Con Gesù, saliamo sul monte della preghiera
Leggere il brano di Vangelo che ci regala la seconda domenica di quaresima, è un invito a condividere la stessa esperienza che vivono i discepoli che con Gesù salgono sul monte. Quella che è stata una tappa importante nel loro cammino con Gesù verso la sua Pasqua che si sarebbe compiuta a Gerusalemme, per noi è una non meno importante tappa verso la Pasqua, a cui ci stiamo preparando in questi quaranta giorni di cammino.
Presi per mano dall’evangelista Luca, attraverso l’ascolto della parola, ricalchiamo anche noi i passi dei discepoli e viviamo, nella nostra interiorità, quanto da essi vissuto.
Gesù prende con sé i discepoli per vivere un tempo di preghiera. È solo Luca che sottolinea come l’episodio che leggiamo sia, per certi aspetti, un’esperienza mistica. Viviamo immersi nello spazio e nel tempo, in una realtà che costantemente ci offre risorse e limiti; oltre tutto ciò esiste però anche uno “spazio” abitato da Dio, uno “spazio” che è sempre estremamente vicino a noi, ma anche estremamente lontano se non diamo a Dio occasione di manifestarsi, se non ci diamo la possibilità di sintonizzarci con Lui. Nel cambio di aspetto che Gesù manifesta nell’episodio che si legge oggi, non ci viene detto che Gesù diventa un altro rispetto a quello che è sempre stato, ma che si rende visibile la sua identità più profonda, a cui non si può accedere se non nella preghiera. Quanto detto per Gesù, vale anche per noi. Da un lato la preghiera ci offre la possibilità di cogliere la trasfigurazione del nostro volto, perché ci appaia qual è la nostra più autentica identità, illuminata dalla luce del volto del Padre. Dall’altro lato la preghiera ci offre la possibilità di cogliere in profondità anche l’identità di quanto ci circonda, delle relazioni che viviamo, dei rapporti che ci accompagnano ogni giorno. Alla realtà, ci dice oggi il Vangelo, dobbiamo accedere con i sensi e con la preghiera: i primi ci dicono quel che il mondo è, la seconda ci svela quel che il mondo è chiamato ad essere, la sua identità più intima, il suo senso, comprensibile solo attraverso gli occhi di Dio. La preghiera non è altro che questo: accedere al mondo con gli occhi del Padre di Gesù, mediante la forza dello Spirito che viene dato in dono.
Quanto accade ai discepoli ci suggerisce un'altra considerazione per la nostra vita: di fronte al manifestarsi di Dio l’uomo è colpito dal torpore dell’incomprensione. Nella sacra Scrittura ci sono tantissime persone che incontrano Dio nel sonno grazie a dei sogni, o che dal sonno sono colpite mentre Dio agisce per liberarle, salvarle, chiamarle. La situazione umana del sonno ci dice che di fronte al mistero di Dio “ci stiamo” anche se non sempre “ci siamo”. “Ci stiamo” perché ne siamo rapiti, avvolti; con Lui entriamo in contatto, ma questo incontro produce spesso in noi una sensazione di incomprensione, per questo non sempre “ci siamo” con tutto noi stessi, di fronte a Lui. Parlare dell’incontro con Dio è come raccontare un sogno dopo il risveglio: abbiamo impressioni, sentimenti, emozioni, ma il tutto nel suo complesso ci sfugge. La stanchezza ci prende perché percepire la presenza di Dio è un mistero che ci supera, che non possiamo abbracciare, ma dal quale possiamo solo farci abbracciare, come accaduto ai discepoli.
Infine non possiamo tacere la distanza che separa Gesù dai discepoli, misurandola a partire quanto ciascuno dice. Gesù con Mosè ed Elia parla dell’uscita da sé che vivrà a Gerusalemme, parla del suo “esodo”, del suo passaggio da una condizione ad un’altra, da una forma di affidamento umano al pieno affidamento della propria vita nelle mani del Padre, vissuto nel momento della morte. Al contrario le parole di Pietro mostrano una tentazione: quella dell’immobilismo. Le tre tende che vorrebbe fare richiamano l’attesa del Messia che deve venire. Pietro sembra non rendersi conto che il Messia è già lì, davanti ai suoi occhi. Pietro lo cerca nella conferma delle sue abitudini, lo cerca in un ascolto delle Scritture che rischia di divenire superficiale. Dialogando autenticamente con la Legge e i Profeti, Gesù riesce invece a cogliere quale sarà il suo esodo, comprende a cosa il Messia è chiamato e per questo, pochi versetti dopo l’episodio che oggi si legge, Gesù renderà il suo volto, oggi luminosamente cambiato d’aspetto, fermamente rivolto a Gerusalemme, per andare a compiere la sua missione, affidatagli dal Padre e nuovamente compresa nel dialogo vissuto sul monte con Mosè ed Elia. L’incontro con Dio è sempre gravido di decisioni, di movimenti, di drastici cambiamenti nella vita. Non si è più se stessi quando si incontra Dio davvero, almeno non lo si è più come ci si era pensati, perché si scopre qualcosa di sé che prima ci sfuggiva.
Ed è proprio questo quel che ci auguriamo anche noi, per il nostro cammino di fede in questa quaresima. Ci auguriamo il coraggio di salire con Gesù sul monte della preghiera, di lasciare che il Padre operi dentro e oltre il nostro torpore e ci doni la grazia di un reale cambiamento, per orientare con forza il nostro volto, verso la meta a cui Dio ci chiama.
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