Gesù è Re perché non baratta mai l’amore
Oggi concludiamo l’anno liturgico celebrando la solennità di Cristo Re dell’Universo. “Salutiamo” il Vangelo di Marco – anche se oggi leggiamo quello di Giovanni - che con la sua freschezza e immediatezza è risuonato nelle nostre chiese e nel nostro animo per dodici mesi e accogliamo – con l’inizio dell’Avvento - quello di Luca, così commovente nel raccontare la mansuetudine di Cristo.
Cristo Re può apparire una festa anacronistica – fu istituita da papa Pio XI nel 1925 contro le emergenti ideologie statolatriche che miravano a controllare le coscienze delle persone – ma che in realtà svela, ancora una volta, la bellezza dell’umanità di Gesù.
Una cosa è certa, occorre svestire questa festa da ogni retorica. La regalità di Cristo non reclama gli sfarzi della liturgia o enfatiche professioni di fede! Il brano giovanneo, infatti, ci presenta Gesù in uno dei momenti più umilianti della sua storia terrena: il processo farsa dinanzi a Pilato. Eppure, proprio in questa avvilente situazione, nonostante le catene, le percosse e i dileggi, egli mostra una sovrana libertà, una sublime regalità nell’affrontare l’istruttoria del funzionario imperiale.
Pilato, pur rappresentando il potere di Roma, infatti, appare il vero prigioniero: egli, pur conoscendo la verità, – l’innocenza di Cristo – cederà nei versetti successivi al ricatto dei sacerdoti, degli scribi e dei farisei e lo condannerà a morte. Il Procuratore ha paura di una ennesima rivolta del popolo, teme che anche questo affare mal gestito possa giungere agli orecchi di Cesare e minare la sua carriera. A Pilato, come a molti uomini di potere, non interessa la verità, ma una versione dei fatti che sia vantaggiosa per lui e per il regime che rappresenta. Per questo motivo – pur lottando brevemente con la propria coscienza – farà morire Gesù calpestando la verità. Con quella domanda impressa a caratteri di pietra sull’altare della storia - “Che cos’è la verità” – egli mostra arrendevolezza e rassegnazione: per chi brama il potere, per chi coltiva solo la propria carriera e la propria immagine, per chi cerca il proprio interesse, la verità resta un accessorio.
Di fronte alla fermezza di Cristo che mai arretra, Pilato svela tutta la sua vulnerabilità: è lui il vero prigioniero, mentre Cristo è il grande accusatore!
Lo stesso discorso vale per i capi del popolo: essi sono schiavi del pregiudizio, di una visione rassicurante della religione che mai li costringa a mettersi in discussione! Non cercano l’autentico volto di Dio, ma quello che si sono costruiti e che li rassicura in base alle proprie convinzioni.
Gesù è Re perché è libero, l’unico realmente libero in questa farsa; Gesù è Re perché non baratta mai l’amore per qualche interesse di parte: nonostante sia consapevole di andare incontro ad una morte atroce non retrocede. Egli continua a credere nell’amore anche se il destinatario di questo amore risponde con gli sputi, la violenza, la morte. Pilato e i capi degli ebrei non sanno amare perché prigionieri dell’egoismo e della convenienza: non conoscono altra legge che quella del tornaconto personale, sono ambiziosi e arroganti ma allo stesso tempo pavidi e tremebondi. Sono dei deboli e degli schiavi: l’amore, infatti, rende liberi e infonde una forza e una energia straordinari per affrontare anche le prove più terribili.
Gesù è libero, è Re, perché non rinuncia alla ricerca della verità anche se questa costa persecuzione ed emarginazione, anche se lo porterà a perdere la propria dignità e ad assumere il volto dello sconfitto.
La sera del 15 settembre del 1993 un gruppo di killer affrontava sotto casa don Pino Puglisi e metteva a tacere la sua voce. Salvatore Grigoli, l’assassino poi divenuto collaboratore di giustizia, ha raccontato: “Il padre si stava accingendo ad aprire il portoncino di casa. Aveva il borsello nelle mani. Fu una questione di pochi secondi: io ebbi il tempo di notare che lo Spatuzza si avvicinò, gli mise la mano nella mano per prendergli il borsello. E gli disse piano: padre, questa è una rapina. Lui si girò, lo guardò, sorrise – una cosa questa che non posso dimenticare, che non ci ho dormito la notte – e disse: me l’aspettavo. Non si era accorto di me, che ero alle sue spalle. Io allora gli sparai un colpo alla nuca”. Fuggiti gli assassini, il primo ad accorrere sulla scena del delitto fu un vicino di casa che trovò il sacerdote con le braccia in croce, raccolte sul petto, come in un’ultima preghiera. Il suo volto era sereno, quasi sorridente!
Don Pino, imitando Cristo nell’amore e nella ricerca della verità, ha affrontato la morte da Re. È lui il vero vincitore, i suoi carnefici gli sconfitti.
Con oggi termino il commento ai Vangeli domenicali dopo tre anni intensi e ricchi di soddisfazioni. Ringrazio di cuore il direttore e amico Mario Silla per avermi dato l’opportunità di comunicare ciò che la Parola mi suggeriva. La passione per la scrittura - e per il giornalismo - certamente mi ispirerà altre collaborazioni con Cremonasera.it testata on line che in pochi anni si è imposta all’attenzione del grande pubblico per rigorosità e profondità di argomenti. Ai miei “venticinque lettori” – Manzoni mi perdonerà! – non un addio, ma un arrivederci.
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commenti
Stefano
24 novembre 2024 09:47
"A Pilato, come a molti uomini di potere, non interessa la verità, ma una versione dei fatti che sia vantaggiosa per lui e per il regime che rappresenta". Bravissimo, parole sante. Quante prove ho sopportato nella vita, o verificato nella vita altrui, a conferma di questo.