15 febbraio 2024

Il degrado della città e il monito di una vecchia lastra in marmo

La targa è un po' fuori mano, nel senso che non è affissa su uno degli edifici del primissimo centro storico ed è ad una altezza che non le garantisce visibilità immediata. La si vede passando e alzando lo sguardo in via dei Rustici, è incastonata nel muro esterno di quella piccola perla di bellezza che è la chiesa di Santa Margherita e Pelagia con la sua festa, dal 21 al 23 maggio, dedicata a Santa Rita e alla benedizione delle rose.

Una tradizione secolare, un valore da mantenere vivo.

Il senso della frase incisa sulla targa è, all'incirca, “Per non venir meno nelle avversità allo splendore della Patria”. Ovviamente, non conoscendo esattamente la storia della incisione, potrei sbagliarmi e, nel caso, ne faccio ammenda, ma credo che il senso della scritta sia relativamente vicino a ciò che provo ad immaginare. I mattoni in cotto e la piastra bianca si intonano perfettamente, bella da vedere e con un motto tutto da capire, un motto che non riporta né data né autore.

Vista così la scritta potrebbe essere legata ad un periodo storico dove le avversità, sia per la Patria che per ogni più piccola realtà, dovevano essere tante; forse venne affissa, dato il tono, durante il periodo risorgimentale o nel mezzo di una carestia, di una guerra o di una pestilenza, di certo qualcuno più informato di me potrà chiarire la collocazione temporale e fisica di quella lastra. La frase, però, potrebbe avere un altro valore, valore che possiamo legare al enorme concetto di Patria ma, restringendo il campo, anche ad una piccola città. Quella frase sa chiamare in causa tante cose: un periodo avverso, si rivolge ogni singolo cittadino e parla dello splendore, sia morale che strutturale, di una realtà, come quello della città dove è stata appesa. Ben venga il monito verso ogni cittadino, nella consapevolezza che capiscano l'importanza enorme dello splendore con le sue sfaccettature, ma la frase sembra adattarsi ancora di più a coloro che amministrano il bene pubblico, partendo da quello locale e salendo di livello. Nel nostro piccolo, quello di una realtà cittadina, quella targa non offre compromessi, così come posso averla capita – magari male – quel motto è anche un richiamo a coloro che amministrano il bene pubblico perché non vengano meno a quel concetto di tutela di una bellezza che, spesso, è facile vedere intorno a noi. Bisognerebbe saperla valorizzare e mantenere, perché è il frutto di scelte e di lavoro di secoli di storia, perché richiama il rispetto di edifici e idee che hanno saputo superare le peggiori avversità.

La lastra sa essere coinvolgente nel suo significato se la osserva bene, la scritta in latino è lontana dai quei facili inglesismi, che praticamente non aggiungono nulla ad una discussione, con cui alcuni amministratori sembrano proporre passaggi più come marketing che neanche come punti di analisi; che poi siano utili, interessanti o necessari è tutto da vedere. La scritta non ammette giustificazioni, sembra voler spronare e ricordare che lo splendore, e il mantenimento dello stesso, non deve essere messo in minoranza da scelte che non siano rivolte a valorizzare e a mantenere quel percorso umano e sociale che ha accompagnato generazioni. Ciò che circonda e che si è sviluppato nei decenni andrebbe gestito tendendo ben presente l'arrivo delle generazioni future; a volte determinate necessità impongono strategie e scelte profonde, ma l'eredità che verrà lasciata a coloro che verranno dovrebbe essere il punto di partenza per la gestione di ogni bene comune.

Scelte radicali partono dal concetto di coinvolgimento per coloro che le dovranno vivere, l'interesse per la una comunità è poter apprezzare la lucentezza di ciò che abbiamo con la tutela e il rispetto per coloro i quali, tra decenni o secoli, arriveranno dopo di noi. Il non venir meno, nonostante ciò che può accadere, al mantenimento dello splendore di quello che possiamo vedere ogni giorno è, probabilmente, il miglior metodo per allontanare quel degrado che, al contrario di quella lastra, vive e prolifera su scelte non condivise e su ideali che non si formano nel rispetto di secoli di storia. Una piccola lastra con poche parole in latino scritta forse secoli fa sa raccontare e spiegare molto di più di ore di inglesismi e luci scintillanti, racconta e invita a vivere e far vivere uno splendore che sembra sempre più perdersi nel tempo.

Marco Bragazzi


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commenti


EM Ferrari

15 febbraio 2024 19:15

Molto interessante l'argomento proposto alla nostra riflessione. Ricordo che all'interno della chiesa di Santa Margherita e Pelagia esiste un'altra lapide, forse più antica (oppure contemporanea ad essa?) che ci invita al rispetto di quel monumento. Ho avuto occasione di analizzarla durante i miei studi universitari. Si narra che la lapide sia stata voluta e posta dal Vescovo di Alba Marco Gerolamo Vida (che come si sa commissionò la costruzione del tempio) per intimare ai posteri l'assoluto rispetto che si dovrà avere del monumento, nella sua interezza. Il testo in latino inciso sulla lapide recita così: " NE QUIS HEIC NE DUM SACR. SACROUE COMMENDATUM/ CLEPSERIT RAPSERITUE/ SED NEQ PRAETER OLLA QUAE POSTIA SUNT/ SIMULACR. ALIUD APPINGITO AFFINGITOVE/ NEU ALTARE EXTRAORDINARIUM QUOD AEDEM DEFORME/ INCONCINNAMQUE REDDAT EXAEDIFICATO/ NEU QUID OMNIA STRUTTURAE PICTURAEUE ADDITO/ NEU DEMITO NEV MUTATO/ SARTA TECTA AD QUEM SPECTARIT BONA FIDE PRAESTATO/ COLLASSA SQUALLIDA ET OBSOLETA RECONCINNATO/ ATQUE IN PRISTINAM FORMAM NITOREMQ. RESTITUITO/ QUI SECUS FAXIT DETESTABILIS ESTO/ CIVITASQUE IPSA VINDEX SIET. " Non ne redigo una traduzione letteraria (non ne sono in grado), ricordo solo il senso del testo : " Guai a coloro che si oseranno manomettere l'altare, le strutture, le pitture, che lasceranno cadere in rovina il tempio, questi saranno disprezzati e la città si vendicherà di loro". Mi auguro che la suddetta lapide sia ancora presente nella chiesa e che non sia stata trasferita in qualche museo.