amava moltissimo il rosa: in Cittadella esponiamo permanentemente un suo stupendo tre pezzi in leggerissimo lino rosa antico, con asole e bottoni rossi, di un colore che pare uscito dal pennello del Guercino quando dipinse il Giorno nel Casino Ludovisi. Adorava poi le giacche a righine bianche e rosse, che davano l’effetto pieno del rosa,  in cotone seersucker: quel tessuto leggerissimo fatto di righine un po' arricciate che fa così tanto estate, tipico del gentiluomo americano del sud e che deve il suo nome così yankee in realtà al più esotico mix di hindi e farsi “shir e shakar”, che significano "latte" e "zucchero", là dove il tessuto era nato.  E tessuti a parte, il rosa, lo si sappia, é assolutamente uno dei colori maschili per l’estate, riservato ai più eleganti tra i dandy: che si tratti di lino o seta, di rosa antico o di rosso e bianco, il rosa è decisamente per l’uomo estivo elegante. Ma attenzione, l’effetto Elton John o peggio quello da capo-clan dei Casamonica è sempre in agguato: il rosa estivo è per l’uomo che ha esplorato e superato i meandri dell’eleganza più classica fin nel profondo. Non per nulla lo amava anche il Duca di Windsor, Edward VIII° Rex Imperator (anche se per poche settimane) dei Britannici: l’uomo più elegante di tutto il ‘900, che in estate non disdegnava nemmeno il giallo, altro colore di difficilissimo uso, salvo sembrare Titti inseguiti da gatto Silvestro o un gommone alla deriva: sappiano i signori di una certa età con le pance prominenti che il giallo non smagrisce, anzi...

Personalmente ho sempre pensato che in estate, specie per chi come noi abita le tetre noiosissime afe padane, si debba sempre sembrare proprio perché non abbiamo né mari né monti né laghi, come appena scesi da una barca o come un soffice gelato di crema e cioccolato: una maglietta blu o bianca e pantaloncini bianchi con scarpe da ginnastica bianche come fareste se aveste una barca a vela alle Bermudas, oppure un bell’abito bianco o color caffè, che vi facciano sembrare agli occhi di chi guarda come il riverbero di un desiderabilissimo e cremoso gelato: sembrerete freschi anche se siete zuppi del più atroce sudore. Pare un controsenso, ma la giacca in estate è forse più importante che in inverno: come dice Camillo Langone “le giacche estive non bastano mai”, vi fanno da portachiavi e telefono al posto di quegli orripilanti marsupi o borselli, e vi riparano delle gelide arie condizionate della inarrestabile massificazione dei luoghi di consumo. 

Gianni Agnelli andava oltre: lui in estate in barca stava rigorosamente nudo, al massimo con un asciugamano legato in vita. Ma lui poteva permetterselo: non solo perché era il più charmant di tutti, ma anche perché quando nel 1977 la rivista Oggi pubblicò le sue nude virtù di lupo di mare, la Fiat tolse per mesi la pubblicità dalle riviste del gruppo e così l’Avvocato poté tornare sereno a veleggiare come prima del peccato originale senza timor di paparazzi…

Sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano

Docente di archivistica all'Università degli studi di Milano

(la foto del professor Martelli è di Irina Mattioli) 

Francesco Martelli


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