20 gennaio 2025

Il rituale del "Taharrush gamea": non una ordinaria violenza, una cultura

Il numero degli omicidi e delle violenze contro le donne e altri delitti che riguardano il genere è in Italia inaccettabile. Sacche di violenza e prepotenza maschile non sembrano voler lasciare un paese comunque civile come il nostro. Ma un marito o un fidanzato armati di coltello o un gruppo di ragazzi alticci che abusano di una ragazza non hanno nel nostro paese nulla dal punto di vista religioso, culturale o politico cui appigliarsi per giustificare i loro comportamenti. Sono delinquenti e basta, per usare una espressione semplificatoria, e tali vengono considerati dal sentire comune della società.

Non è così per le violenze che sono avvenute a Milano a Capodanno nei confronti di giovani ragazze, soprattutto turiste straniere. Abbiamo infatti assistito a un rito quello del Taharrush gamea, in arabo “molestia collettiva”, che consiste nel circondare con un muro umano, che forma una trappola con tre cordoni, ragazze che si incontrano in una normale strada anche del centro, magari considerate troppo libere, e sottoporle a turno ad abusi che hanno un effetto psicologico che va anche ben oltre l’entità degli abusi perché ad essi si accompagna la terrificante sensazione di essere nelle mani di una torma incontrollabile di aggressori quasi alieni.

La differenza tra questi episodi e gli altri episodi di violenza che conosciamo non risiede solo nel fatto che vengono commessi da bande di una cinquantina di giovani che si radunano apposta per compierli. La diversità profonda è che simili violenze all’interno del contesto in cui gli aggressori si muovono, hanno una storia e una forma di approvazione e giustificazione. In coloro che li compiono si vede una sorta di entusiasmo, come se fosse una festa.

 Infatti quello del Taharrush gamea è un vero e proprio rituale che intende punire le ragazze che si permettono di andare in giro liberamente per strada e questo rituale se non religioso è certamente reso possibile da una cultura religiosa che prevede la superiorità dell’uomo sulla donna e quindi lo giustifica. Ha quindi radici che non possono essere ridotte solo all’azione di qualche sciagurato. In alcuni paesi  è servito anche per allontanare le donne dagli spazi pubblici e impaurire le attiviste politiche, in Egitto soprattutto, impegnate nelle proteste come quelle di piazza Tahir.

Viene in mente l’intervista di Oriana Fallaci, una giornalista che non faceva sconti al suo interlocutore, all’imam Khomeini del 1979 quando questi stava già liquidando in Iran tutti gli oppositori laici e liberali.

Quando la giornalista, chiese della libertà delle donne in Iran, il capo della rivoluzione islamica, non un qualsiasi predone di Al Qaeda o dell’Isis, spiegò all’intervistatrice inorridita che le donne perbene devono portare il chador quando camminano in strada e se non lo fanno non possono che rispondere delle conseguenze del loro comportamento immorale.

Questa profonda essenza di reati che purtroppo coinvolgono giovani stranieri di seconda generazione, in un fenomeno che sembra avvicinarsi a quanto, con maggiore intensità, avviene in Francia, deve comportare una risposta decisa e senza esitazioni. Dopo l’incapacità delle forze di polizia a prevenire quanto è successo, i Pubblici Ministeri che stanno indagando sulle violenze di Capodanno si stanno sicuramente molto impegnando. Certamente hanno già contestato, è ovvio, la violenza sessuale di gruppo. Di gruppo è l’espressione che usa il Codice, in realtà si tratta di violenza “collettiva” che è una cosa anche diversa. Ma questa aggravante non è sufficiente se vogliamo chiamare i fenomeni con il loro nome. Dato che il Taharrush gamea è espressione di un razzismo di genere a base religiosa credo che sia necessario contestare ai responsabili anche l’aggravante dell’aver agito per finalità di discriminazione religiosa e razziale come previsto dall’articolo 604 ter del Codice penale che comporta l’aumento della pena sino alla metà.

Non so se lo abbiano già fatto o intendano farlo ma è solo una risposta di questo genere, al di là dello stereotipo dell’emarginazione, che può dare un significato a quello che abbiamo visto e far capire che lo abbiamo compreso senza banalizzazioni e senza autocensure.

Guido Salvini


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commenti


stefano

21 gennaio 2025 08:38

Direi che il titolo dell'articolo e' totalmente fuorviante! sembra quasi che giustifichi questa prassi di violenza come un fatto culturale. Nell'articolo l'ex giudice Salvini spiega bene che cosi' non e' ne deve essere. Anzi va messo subito un deciso freno su queste barbarie da parte dell'attuale magistratura.

Stefano

21 gennaio 2025 12:43

Bella cultura effettivamente. Sarebbe però interessante sapere cosa ne pensano il sindaco Sala, l'Arci e l'arcigay. L'Anpi, la Schein il PD locale e nazionale. La nostra giunta comunale e le varie associazioni femministe, che protestano contro i femminicidi quindi le LGBT.. che mi pare non siano ben viste in quella cultura.

Manuel

21 gennaio 2025 21:46

Il giudice Salvini pone un tema attuale e non più rinviabile: come affrontare giuridicamente i comportamenti delinquenziali di una platea di giovani italiani di origine straniera... se non addirittura stranieri.
Io dico che sarebbe il caso di affrontare un argomento oramai non più fresco, ma sempre di attualità: quello dell’integrazione l’Islam nella società europea.
Bisogna chiedere e chiedersi se quella religione abbia i crismi, la voglia di partecipare al mantenimento ed alla costruzione della casa comune europea che, ricordiamo, oltre alla plasmazione cristiana, si distingue per l’avvento e l’eredità dell’Illuminismo.
Le tifoserie non mi interessano, i dibattiti, fatti da chi ne capisce, sì.
I politici seri farebbero bene ad organizzare il confronto: ma quelli seri.
Gli altri se ne stiano pure a casa loro e ci evitino la loro esclusiva, inutile dimensione “social”: certo, perché gli slogan li sanno sparare tutti, ma poi non si disdegna mai un viaggio dal tal emiro, califfo, autarca per una fornitura di gas o petrolio... ed anche questo è un aspetto da non sottovalutare.

Stefano

22 gennaio 2025 05:46

La casa comune la si costruisce se tutte le forze politiche hanno le idee chiare. Ecco perché ho posto quelle domande. Non è questione di tifoserie ma di capire se tutti hanno le idee chiare in merito, sapendo distinguere tra ciò che è cultura e ciò che è barbarie, perché se chi ho citato in merito le idee chiare non le ha o fa' finta di niente, hai voglia allora costruire la casa comune europea. Non si capirebbero infatti su che basi.