Diminuiscono i reati, si sgonfia la retorica sulla sicurezza
Cremona non è la criminosa Gotham City di Batman. Non la New York di John Carpenter dalla quale fuggire. Non la problematica banlieue parigina e neanche il quartiere degradato di qualche metropoli. Non Sodoma, né Gomorra. Non Macondo di Cent’anni di solitudine e nemmeno il paradiso terrestre di Adamo ed Eva.
Cremona è una città di oggi, allineata ai tempi che corrono, non dissimile da altri capoluoghi di provincia lombardi. Governata da un centrosinistra più conservatore della storica Democrazia cristiana, ma con maggior spocchia, sonnecchia. Refrattaria ai cambiamenti, galleggia, ma non può evitare di assorbire pregi e difetti di una società globalizzata, tecnocratica e digitale. Ma anche liquida e senza certezze.
Sotto il Torrazzo non mancano violenze, soprusi, vandalismi e la serie d’infamie, cifra distintiva del malessere che permea il vivere di oggi.
I cittadini, a ragione, si lamentano e s’incazzano. Poi si scatenano con furia iconoclasta - e qui hanno un po’ meno ragione - sui social, che, in assenza di corpi intermedi, diventano interlocutori diretti delle istituzioni, attente più ai like e ai commenti che al bene comune.
I social sono una giungla priva di regole. In Rete e in un attimo, Cremona diventa una città popolata dalle peggiori specie del popolo borderline. La percezione di insicurezza e di pericolo cresce in modo esponenziale. La paura esonda e le sollecitazioni alla pubblica amministrazione per limitare le nefandezze si gonfiano come albume montato. Di pari passo aumenta la richiesta di punizioni esemplari per i trasgressori della legge e avanza l’auspicio del pugno di ferro senza guanto di velluto per gli irrispettosi della convivenza civile e della buona educazione. La giustizia popolare non prevede né pietà, né sconti per maleducati, delinquenti, bastardi, scappati di casa e per il resto del campionario dei balordi reali e immaginari.
Politici e pubblici amministratori, terrorizzati dalle proteste dei cittadini-elettori e dalle conseguenze sul consenso mettono l’elmetto. Armati di parole e di fog machine vanno in prima linea. Gravati dall’obbligo di individuare e attuare soluzioni per contrastare il malcontento e le proteste s’inventano sceriffi, versione locale del mitico Wyatt Earp, ma sparano a salve o sbagliano la mira.
Cavalieri della tavola rotonda promettono ordine e legalità, ma le loro spade sono spuntate. Populisti e demagogici i pretoriani della legalità tolgono dal solaio il vecchio slogan lotta dura, senza paura, che con ordine e sicurezza non ha nulla da spartire. Poi giurano: sarà tolleranza zero. Infine decorano il loro impegno con l’armamentario completo di bla, bla standardizzati per queste occasioni.
La smania di mostrare tre attributi al pari del condottiero Bartolomeo Colleoni, illusione alimentata dalla stampa compiacente, induce i consiglieri comunali ad attraversare il Rubicone. Non sono dei Giulio Cesare, di testicoli ne hanno solo due e il risultato non è tra i più brillanti.
Il 12 maggio è il giorno del guado. Nella Sala Quadri viene approvato un documento proposto dal consigliere Matteo Carotti (Fratelli d’Italia) ed emendato da Andrea Segalini (Cremona sei tu).
Con 24 voti favorevoli e nessuno contrario viene chiesto al Ministero della Difesa, tramite quello dell’Interno e la Prefettura, di inviare l’esercito in città per presidiare la stazione ferroviaria e quella degli autobus. Tutti in trincea, uniti e felici per una scelta forte e autoritaria. Tutti come il macho di Denim Musk, quello che non deve chiedere mai. Tutti orgogliosi per il coraggio di proporre la militarizzazione di una parte della città. Tutti miopi ed esultanti per un autogol.
Il 16 maggio Luciano Pizzetti, presidente del consiglio comunale, s’improvvisa prestigiatore semantico. Smentisce che la richiesta dell’esercito sia una proposta di militarizzazione di una fetta di Cremona, supercazzola degna di Amici miei.
«Non è in atto alcuna militarizzazione della nostra città - chiosa - Non vi è alcun cedimento a culture d’ordine che offuscano i diritti. Non vi è alcun allentamento nell’attenzione ai fenomeni di disgregazione sociale è invece in essere un rapporto di positiva e fattiva collaborazione tra Stato ed enti locali, per contenere e circoscrivere fenomeni che si diffondono in tutte le città, inducendo paura e insicurezza tra i cittadini» (La Provincia, 16 maggio).
E poi ci si strappa le vesti se i cittadini non vanno a votare. E Pizzetti è considerato il politico migliore della nostra provincia.
L’1 giugno la Cremonese è promossa in serie A e il sindaco Andrea Virgilio, cresciuto alla scuola pizzettiana, scorda la tolleranza zero e passa alla massima. I tifosi entrano nella prestigiosa Sala della consulta del Palazzo comunale e ballano su un tavolo. Lui li assolve con formula piena.
Il 5 giugno, in Piazza del Comune, si festeggiano i 211 anni dei carabinieri. Il comandante provinciale dell’arma, colonnello Paolo Sambataro, fotografa con precisione chirurgica la realtà locale. Su sicurezza e percezione della stessa impartisce una lezione di sociologia e di politica. Spiega che è riduttivo confinare al solo ambito di Polizia il compito di garantirla. Che è necessario allargare il campo d’azione alla scuola, all’occupazione. Che bisogna promuovere l’educazione all’affettività e al rispetto dell’individuo e delle regole. Che è indispensabile ricercare l’inclusione e agevolare il dialogo tra differenti registri linguistici e codici culturali di provenienza. Che è essenziale offrire percorsi di socializzazione e pari opportunità di crescita e sviluppo. I pasdaran della militarizzazione sono serviti.
Il 13 giugno, il comitato Arci provinciale ci mette il carico. Sulla stessa lunghezza d’onda del colonnello Sambataro, l’associazione avverte «Serve spostare il focus del dibattito e dell’azione istituzionale dall’ordine pubblico alle politiche sociali».
Nel mirino dell’’Arci il centrosinistra smemorato e opportunista. «L’opposizione di centrodestra, coerentemente con il proprio posizionamento ideologico, spinge sull’acceleratore sempre pronta a chiedere più controllo. La maggioranza dal canto suo segue a ruota, terrorizzata al pensiero che esprimere qualche riserva sulle proposte securitarie possa costargli preziosi consensi». Nanni Moretti non avrebbe detto meglio.
Il 17 giugno il prefetto Antonio Giannelli comunica al Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza che dall’ottobre 2024 a maggio 2025 la delittuosità è diminuita del 26 per cento. È un drone che colpisce la corazzata consigliare sostenitrice dell’esercito in città.
Il 17 giugno, l’onnipresente Pizzetti non ci sta e replica all’Arci. In versione vecchio saggio suggerisce: «Si metta solo l’orecchio a terra per ascoltare la comunità. Ascoltare per capire. Arci sbaglia mira e sbaglia bersaglio».
Quando lui l’ha messo probabilmente aveva l’orecchio otturato.
Il 26 settembre, pochi giorni fa, la prefettura fornisce un aggiornamento dei dati sulla sicurezza. Nell’ultimo anno (da settembre 2024 ad oggi) la delittuosità è scesa del 7% con una contrazione particolarmente significativa a Soresina (-30%), Casalmaggiore (-25%), Piadena Drizzona (-14%) e anche nei centri maggiori di Cremona (-5,5%) e Crema (-3%).
Lapalissiano: la strategia messa in atto da prefettura e Forze dell’ordine funziona anche senza l’intervento dei guardiani della galassia.
Per chiudere il cerchio e finire in gloria è arrivata nei giorni scorsi la proposta dell’assessore Santo Canale di istituire lo street tutor. Figura prevista da una legge regionale del 2003 in Emilia-Romagna, è in discussione in Lombardia.
Pallino del Pd, lo street tutor non ha poteri. Il suo ruolo è limitato ad interventi in situazioni potenzialmente problematiche per risolverle pacificamente prima che si trasformino in risse o in altre reazioni più pericolose. Un paciere istituzionalizzato, buono per arginare la malamovida.
«Essi potranno - si legge nella proposta di legge regionale numero 67 - a titolo esplicativo, fronteggiare episodi di schiamazzi notturni e assembramenti, operando negli spazi pubblici e nei luoghi di ritrovo, e perseguendo compiti di monitoraggio, segnalazione e supporto alla Polizia locale». La proposta è firmata anche dal consigliere cremasco Matteo Piloni.
È l’evoluzione. Cremona passa dai militari armati con il fucile d'assalto Beretta ARX160, ai mediatori dotati di un fucile con il tappo di sughero e la cordicella per trattenerlo, regalo di Santa Lucia ai bambini nei tempi passati. Però il nome è in inglese. Cool. Oh yeah!
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