Il cellulare compie 50 anni: mezzo secolo di contraddizioni dalla frenesia della connessione alla akedia dei monaci del deserto.
Era il 3 aprile 1973 quando l'ingegnere della Motorola Martin Cooper faceva la prima telefonata al mondo senza fili. Utilizzò un suo prototipo chiamato DynaTAC: pesava 2Kg, aveva 30 minuti di autonomia e impiegava 10 ore per la ricarica. Intervistato in questi giorni ha dichiarato che presto i cellulari saranno dei microchip innestati nel nostro corpo che ci consentiranno di fare praticamente tutto, ma ha anche ammesso di non aver ancora capito che cosa sia Tik Tok. Ecco in poche parole tutta la immensa portata di questa invenzione prodigiosa e delle sue infinite contraddizioni: lo stesso uomo visionario che prima di tutti ha immaginato una rivoluzione epocale non riesce a capire la sua ultima più banale e diffusa declinazione, l’akedia internettiana.
Per la verità non fu lui il primo a capire che il telefono sarebbe divenuto portabile e che la comunicazione sarebbe stata la grande svolta del '900. Infatti negli archivi del San Francisco Telegraph ho trovato una intervista del 1953 a Mark Sullivan, allora Presidente della San Francesco Téléphonons Company, che si può tradurre più o meno così: "nel suo sviluppo finale, il telefono sarà portato in giro dall’individuo, forse come oggi portiamo in giro un orologio. Probabilmente non avrà bisogno di alcun quadrante o equivalente, e penso che gli utenti saranno in grado di vedersi l’un l’altro, se vogliono, mentre parlano". Un'altra perfetta e strabiliante previsione perfettamente azzeccata, ma con la medesima caratteristica: nessuno di questi due geni della telefonia avevano previsto internet e la sua banale ma sconvolgente applicazione al cellulare.
Lo Smartphone, e cioè il telefono "navigabile" è una delle più travolgenti invenzioni di tutta la storia dell'umanità e che in pochissimi anni ha letteralmente stravolto la nostra vita , in meglio e in peggio. Il telefono è arrivato perfino a sostituire il denaro, ma ci ha anche resi totalmente tracciabili e soggetti a un controllo totale e spasmodico come mai prima.
Ma è anche uno degli strumenti più contraddittori mai realizzati: è la quintessenza della frenesia supercontemporanea, l'essere sempre raggiungibili operativi e sfruttabili, facendoci raggiungere livelli di operatività, efficienza e produttività nemmeno immaginabili solo qualche anno fa e a cui ci siamo già abituati nonostante abbiano radicalmente mutato la nostra quotidianità.
Ma, paradosso assoluto del cellulare, esso è anche all'opposto il più potente strumento di pigrizia mai creato: Tik Tok è esattamente questo, un inesorabile bombardamento di cretinate perfettamente consegnate per spegnere il cervello e renderci completamente apatici per ore ed ore, ed ecco perché i visionari che per primi immaginato il cellulare non lo comprendono nemmeno oggi.
Altro paradosso dei paradossi, la più avanzata conquista tecnologica della storia ci riporta indietro di quasi duemila anni ai deserti dell'Egitto e alla mistica cristiana: la "akedia", dal greco a-kedos letteralmente assenza di dolore, era il più temuto nemico dei mistici cristiani che per primi lasciarono la civiltà urbana per dedicarsi alla vita eremitica nei deserti di Egitto e Palestina, a imitazione dei quaranta giorni trascorsi da Cristo nel deserto durante i quali mise alla prova la sua fede tentato dal Demonio poi sconfitto.
Per questi monaci estremi, il più letale dei pericoli era appunto la akedia, e cioè lo stato di torpore e di depressione malinconica che coglie specialmente chi conduce vita contemplativa, e che colpiva i monaci soprattutto nel primo pomeriggio dopo i pasti, esattamente come capita a noi ogni giorno: pensateci, non c'è momento peggiore della nostra giornata che rependre a lavorare dopo il pranzo.
Perfino nella Bibbia si ammonisce "ti guarderai dal demone del meriggio", e addirittura i monaci medioevali coniarono il temine "malinconia" proprio dalla convinzione che nel primo pomeriggio la bile nera (in greco melan kolé) uno dei quattro umori della medicina antica, prendeva il.sopravvento nel corpo ed era il momento appunto della melankolé…
Il primo a codificare l' "akedia" come uno dei sette grandi peccati fu Evagrio il Pontico, mistico del deserto a cui dobbiamo i sette vizi capitali tra i quali appunto l accidia, e cioè un pigrizia molesta, un abbandono voluto e dannoso delle proprie capacità cognitive ad un torpore ottundente che spegne in noi la tensione morale…praticamente quello che oggi ci succede quando abbiamo il telefonino in mano e navighiamo in internet.
Insomma, passano i millenni e progredisce la tecnologia ma le debolezze umane rimangono esattamente le stesse.
(La foto del professor Martelli è di Daniele Mascolo)
Sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano
Docente di archivistica all'Università degli studi di Milano
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