Energie alternative e consumo di suolo nel casalasco: il caso ex Roserpa
È mai possibile che quasi tutte le conquiste dell’ecologismo o comunque dell’orientamento di una parte della ricerca ed applicazione tecnologica a favore delle energie rinnovabili, si ritorcano sistematicamente e perversamente contro la natura e il suolo? Penso non solo alla follia della proliferazione degli impianti di biogas (e alla monocoltura del mais), ma anche all’attuale sbornia delle vetture elettriche, a tutto vantaggio delle città dell’Occidente, ma a discapito dei luoghi dove pure si deve produrre (magari sempre con combustibili fossili) l’energia necessaria, dove estrarre le terre rare e dove stoccare le batterie dismesse. Ma penso anche a un certo abuso od uso distorto delle pale eoliche e del fotovoltaico. Bisogna ammettere che a monte di certe scelte (penso proprio al biogas promosso sulle riviste ecologiste degli anni ’80) ci siano stati anche da parte del movimento verde degli errori di valutazione, delle sottostime degli effetti collaterali o delle sovrastime dei reali benefici di certe opzioni alternative all’energia prodotta da combustibili fossili, errori comprensibili cui si può incorrere quando si è incalzati dalla necessità impellente e improrogabile di pensare ad alternative. Mi pare che, rispetto a tutte queste opzioni, per esperienza ormai lunga e conoscenze acquisite, si possa beneficiare di una distanza critica che consenta una più attenta valutazione del rapporto costi/benefici e la prevenzione degli effetti collaterali.
I correttivi, per quanto parziali e legati alle imperfette tecnologie esistenti, ci sono e riguardano il fatto che la loro applicazione non sia legata unicamente al business o alle politiche spesso miopi delle amministrazioni, ma a una corretta e pianificata logica installativa e di insediamento che, possibilmente, non comporti altro consumo di suolo e distruzione di verde e natura. “Natura”? Ma si può ancora pronunciare questa parola (come quelle di “Pace”, “Giustizia”, “Libertà”) senza un contradditorio?!? Si può ancora affermare che abbiamo bisogno di aria pulita senza che ci sia a controbattere un illustre sapientone che sostenga che si vive meglio e si campa più a lungo vicino alle ciminiere di un’acciaieria?
Dalla cronaca tuttavia, malgrado tutto, sembrano giungere alcuni segnali positivi, progetti sensati (magari ora solo sulla carta) o fatti concreti intorno a insediamenti energetici che non comportano distruzione di suolo vergine. Penso ad esempio all’idea di installare impianti fotovoltaici lineari sopra le canaline a sponde cementizie, idea forse da valutare in tutte le sue possibili criticità funzionali, non ultime quelle paesaggistiche, ma non da scartare a priori, purché non si risolva in una sistematica e indifferenziata “tombinatura”. Però, francamente, darei la priorità a tante aree industriali dismesse, alle superfici di copertura di smisurati capannoni, ecc.
In tale prospettiva è arrivato finalmente anche il momento del riuso della super-degradata area ex Roserpa in quel di Agoiolo, frazione di Casalmaggiore.
Perduta l’opportunità di installarvi il nuovo palazzetto dello sport di Casalmaggiore, come invece auspicato da molti cittadini, in una zona ottimamente servita da quattro strade e non a ridosso di argini, di siti potenzialmente archeologici e di fatto di interesse monumentale e paesaggistico, la sua destinazione attuale appare infine il male minore, se non addirittura un bene.
Immaginiamo che ciò avvenga secondo un piano nazionale, perché, quando si parla di energia, sarebbe insensato lasciare tutto all’iniziativa privata. Immaginiamo bene o male?
Un parco fotovoltaico almeno eviterà quel transito o stazionamento di persone che, diversamente, potrebbero portare un centro commerciale (di cui peraltro non si sente il bisogno) o un insediamento abitativo, dato il degrado dell’area e l’inquinamento di un suolo la cui bonifica, per quanto accurata e non limitata alla superficie, non potrà facilmente renderlo di nuovo salubre.
Con questo non si vuol sostenere che l’area ex Roserpa sia il vaso di Pandora di tutti i mali del Casalasco, benché le storie raccolte in questi decenni, di cui tutti parlano in privato e di cui nessuno ha mai avuto il coraggio di farne l’oggetto di una pubblica denuncia, lo lascino credere, perché, se così fosse, sarebbe meglio lasciare tutto com’è, non disboscare, come si è appena fatto, quell’area lasciata per tanti anni incolta. Speriamo solo che le coperture in fibrocemento di quei fatiscenti capannoni siano state non solo abbattute, ma anche raccolte con cura, perché si sa che l’amianto polverizzato, in caso di semplice demolizione con ruspe, sarebbe quanto di più pernicioso per la salute non solo degli operatori che lavorano nel cantiere, ma anche per gli abitanti della zona. Ma per le operazioni di bonifica, condotte (come ci viene detto) secondo i parametri imposti da Regione Lombardia, attendiamo pure che vi siano accurate verifiche con contatori Geiger, se è vero che, come raccontavano abitanti della zona, nel sottosuolo sarebbero stoccati bidoni di sostanze nocive e addirittura rifiuti ospedalieri radioattivi. «Leggende metropolitane!» - mi ripeto sempre, perché al solo pensiero non ci sarebbe da dormir di notte, considerando che in questi decenni ad Agoiolo c’è stato un morto di tumore o un ammalato (con patologie non sempre ben identificate) quasi in ogni casa. Mah! I fattori d’inquinamento e di avvelenamento sono così tanti e diversificati che diventa difficile stabilire la provenienza dei più nocivi e dimostrare un rapporto di causa-effetto sulla salute, persino quando la cosa è palese come a Casale Monferrato.
Ricordo che, quando mi sono trasferito da queste parti, più di trent’anni fa, nelle notti d’estate non potevo tenere aperte le finestre perché puntualmente, dopo l’una, entrava un pungente e insopportabile odore chimico. Forse fui il solo abitante ad averlo avvertito perché nemmeno il prete del paese se n’era accorto o aveva sentito lamentarsene i parrocchiani. Così va il mondo! Non sono mai riuscito a risalire alla fonte, nonostante le mie perlustrazioni notturne. Non proveniva – voglio precisarlo – dall’area ex Roserpa, seppure lì i capannoni, illuminati all’interno, sembrassero più attivi di notte che di giorno, neppure da altre industrie ed attività locali. Magari giungeva da molto lontano (dal Viadanese?), portato dal vento proprio nella zona in cui abitavo. E meno male che, dopo tanti anni, il vento ha cambiato il suo giro!
Ma torniamo al cantiere attuale nell’area ex Roserpa, per la cui concessione il Comune di Casalmaggiore è riuscito a strappare alla SEI di Mantova, l’azienda, parte del gruppo TEA, che si occupa della realizzazione del parco fotovoltaico, la sponsorizzazione di un tratto di pista ciclabile, per ora isolato, vista la mancanza di connessione con Casalmaggiore, ma in vista di un suo opportuno futuro completamento. A proposito di piste ciclabili, vorrei però riaprire brevemente un discorso, vecchio per me che mi trovo sempre a parlarne, ma che pare entrare nella testa di pochissime persone e di quasi nessun amministratore. Sono certamente favorevole alle piste ciclabili, data la pericolosità delle nostre strade (trafficatissimo anche questo tratto della bassa di Casalmaggiore) e l’incoscienza sempre più diffusa di chi è al volante (giusto un mese fa, su un tratto di autostrada fra Piacenza e Melegnano, non si contavano le vetture lanciate a grande velocità coi fanali spenti nella nebbia!), purché questo non comporti, come purtroppo si nota spesso nel Casalasco (e immagino un po’ ovunque), l’interramento di fossi e canali di scolo. Questi infatti non sono sostituibili, per portata e velocità di drenaggio, con una tombinatura: lo dice la fisica idraulica, lo dice il buon senso! Il pericolo sempre più incombente di alluvioni evidenzia la necessità di tutelarli come preziosi beni di tutta la comunità. Altrove lo si è capito e ho potuto notare che in diversi casi (per esempio nel Parmense), se la costruzione di piste ciclabili è stata realizzata sopra dei fossi, si è sopperito al problema con l’escavazione di nuovi canali a fianco delle medesime piste.
Il cemento, tuttavia, è sempre più forte della scienza e del buon senso, della sicurezza e della salute delle persone. È forse un segno dei tempi che quegli edifici che un tempo erano i Consorzi agrari, dove si ammassavano i cereali e si vendevano sementi e prodotti per l’agricoltura, siano stati convertiti in depositi di prodotti per l’edilizia. Siamo diventati un paese di coltivatori diretti di cemento. Che importa? Il suolo non manca, l’Italia è mostruosamente vuota e la Terra è incontestabilmente piatta e infinita!
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commenti
Antonia
20 febbraio 2024 13:05
E che dire della situazione disastrosa di Piadena? Un incontrollato sviluppo di poli logistici ( 500.000 mq ) a sud del paese e un altro tra Piadena e Pontirolo Capredoni sono un'autentica rovina del territorio ....e l'Amministrazione che fa? Tace e acconsente...perché?????? Poi ci si lamenta dell'inquinamento, del dissesto idrogeologico ecc ecc. Qui, nella Bassa, si permettono ' investimenti ' che in altri luoghi non si potrebbero certo fare.....Bravi, complimenti!!!!