27 gennaio 2023

Giornata della Memoria, portare la testimonianza perché non prevalga l'indifferenza

La Memoria è senza alcun dubbio uno dei più potenti anticorpi da iniettare con grande forza nel corpo malato di una società, italiana ed europea, dove i batteri del razzismo, a fronte delle immigrazioni, sono sapientemente messi in un brodo di coltura fecondato dalla paura, – del diverso, dello straniero – che deforma prima di tutto noi stessi, con il rischio di farci smarrire il senso dell’appartenenza ad un’unica razza, quella umana. Purtroppo il venir meno dei testimoni rende molto più difficile la sua conservazione e la sua trasmissione.

L’allarme lanciato dalla senatrice a vita Liliana Segre, su quella “riga e mezza” che resterà nei libri di storia dopo la scomparsa dei testimoni, per essere poi definitivamente cancellata, pone il grave problema della scomparsa dei testimoni. Sono venute a mancare negli incontri con gli studenti del nostro territorio le testimonianze di Riccardo Goruppi, giovane partigiano triestino appartenente alla minoranza slovena, deportato a Dachau e in altri sottocampi; di Armando Gasiani, bolognese, giovane partigiano sopravvissuto all’inferno di Gusen, sottocampo di Mauthausen; di Nedo Fiano e Elisa Springer, sopravvissuti ad Auschwitz. Rimane il loro silenzio, la loro assenza, compagni preziosi ai quali ripensare mentre si percorrono le strade dei lager della loro prigionia.

In aprile, visiteremo con gli studenti il lager di Natzweiler-Struthof sui Vosgi senza aver sentito la testimonianza di Boris Pahor che, ormai centenario, per due volte venne a Cremona per incontrare i ragazzi che avrebbero visitato la sua ”Necropoli”, abitata da migliaia di corpi scheletriti, ridotti a legni da bruciare nel forno crematorio che riscaldava anche l’acqua delle docce dei deportati lasciati nel gelo dei Vosgi.

Il testamento dei sopravvissuti ai campi di concentramento tedeschi, a fronte del diradarsi delle loro fila, afferma che “Gli ex campi di concentramento sono oggi testimoni di pietra (…). Sono prove contro i tentativi di negare e minimizzare la storia e devono essere conservati a lungo (…). E’ dovere della Germania, di tutti gli stati europei e della comunità internazionale “preservare e onorare anche in futuro i doni umani della memoria e del ricordo”.

Per rendere omaggio alla Memoria delle vittime dei campi in 14 nazioni europee, abbiamo percorso, in circa dieci anni, l’Europa alla ricerca delle tracce lasciate nelle foreste, sulle colline, nelle città, dai campi creati dal sistema concentrazionario voluto dai nazisti tedeschi, ma poi integrato - e supportatodai regimi fascisti di tutta Europa, come quello dei solerti governi collaborazionisti, che erano sorti in tutti i Paesi europei occupati dai nazisti. Il Regno d’Italia del fascismo mussoliniano e della monarchia sabauda aveva invece precorso il nazionalsocialismo, con le leggi e le condanne inflitte agli oppositori politici prima del 1933.

Percorrere queste strade da sud a nord e da ovest a est in un paesaggio profondamente mutato, dove spesso una boscaglia ha ricoperto chilometri di binari abbandonati che ti riportano alla mente le immagini delle migliaia di treni che instancabili trasportavano il loro tragico carico di Stücke, di “pezzi”, di uomini, donne e bambini, un’umanità destinata a diventare cenere o ossa umiliate anche dopo la morte.

La fotografia è uno strumento di documentazione importante, perché, attraverso l’occhio del fotografo che mette sulla stessa linee di mira “l’occhio, la mente e il cuore”, come afferma il fotografo Francesco Pinzi (citando Henri Cartier Bresson) che ha scattato migliaia di fotografie in 130 campi, raccolti nel volume “1933 – 1945 Lager Europa. Viaggio nel sistema concentrazionario nazifascista”.

Questa amplissima documentazione testimonia come sia importante non dimenticare, andando a visitare questi luoghi, testimoni di atrocità e di sterminio, con la consapevolezza che sono dei grandi cimiteri che richiedono il nostro assorto silenzio e la nostra conoscenza di ciò che lì è accaduto. Dopo il sofferto commiato dalle migliaia di ombre che ancora li popolano, possiamo anche noi portare la nostra testimonianza alle giovani generazioni, perché non prevalga l’indifferenza che potrebbe cancellare la Memoria delle sofferenze di milioni di vittime, come ci ha ricordato la senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz, ma oggi minacciata, offesa, insultata e costretta a vivere protetta da una scorta.

Responsabile del Progetto
Essere cittadini europei. Percorsi per una Memoria europea attiva
 
Ilde Bottoli


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