Il Vangelo non è un racconto edificante, ma una provocazione al cambiamento!
Quante volte abbiamo stigmatizzato questa nostra società fluida e inconcludente, incapace di radunarsi attorno a valori comuni, da tutti recepiti come assoluti e imprescindibili! Quel “pensiero debole” teorizzato da Gianni Vattimo ormai è diventato modo di ragionare comune tanto che non esistono più delle verità alle quali adeguarsi, ma una serie di opinioni, punti di vista, pareri da rispettare. Una deriva che uno dei più grandi intellettuali del Novecento, Joseph Ratzinger, denunciò in maniera forte e lucida, sottolineandone i rischi più gravi: l’incomunicabilità tra le persone, la disgregazione sociale, il dominio del forte sul debole.
L’uomo, ormai, è talmente presuntuoso e sfrontato da non ricercare più la verità su sé stesso e sulla realtà che lo circonda per poi conformarsi ad essa, ma la crea in base ai propri desideri e capricci. Non può e non deve esserci più nessun riferimento esterno all’uomo che gli ricordi la sua natura, la sua identità, la sua vocazione: tutto deve essere continuamente plasmato e adeguato alle condizioni del momento! In realtà questa tentazione è sempre stata presente fin da quando l’uomo è apparso sulla terra: una delle prime cose che Adamo ed Eva fecero nel giardino terrestre è stato quello di “abbattere” l’albero della conoscenza del bene e del male, l’unico limite che Dio aveva imposto loro, la sola realtà che ricordava agli infelici progenitori di essere delle semplici creature, fatte di polvere, destinate alla caducità. Una cosa rammentava loro di non essere onnipotenti e l’hanno violentata!
Non esistendo più un riferimento “esterno” che aiuti – non imponga! – l’uomo a scoprire ciò che è vero e ciò che è falso, ciò che è giusto e ciò che è sbagliato tutto diventa opinabili e quindi tutto appare lecito se è realizzabile. Insomma la verità non è più determinata dalla realtà, ma coincide unicamente con i propri impulsi, pruriti, idee.
Dostoevskij nell’intramontabile capolavoro “I fratelli Karamazov” chiarisce tutto questo in maniera inequivocabile: “Se Dio e l’immortalità dell’anima non esistono tutto è possibile…se si distrugge nell’uomo la fede nell’immortalità subito si inaridirà in lui non solo l’amore ma ogni forza vitale. Allora niente sarà immorale, tutto sarà ammesso, persino l’antropofagia”.
Il Vangelo, la buona notizia che è Gesù Cristo, ricorda che soltanto nell’amore gratuito, oblativo, disinteressato l’uomo può trovare sé stesso, il proprio compimento, il porto sospirato di ogni desiderio più bello, la felicità che dura. Il Vangelo rappresenta l’estrema difesa, l’ultimo argine alla prepotenza umana, al delirio di onnipotenza che assale il cuore quando perde di vista la propria creaturalità, quando si dimentica di essere investiti di un amore immeritato e spaventosamente grande.
Senza dover andare troppo a ritroso nel tempo, basta esaminare la storia del Novecento, del “secolo breve”, costellato di ideologie – comunismo, fascismo, nazismo – che hanno non solo emarginato ma calpestato ogni riferimento al trascendente: lo Stato ha preso il posto di Dio e quindi il punto di vista del più forte è stato imposto a tutti come verità assoluta, la realtà è stata impiegata all’ideologia, la prepotenza e l’arroganza sono state assurte a leggi fondamentali! Dio – non ci stancheremo mai di gridarlo – rimane l’ultimo intrepido difensore dei deboli, degli indifesi, di chi non ha voce!
Paradossalmente più il pensiero diventa debole più cresce l’intolleranza, i tribuli dell’inquisizione, l’insofferenza che spesso deborda in violenza verbale se non addirittura in stato di polizia: non è raro leggere sui giornali di persone denunciate o addirittura incarcerate perché portatori di pensieri “altri”! Chi non si adegua al pensiero debole è una minaccia per la comunità: l’emarginazione dei cattolici, solo perché cattolici, è ormai all’ordine del giorno!
L’uomo “debole”, oggi, accoglie solo ciò che conferma i propri punti di vista: tutti noi forse non preferiamo leggere giornali o seguire trasmissioni che sposano il nostro schema ideologico? È normale cercare sempre approvazione alle proprie convinzioni, ma è sempre giusto? L’uomo “debole” scansa ogni confronto, ogni discussione, ogni approfondimento.
Questo triste scenario che, portato all’eccesso, condurrà a terribili e insanabili contrapposizioni sociali, ha chiaramente un riverbero nell’esperienza religiosa. Dio è accolto unicamente nella misura in cui soddisfa le pretese, i desideri, gli struggimenti della persona. Gesù, invece, insegna a riconoscere che dentro ciascuno di noi c’è una impronta divina e che se vogliamo davvero realizzarci ed essere felici dobbiamo solo assecondarla, portarla alla luce. Adeguarci!
È la fatica che devono fare i discepoli di Gesù che dopo aver ascoltato un discorso certamente impegnativo, profondo, totalmente rivoluzionario, si trovano spiazzati! Le parole di Cristo sono dure perché non lisciano il pelo, non avallano reiterati e tranquillizzanti comportamenti religiosi, non cullano in certezze conquistate con tanta fatica, ma impongono un ripensamento totale su Dio, sul suo modo di approcciarsi all’uomo, sull’essere veri e credibili testimoni del suo amore.
Quando la domenica partecipiamo alla Messa con quale atteggiamento ascoltiamo il Vangelo? Lo consideriamo una sana provocazione che ci spinge ad una conversione continua o lo accogliamo come un bel racconto che commuove ed edifica, ma nulla di più?
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commenti
Gigi
26 agosto 2024 20:14
Ho avuto il piacere di venire a conoscenza della provocazione di don Claudio già domenica mattina alla messa delle 7,30. Tutte le volte che prende la parola durante l'omelia riesce sempre ad attirare la nostra attenzione . Se qualcuno arriva assonnato a messa don Claudio ti obbliga all'ascolto. Grazie don Claudio , unitamente ai nostri sacerdoti.