I motti ufficiali degli Stati: da "Ordem e progresso" a "Guidare e servire". Ma l'Italia non ce l'ha
Alcuni sono in latino, altri in lingua odierna o tradizionale, altri sono acronimi. In base alla vita di un popolo o di una nazione possono avere significati diversi, significati che, a volte vengono impressi sulla bandiera di uno stato, a volte sono il titolo di un inno nazionale ma, spesso, tendono ad identificare lo spirito di uno Stato. In alcuni casi sono motti in uso comune all'interno di alcuni confini, anche se non formalizzati, mentre altre volte non esistono per nulla, come per l'Italia repubblicana.
Leggendoli si può capire qualcosa in più di una nazione, se il motto brasiliano “Ordem e Progresso” presente sulla bandiera nazionale chiarisce, anche senza conoscere il portoghese, quali siano i punti fermi di una nazione, quello di Gibilterra, praticamente adagiata quasi tutta sulla sua famosa rocca è molto più diretto “Non espugnabile da alcun nemico”, quasi a chiarire che per entrare nel Mediterraneo dall'Oceano Atlantico o viceversa c'è quella rocca a vigilare senza poter essere conquistata. Delle circa 200 bandiere che raccontano, con i loro motti nazionali, parte della storia di un popolo alcuni termini spuntano spesso: Dio, Patria, Lavoro, Pace, Terra per citarne alcuni, ma se in Francia sono sacri e inseriti formalmente in molti atti ufficiali dai tempi di quel 14 luglio 1789, le parole come Libertà, Fratellanza, Uguaglianza, chiariscono che quel motto sta in piedi perché tutti e tre i vocaboli hanno bisogno l'uno dell'altro. Potere della parola applicato ai valori della società, sia che si tratti di un Giuramento solenne effettuato nella sala della pallacorda o di semplici parole, ma con un significato molto ampio, inserite all'interno della Costituzione, parole che acquistano un valore differente da quello che le vedeva in uso solo come struttura di un pensiero sociale.
I motti, con le bandiere, raccontano, spiegano o avvertono, ovviamente capire fino in fondo il significato di entrambi implicherebbe conoscere, o magari aver vissuto, la storia che ha dato origine a quelle parole o a quei colori, trovarseli davanti all'ingresso di un aeroporto spiega dove sei ma non come quegli idiomi siano stati scritti. Alcuni paesi hanno frasi che è difficile capire fino in fondo, altri si rivolgono a riferimenti geografici come le Isole Canarie che racchiudono tutto nella semplice parola “Oceano”, luogo al quale appartengono o il Canada che racconta i suoi spazi con un più ampio “Da mare a mar”. Colonialismo, balcanizzazione, caduta del Muro di Berlino e rivoluzioni hanno creato nei secoli, come negli ultimi decenni, bandiere e frasi che sintetizzano la vita e le scelte di un popolo, provare a leggerli con il passare degli anni seguendo le vicende quotidiane riesce a creare una sorta di viaggio nel globo ben più interessante delle immagini di Google Maps, A poco meno di tre ore di macchina da Cremona troviamo la parola “Libertà”, parola che dovrebbe essere diffusa in tutto il globo, ma che in questo caso appartiene e da secoli raccoglie il pensiero, nonostante la sua semplicità ed immediatezza, della Repubblica più antica al mondo, quella di San Marino. La storia racconta la geografia spiega; seguendo il corso dei secoli, delle guerre, delle ribellioni, delle scelte sociali possiamo trovare un aiuto nel vedere e nel capire le parole che compongono la vita di una di una nazione. La relativamente giovane Estonia, relativamente in quanto dopo l'indipendenza dall'Impero Russo nel 1918 ha ottenuto il suo stato attuale separandosi dall'URSS nel 1991, sembra offrire con il suo “Positivamente sorprendente” un approccio da XXI secolo, ben diverso di quello cileno “Per Ragione o per Forza”.
A Cremona il secolare “fortitudo mea in brachio” racconta, tra mito e realtà, la storia di una ribellione popolare ad un potere politico che opprimeva i cremonesi. Una ribellione, per fortuna, nata in maniera incruenta e risolta da quel Giovanni Baldesio che oggi capeggia un po' dappertutto in città ma soprattutto come motto cittadino, capeggia perché narra la storia di una città e dei suoi abitanti. Il nostro breve e sintetico viaggio tra quei racconti scritti dai singoli paesi dovrebbe fermarsi e concentrarsi su un piccolo atollo di isole perse nell'Oceano Pacifico. E' una locazione strana come punto di arrivo di una piccola gita, ma è una locazione dove uno Stato ha deciso di lasciare ai suoi cittadini una frase che dovrebbe essere presente sempre nella testa dei politici italiani, di qualsiasi livello si parli. Le Isole Salomone hanno come motto nazionale “Guidare è servire” ma, a scanso di equivoci e prima che qualcuno voglia riferire la frase alle attività professionali volte al trasporto di merci e persone, vale pena scriverlo nella forma originale, ovvero in inglese: “To lead is to serve”. Il verbo to lead, da cui derivano amatissimi termini tipici della politica italiana come leader o leadership buttati quasi a caso in programmi elettorali, identifica quelle persone che, in una democrazia ma non solo, vengono chiamate a guidare qualsiasi realtà legata al popolo a cui appartengono. Il motto specifica, con il verbo essere, il fatto che quelle stesse persone sono al servizio di quella società alla quale appartengono e di quel popolo che rappresentano, quindi svolgono la loro attività per servire tutto il popolo anche se di estrazione sociale o politica differente da quella del leader. Un passaggio mica da poco pensandoci bene, una sorta di sintesi perfetta del pensiero democratico e della scelta di impegnarsi nel mondo della politica, mondo che, oltre all'invito di leggere con cura Il Principe di Niccolò Machiavelli, dovrebbe sempre rivolgersi al bene dei cittadini, non solo quando quando in ballo ci sono le elezioni.
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