Il cristiano, già ora, profuma di eternità!
Qual è la più grande paura che un uomo prova nel corso della sua vita? Quella di sentirsi abbandonato, non considerato, non cercato da nessuno. Non è solo questione di solitudine, c’è anche la percezione di non essere interessanti, attrattivi… in una parola di non essere amati.
Chi in tenera età è stato abbandonato porta per sempre questa cicatrice nel cuore, è qualcosa che ti segna continuamente.
Ci sono molti modi per reagire a questa paura. Anzitutto cercando in tutte le maniere di ritagliarsi un “posto” speciale nella società! Tutti – chi più chi meno – anelano ad avere un posto privilegiato perché segno di considerazione, di stima, di interesse… ma c’è anche chi ne fa una questione di vita o di morte, perché tale posto gli assegna finalmente un nome, un cognome, un indirizzo! Quel posto diventa la sua identità profonda! Senza di esso si sentirebbe perso, inutile! Nella cultura dell’immagine in cui siamo immersi tutti, questa “esigenza” è diventata un’ossessione. E per arrivare a quel posto si è capaci di tutto, compreso quello di calpestare gli altri, di usarli per i propri scopi, di disprezzarli. Nel campo lavorativo è forse una delle piaghe più frequenti, ma anche in quello ecclesiale, e non solo tra i sacerdoti! Quante volte il proprio servizio diventa occasione di potere, il proprio gruppo un orto recintato…
Un altro modo per reagire all’abbandono è quello di occupare il tempo in maniera compulsiva, incontrollabile. Ore e ore perse davanti al computer a chattare con gente che magari nemmeno si conosce, a contare i likes messi ai propri post e alle proprie fotografie, a svelare tutto della propria vita come se gli altri non avessero altro interesse se non il colore dei calzini indossati o i chilometri percorsi in campagna. Abbiamo forse perso il senso del pudore…
Chi preferisce ancora il reale al virtuale questo senso di abbandono lo vince immergendosi tutte le sere in feste, aperitivi, cene, balli… l’importante è non rimanere mai soli, o in silenzio. La frenesia del vivere oltre che il trambusto e il rumore, fanno dimenticare le paure, ma non allo stesso tempo allontano da se stessi e non permettono più di guardare oltre.
Un altro modo per reagire all’abbandono è quello di ricercare il piacere fino a sé stesso, di inebriarsi con una sessualità disordinata, con quei surrogati che fanno percepire per un po’ di tempo una felicità ovattata, avulsa da ogni realtà. Meglio inebetiti che alle prese con i fantasmi delle proprie paure. E non mi riferiscono solo alla droga, all’alcool o alla ludopatia… un surrogato può essere anche un lavoro frenetico che non conosce sosta, una cura morbosa del proprio corpo, un’attenzione maniacale all’attività sportiva…
All’arrivista, al presenzialista, all’edonista oggi giunge una boccata di ossigeno. Gesù, nel Vangelo, sembra dire: “Fermati, tranquillizzati perché non sei solo! Non sei abbandonato! La tua vita vale la mia morte sulla Croce! Tu sei così prezioso che il pensiero di Te era già nella mente di Dio prima della creazione del mondo”.
Oggi siamo nuovamente raggiunti da questa Bella Notizia: il nostro posto accanto a Dio è già pronto e non c’è bisogno di sgomitare, di avere chissà quante migliaia di amici e di followers o quale grado dirigenziale in una multinazionale. Io valgo perché sono amato, perché Dio continua a pensare a me come a un figlio prediletto.
La Bella Notizia, dunque, è che il nostro posto in Paradiso è già prenotato! E allora io mi comporto secondo il Vangelo non perché temo il giudizio, la punizione, il castigo di Dio, in altre parole perché ho paura dell’inferno, ma perché io sono già destinato alla gioia eterna, alla vita senza fine, all’abbraccio di Dio. Io profumo d’eternità e quindi non posso lasciarmi investire dal puzzo del peccato, dell’egoismo e da tutti quei vizi che imbrattano la mia dignità di figlio di Dio! Io sono fatto di Cielo e non voglio sporcarmi con il fango del male.
Gesù, rispondendo al solito Tommaso, dà una definizione abbastanza pretenziosa di sé: “Io sono la via, la verità e la vita”. Già quel “Io Sono” rimanda ai primi capitoli della Bibbia: quando Mosè domanda a Jahvé il nome, questi risponde proprio “Io sono”! Gesù mostra la sua divinità con molta chiarezza e non contento rivendica per sé di essere “la via, la verità e la vita”.
Egli è anzitutto la via. Non c’è altra strada che ci può condurre alla piena conoscenza del Padre e della sua volontà se non Cristo! Possiamo intuire Dio anche con la nostra ragione, ma non possiamo comprenderlo appieno se non attraverso la Rivelazione di Gesù.
In ogni religione – come ci insegna il Concilio Vaticano II – ci sono dei semi di verità e rappresentano lo sforzo dell’uomo di interrogare il Cielo, ma la pienezza di verità risiede solo in Cristo. E la verità che Gesù porta nel mondo non riguarda solo Dio, ma l’uomo stesso! Perché se in Cristo c’è la pienezza della divinità, in lui c’è anche la pienezza dell’umanità. Seguire Cristo significa diventare sempre più uomini, significa conoscere il senso profondo del vivere, del morire, dell’amare, del soffrire, del donarsi agli altri, del perdonare.
In Cristo, infine, c’è la pienezza della vita. Quella oltre la morte, in quell’abbraccio senza fine con Dio che è il Paradiso: lì ritroveremo quanti abbiamo amato e gusteremo la pienezza della nostra umanità non più ferita e menomata dal peccato. Lì godremo per sempre della bellezza di Dio, noi che per tutta la nostra vita siamo stati mendicanti di bellezza!
Cristo – e questo è importante – promette una vita piena anche in questa esistenza, anche sulla terra. Una vita, pur nella fragilità e nel peccato, che fin da subito ha la fragranza del Cielo, della gioia, della libertà, della pienezza d’amore. Il Cristianesimo non è la religione della promessa futura, ma della realizzazione nel presente. Altro che “Oppio dei popoli”! La fede cristiana, se presa veramente sul serio, è di una portata rivoluzionaria straordinaria perché è capace di portare un pezzo di Paradiso su questa terra che a molti, purtroppo, appare sempre di più un inferno.
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