23 agosto 2021

Femministe: muro di silenzio sulla violenza dei talebani nei confronti delle donne afghane

Scusate, ma dove sono finite le famose femministe? Perché questo muro di silenzio? Per le donne afghane - donne e madri da Nobel - solo fredde e comode frasi di circostanza. Niente da dire sulla violenza dei talebani che le rastrellano casa per casa, vietano il diritto allo studio e alla libera circolazione, impongono l’Islam duro e puro e se sgarrano le ammazzano anche per strada, giusto come facevano i nazisti? Dove siete? Ancora in ferie? Bocche cucite. Nessun predicozzo sul loro ritorno al burqa, nessuno dei soliti slogan, nessun sermone sulle libertà violate? Un mutismo inquietante. Non ci posso credere. Voi zitte? Voi che ad ogni stormir di fronde avverse, vi precipitate in piazza e come le Parche, figlie della Notte, vi assumete il compito di tessere il filo del fato e di reciderlo secondo l’uzzolo o la gnagnera del momento ticchio? Vi siete distratte, tra barche e ombrelloni, o c’è dell’altro? Coraggio, fatevi sentire. Date volume alla vostra collaudata indignazione. Suvvia, non ci possono essere solo le performer della festa kitsch della Diletta Leotta (avete ragione, quelle donne-paralume non erano un’opera d’arte strappata alla Biennale di Venezia) a sollevare il vostro giusto dispetto. Avete fatto bene. Ora qui invece si parla di una tragedia immane, di figli strappati alle madri, di donne stuprate nel corpo e nell’anima, di torture. L’orologio della storia è rinculato di vent’anni . In Afghanistan le donne diventano schiave o muoiono.

Non basta dire “ apriamo corridoi umanitari “, “ accogliamole”. No, ci vuole una levata di scudi epocale, transnazionale, globale. Le opportunità non mancano. E l’appello va dritto alle radical che conosciamo. Un gruppo forte, illustre, griffato, una grancassa mediatica che funziona. Una tempesta tropicale di voci, richiami, campane a martello. In questo non han rivali. Allora , brava gente, fatevi avanti. Cominciate a comunicare con sentita partecipazione la vostra rabbia, il vostro dolore solidale, la vostra fede nei diritti umani, la vostra insopprimibile voglia di libertà. E chiamo in causa tutte le donne di buona volontà. Ne cito qualcuna, sul filo della memoria: Luciana Litizzetto, la giornalista Rai Giovanna Botteri (è già stata in Afghanistan al tempo del crollo talebano). Come ha trovato il tempo per il Festival di Sanremo a duettare con Amadeus e Fiorello, certamente troverà il modo di farsi sentire, anche da Pechino dove oggi risiede. E dai palazzi di New York è atteso l’urlo della pasionaria palestinese Rula Jebreal che sul palco dell’Ariston ha bacchettato gli uomini che sfruttano le donne. Quindi sa cosa dire. Dal suo tour canoro (“ Padroni di niente“) potrebbe farsi sentire Fiorella Mannoia. La voce non le manca. Perché limitarsi ai tweet? E poi c’è Laura Boldrini, in gran spolvero alla festa dell’Unita’ di Grottamare. E poi c’è la Michela Murgia, scrittrice e blogger, pure opinionista del tubo ( catodico ), attivista della parità di genere. Nel suo ultimo libro (“ Stai zitta e altre nove frasi che non vogliamo sentire più “) spiega, con una lucida analisi, che la violenza nei confronti delle donne passa anche attraverso il linguaggio. D’accordo, l’italiano sarà anche una lingua fortemente maschilista. Nulla in contrario allora che si dica, ad esempio, avvocata e sindaca. E nemmeno architetta. Ci sta. Però tra tanta accademia, tra tanto sfoggio virtuosistico di inutile abilità, una parola a sostegno del coraggio atomico delle donne afghane la vogliamo dire? Se non serve agli studenti delle scuole coraniche, di sicuro serve a interrompere questo assordante silenzio. Un ossimoro calzante. L’unione impossibile di due opposti: voi e loro.

 

Enrico Pirondini


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