Il ritorno dei Cordigliera ed il ricordo di cos'erano nel 1976 Cremona, il mondo, la Chiesa
L’importante evento storico-musicale svoltosi sabato sera nella ex-chiesa di San Vitale a Cremona, dal titolo “Cordigliera dal 1976 un canto in movimento”, di cui Codesto giornale ha già ampiamente parlato, mi offre lo spunto per qualche riflessione aneddotica personale ma spero, come valore testimoniale di interesse generale.
L’anno 1976 è una data politicamente cruciale per la città di Cremona in quanto si confermano con le elezione amministrative del 1975, le maggioranze in Consiglio Comunale e Provinciale dei due principali partiti di opposizione governativa, quello Socialista e Comunista (Sindaco Emilio Zanoni e Presidente Franco Dolci). L’evento, come si sa, suscitò molto clamore nel Governo allora presieduto dall'onorevole Rumor. Pertanto in quegli anni Settanta il governo politico del territorio cremonese si armonizza e permette alcune sperimentazioni di avanguardia nel campo socio- assistenziale (nascita dei consultori familiari), urbanistico (nuovo piano regolatore della città) e culturale (manifestazione Recitarcantando). Ci soffermiamo solo su questo evento culturale in quanto la manifestazione Recitarcantando (grazie anche all’allora assessore alla cultura dell’amministrazione provinciale Giuseppe Gargioni) permise di organizzare il 19 settembre 1976 in Piazza Marconi a Cremona il concerto (vedi foto) del gruppo cileno Inti-Illimani, gruppo vocale strumentale costretto all’esilio in Italia a causa del Golpe Militare di Pinocet del 1973.
Achille Meazzi e Massimo Fervari sono gli iniziatori, i fondatori del gruppo musicale Cordigliera e le loro capacità musicali e vocali si apparentarono subito al movimento della Nueva Canción Chilena movimento culturale e musicale a cui appartenevano gli Inti-Illimani. La mia conoscenza con Achille Meazzi avviene in quegli stessi anni attraverso la nostra comune frequentazione del Movimento Studentesco che portò all’occupazione di alcune scuole superiori della città di Cremona. A posteriori l’occupazione degli edifici amministrativi e scolastici (con permanenza notturna in situ di un gruppo studenti) mi appare oggi come la necessità, per alcuni di quegli studenti di matrice marxista, di completare la “rivoluzione” dei padri cremonesi di cui sopra, attraverso l’ultimo baluardo che resisteva in città, l’insegnamento ancora “in mano” alla precedente classe dirigente. Ma la vera condivisione delle nostre aspirazioni sociali, mie e di Achille, non avvenne sulle tematiche dell’istruzione e della scuola ma piuttosto su quella della cultura sudamericana di quegli anni Settanta.
Nel 1976 frequentavo già da qualche anno il gruppo degli Adolescenti che faceva capo alla confraternita dei Barnabiti di San Luca a Cremona. I giovani Padri, Giovanni Gasparelli e Pier Pizzaballa (uno dei primi preti-operai in Italia) impostarono la loro catechesi ispirandosi dall’esperienza teologica dal Frate peruviano Gustavo Gutiérrez che nel 1968 aveva tenuta una conferenza all’episcopato latino-americano (Celam) a Medellin in Colombia, nella quale proponeva di ripensare la Chiesa Cattolica sudamericana alla luce dei documenti del Concilio Vaticano II. Il suo intervento venne pubblicato nel 1971 nel libro intitolato Verso una teologia della liberazione; i contenuti teologici descritti dal Frate Gutiérrez tendevano a ribaltare la prospettiva storica della Chiesa di Roma, gli occhi dell’occidente, affermando la necessità di scrive la storia a partire dalla povertà e dall’emarginazione delle popolazioni dell’America Latina, vessate da regimi autocratici e autoritari. Negli anni successivi il nuovo cammino teologico si afferma anche tra le autorità della Chiesa, basti pensare al vescovo brasiliano Hélder Camara che durante il suo episcopato si ispirò ai principi enunciati da Gutiérrez e decretò la necessità di ritornare ai valori primordiali del cristianesimo, costituendo le cosiddette “comunità di base”. Pertanto la nostra sensibilità di adolescenti venne formata alla luce della cultura teologia sudamericana e la connessione con Achille Meazzi fu quasi inevitabile, in quanto le interpretazioni dei brani degli Inti-Illimani da parte dei Cordigliera, permettevano a noi di ascoltare la voce di quelle popolazioni povere sudamericane di cui parlava Gutiérrez, quei popoli li sentivamo così a noi vicini.
La Chiesa cremonese in quegli anni, come si può facilmente immaginare, era totalmente contraria a questa teologia della liberazione (non liberazione politica ma sociale), e l’oratorio di San Luca era l’unico luogo a Cremona ove era possibile conoscere e discutere di questi argomenti. Nell’allora cinema di San Luca grazie ai Padri Barnabiti furono organizzati differenti incontri pubblici ove vennero invitati i principali esponenti italiani della teologia della liberazione, come ad esempio Enzo Bianchi fondatore della comunità di Bose. Come sappiamo gli avvenimenti politici internazionali portarono come esito, nel 1978, all’interno della Chiesa romana all’elezione al soglio pontificio Karol Wojtyla. La teologia della liberazione venne intesa dal neoeletto papa Giovanni Paolo II come un possibile “ponte” con il marxismo, e l’urgenza, la minaccia stava nell’ateismo dei Paesi comunisti del blocco del Patto di Varsavia. Tutte le speranza apertesi con il pontificato di Paolo VI, vedi anche il famoso viaggio in Messico, in favore della Chiesa sudamericana vennero presto disattese, come sappiamo un nuovo corso per la Chiesa si sarebbe aperto, la lotta per la liberazione di Gutiérrez divenne lotta per liberazione dal comunismo. Lo stesso Giovanni Paolo II ebbe modo di affermare nel 1996 “Oggi, dopo la caduta del comunismo, è caduta anche la teologia della liberazione”.
Per una strana coincidenza il concerto di sabato sera dei Cordigliera, 13 novembre festa del patrono Omobono, si è svolta, nella giornata tradizionalmente dedicata ai poveri, l’inaugurazione del nuovo, lussuoso e immaginiamo costoso, Museo Diocesano, che è apparso ad alcuni in controtendenza con l’attuale esegesi del Papa Francesco che sprona al ritorno ad una chiesa di base attenta ai poveri, non gerarchizzata, che riprenda quasi parola per parola le tesi di Gutiérrez (non dimentichiamo che è stato ricevuto in udienza privata da Papa Francesco già nel 2013). Non è un caso che nel 2015 Papa Francesco abbia beatificato e nel 2018 canonizzato l’arcivescovo salvadoregno Oscar Romero trucidato nel 1980 dai nazionalisti che sostenevano la giunta militare di San Salvador. La Chiesa di Roma oggi è tornata a guardare verso il Sudamerica ove in questi ultimi due decenni, ha perso presenza, ruolo collettivo, in quanto in parte “dimenticata”, come abbiamo visto, e questa evidenza ha favorito lo sviluppo delle chiese pentecostali di origine nord americana (quelle che hanno permesso tra l’altro la possibile elezione di Bolsonaro in Brasile). Anche per queste ragioni, come giustamente ha scritto Achille Meazzi, ritengo che la Cordigliera delle Ande si è bagnata a Cremona nelle acque del fiume Po e chi vorrà potrà continuare ancora a scalare quella montagna ricca di significati e valori ancor oggi attuali. Come sta ancora facendo Padre Gutiérrez che all’eta di 93 anni ha recentemente ribadito in un convegno, tenuto nella Pontificia Università Cattolica del Perù, dedicato al cinquantesimo anniversario della pubblicazione del testo Teologia della liberazione , che “La povertà è una morte precoce e ingiusta, distrugge persone e famiglie. Come diceva Hannah Arendt: i poveri sono coloro che non hanno il diritto di avere diritti”.
Nelle foto di Gianpaolo Guarneri/Studio B12 il concerto di sabato sera dei Cordigliera e piazza Marconi stracolma per gli Inti Illimani
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