9 febbraio 2025

La chiamata dei discepoli, modello per ogni cristiano

L’evangelista Luca racconta che l’inizio dell’attività di predicatore di Gesù si è svolto a Nazareth, ma già da quell’episodio ci viene detto che prima di recarsi nel suo paese natale, Gesù ha annunciato il Vangelo e compiuto miracoli a Cafarnao. In questo villaggio sulle rive del Lago di Galilea si sposta ora la scena del racconto evangelico. Il Profeta di Nazareth qui predica nella sinagoga, libera un indemoniato e guarisce la suocera di Simone. Successivamente lo vediamo sulle rive del Lago, dove una moltitudine di persone giunge per ascoltare quanto ha da dire e qui Gesù chiama i suoi primi discepoli. Ci sono alcune differenze tra quanto raccontano Marco e Matteo e quello che dice Luca. Fra queste, la più significativa è il miracolo della pesca abbondante che diviene una specie di immagine paradigmatica per descrivere l’intera missione che Gesù affida a coloro che chiama a seguirlo prima, per essere inviati poi. Da pescatori di pesci, i chiamati diventeranno “pescatori di uomini” e per esserlo autenticamente dovranno rispettare la logica con la quale è avvenuta la pesca che ha preceduto la loro chiamata. In questo modo, ancora nelle prime pagine della sua narrazione, Luca descrive quella che è e che deve essere la comunità dei credenti di ogni tempo che annuncia la parola del Maestro. 

Proviamo a raccogliere quali sono le caratteristiche della Chiesa così come emergono dal racconto di oggi.

La Chiesa è una comunità di salvati. Le parole che Simon Pietro rivolge a Gesù esprimono la sua consapevolezza, e attraverso di lui quella di ogni cristiano, di essere un peccatore che ha bisogno prima di tutto di essere perdonato. Guardando la realtà delle cose, ogni uomo, come Pietro, dovrebbe dire a Gesù “allontanati da me” poiché c’è una immediata incapacità da parte dell’uomo ad accogliere la presenza di Dio. La libertà, che non sempre è esercita per il bene, fa dell’uomo un peccatore, un vaso inadatto ad accogliere la presenza di Dio. Tuttavia di questa indegnità Dio non ha paura e invita l’uomo a non temere, perché l’incontro con Dio non è per la distruzione, anche se l’essere umano è fragile, ma è un evento che sostiene e rialza per dare nuove possibilità.

La Chiesa è una realtà salvante. Chiamando i discepoli “pescatori di uomini”, Gesù dice, a loro e a noi, che scopo dell’annuncio del Vangelo è la liberazione dalle forze del male, di cui il mare, nella logica biblica, è segno. La fede che la Chiesa trasmette è esperienza di libertà, esperienza di vittoria sul male che condiziona, sulla tendenza a limitarci che false idee creano in noi quando vi aderiamo. 

La Chiesa è realtà in ascolto. Affinché ogni cristiano possa portare la salvezza di Dio, ci si deve ricordare che la capacità di compiere ciò che ci è affidato viene dal Signore. È solo “sulla parola di Gesù” che può avvenire la pesca. Quel che la Chiesa è, ed è chiamata ad essere, non si fonda sulle capacità umane e sull’abilità che proviene dall’esperienza: da buoni pescatori Simone e gli altri che sono con lui sanno quando è il momento della giornata per pescare, ma nonostante la loro perizia, da soli, non riescono a prendere nulla. È sulla parola di Gesù che la situazione si ribalta. Per compiere la sua missione ed essere come il Padre vuole che sia, il cristiano si rigenera in un ascolto quotidiano della voce di Dio che gli parla: nella Scrittura, nella Tradizione apostolica, nella preghiera personale. Se viene meno l’ascolto, ci mette in guardia il Vangelo, è assicurato il fallimento, non ci può essere pesca, in alcun modo.

La Chiesa è umile e coraggiosa. Rimane un monito sempre valido l’invito rivolto a Simone di prendere il largo. La Chiesa non può mai accontentarsi di confini ristretti, di spazi angusti, di limiti autoimposti per paura o opportunità: il cristiano può dire una parola vera e buona per tutte le circostanze della vita, perché dove vi è un uomo, lì la Chiesa ha qualcosa da dire che proviene da Colui che l’ha mandata. Senza imporsi con arroganza, ma con semplice umiltà, ogni cristiano è chiamato a prendere il largo sulle strade della propria esistenza per portare, in ogni luogo, la presenza del Risorto.  

La Chiesa, infine, vive di comunione. L’ultima considerazione prende il via da un’immagine ed è una proposta molto libera che non ha certamente grande fondamento nel racconto, però mi sembra suggestiva. Per portare a riva la grande quantità di pesci che Simone e chi è con lui sulla barca, immaginiamo Andrea suo fratello, benché di lui Luca qui non dica nulla, chiedono aiuto ai compagni che sono sull’altra imbarcazione. Ogni cristiano vive la sua fede nella comunione con gli altri che la condividono con lui, anche se spesso gli altri appartengono a cammini particolari che conducono nella stessa direzione con sottolineature diverse. Si può qui pensare alle molte vocazioni che generano differenti stati di vita, alle molteplici appartenenze delle comunità religiose, alla scelta di differenti movimenti e associazioni o alle realtà di parrocchie diverse chiamate, o costrette, a camminare insieme. Per il cristiano collaborare (chiedendo o donando aiuto) non è una possibilità, ma parte costitutiva del suo essere, perché solo così, nella comunione dell’unità e delle differenze, è possibile portare a termine la comune missione che il Signore ha affidato alla Chiesa e a ciascun credente. 

Francesco Cortellini


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