Da Miart al Fuori Salone, due settimane tra arte e design
Dopo tre anni Milano è tornata a ospitare nel mese di aprile sia la settimana dell'arte che quella del design con i due appuntamenti ormai imperdibili: la fiera dell'arte MiArt e il Salone del Mobile con l'enorme palinsesto di eventi del Fuori Salone.
La settimana dell'arte si conclude oggi per passare il testimone a quella del design: due eventi di punta dei rispettivi mondi, anche se quello del Salone ha ormai raggiunto dimensioni impressionanti ed è certamente l'evento mondiale del settore, mentre nell'arte Milano è ben lontana dagli eventi di punta in Europa che rimangono Basilea e il Tefaf di Maastricht.
Prima considerazione: Milano probabilmente oggi è riuscita a divenire il più grande incubatore di arte contemporanea d'Europa, con il maggior numero di giovanissimi artisti che la scelgono per studiare lavorare sperimentare e creare. Questa grande energia nuova, propositiva e positiva si è percepita chiaramente durante la settimana dell'arte: tantissimi eventi pieni di voglia di incontrarsi, con un entusiasmo assolutamente palpabile, e con punte di grande raffinatezza in alcune gallerie come la installazione di Giò Pomodoro alla galleria Secchi curata da Rossella Farinotti, un'opera splendida del 1968 che ha ritrovato vita immersa in un bellissimo evento pieno di musica originalissima e di entusiasmo, a riconferma che quando l'arte è 'avanti' si trova perfettamente a proprio agio nella contemporaneità di 50 anni dopo. Diversa invece, nel senso di un po' sempre uguale a se stessa, l'offerta della Fiera: grandi gallerie che offrono i soliti grandi classici del passato, Fontana, Rotella, Arnaldo Pomodoro, Burri etc a profusione e a riconferma del vecchio adagio secondo cui i ricchi comprano sempre le stesse cose…La sezione emergenti non ha forse brillato per qualità dell'offerta ma certamente lo ha fatto per grinta entusiasmo e voglia di emergere e ripartire, e questo a mio avviso a conferma di quanto sopra: Milano è un grande prezioso incubatore spontaneo di giovani promesse, ma sarebbe assolutamente tempo che chi investe in arte buttasse un occhio e un po' di soldi anche nei giovani che scelgono questa città. Gioverebbe alla produzione e alla qualità dei giovani artisti e galleristi, svecchierebbe le collezioni domestiche e aiuterebbe ad uscire gradualmente da un passato recente dell'arte contemporanea italiana assai prestigioso ma che comincia oggettivamente a essere stiracchiato come il poco burro su troppo pane.Va invece notata come assolutamente positiva la sempre più interessante componente "glamour" della fiera dell'arte milanese, che attrae molto più di un tempo autorità politiche e gente della moda e dello spettacolo, un riconoscimento che il mondo dell'arte meritava da tempo.
Sul fronte del Design la situazione è ben diversa: ci si attende una vera invasione di turisti che forse col design hanno ben poco a che fare ma che viaggiano sul vecchio infallibile adagio gaberiano che "quando è moda è moda!". Una crescita vertiginosa di consenso che ha certamente giovato ad alberghi e ristoranti ma molto meno alla qualità degli eventi "fuori-salone" che sempre meno hanno della grande originale spontanea creatività degli anni di via Tortona. Ma non può che essere così, la massificazione di un evento porta con sé sempre un abbassamento di originalità e spesso anche di qualità.
Questo però nulla toglie al vero cuore del Salone che è il design: gli addetti ai lavori viaggiano su un binario parallelo in cui bisogna ammettere che le premesse sono ancora una volta le migliori. Sono stato alla anteprima dello spazio Rossana Orlandi, icona assoluta del design italiano, che come sempre stupisce per la capacità di proporre ogni anno accanto ai designers affermati (tra i quali oramai è inserita a pienissimo titolo la nostra cremasca Manu Crotti) nuovi talenti davvero stupefacenti, segno tangibile che a differenza di quanto accade nell'arte chi spende nel design è assolutamente attratto anche dalla novità, e in un certo senso proprio questo marca una differenza importante (e schiacciante) sul mondo dell'arte. L'offerta dei prodotti del design milanese sprigiona ovunque internazionalità sia di talenti che di acquirenti, sperimentazioni avventurose sia nei materiali che nelle proposte di oggetti che in fondo sono destinati a stare in casa ma che potrebbero tranquillamente stare in un museo, ma super contemporaneo però. E il parterre super internazionale dei presenti conferma un altro dato ormai incontrovertibile: il design è oggetto del desiderio di tutti i paesi del mondo e Milano ne è diventata il centro espositivo nevralgico, almeno in questa settimana.
(La foto del professor Martelli è di Daniele Mascolo)
Sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano
Docente di archivistica all'Università degli studi di Milano
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