9 febbraio 2025

La Movida e l'ordine pubblico, una storia vecchia di secoli

Allor che il sommo Pio

comparve innanzi a Dio

gli domandò: “Che hai fatto?”

Rispose: "Niente, Affatto!"

Corresser gli angeletti:

“Levò li cancelletti”

Questa “pasquinata” (messaggio anonimo e polemico che i romani lasciavano sotto la statua del Pasquino) comparve nel 1830 allorché Papa Pio VIII (che non a caso era stato anche vescovo di Frascati, patria del vino de li Castelli) prese la decisione di togliere gli odiati cancelletti davanti alle osterie romane voluti dal predecessore Leone XII nel 1824.  Pio VIII regno’ per meno di un anno combinando gran poco come dalla sua risposta davanti a Dio “niente, affatto!” , ma a suo merito vi fu appunto la decisione di far tornare i romani alle osterie notturne. “Li cancelletti” erano stati resi obbligatori per mettere un freno agli eccessi notturni dei bevitori Romani e alle liti, sovente a coltellate, che ne seguivano. Erano delle grate che obbligavano gli osti a servire il vino ai clienti fuori dalla osteria e andarselo a bere a casa. Inutile dire che l'unico risultato fu che i bagordi si spostarono dalle osterie alle strade, generando la prima “movida” della Storia.

La lotta ai bagordi notturni romani era iniziata già 200 anni prima quando Urbano VIII intorno al 1640 impose delle pesanti tasse sul vino per ridurre i consumi notturni (e anche per provvedere a uno  dei tanti rifacimenti della fontana di Trevi…).

Sentiamo spessissimo da anni infinite polemiche in tutte le città italiane ogni volta che i sindaci emanano ordinanze anti-movida, per cercare di contenere gli eccessi alcolici serali nelle strade della gioventù e tutelare il diritto al sonno dei benpensanti più attempati, finendo quasi sempre per scontentare gli uni e gli altri. 

Ebbene contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il fenomeno è vecchio di secoli e rimasto pressoché identicamente irrisolto.

Fin dal Basso Medioevo in tutte le città italiane vengono emanate grida ed editti per limitare le bevute notturne: da Firenze a Venezia, da Milano a Bologna fino a Napoli, vengono costituiti gruppi di cittadini-sorveglianti che pattugliano le stradine notturne in cerca di giovinotti e biscazzieri da spedire a casa a dormire (interessante lettura in questo senso la pubblicazione del nostro Mauro Barchielli, La città dal buio alla luce). 

Un'altra delle misure tipiche per contenere le “antiche movide” erano gli orari delle taverne, quasi sempre obbligate a chiudere col calar del sole.

La notte buia come la pece delle città non illuminate era appannaggio solo di ladri, assassini, prostitute e biscazzieri o giovani vagabondi, e nessuna persona per bene osava addentrarvisi, come ben testimonia il raccontino dei Due Cavoti che si perdono nella pericolosissima Napoli notturna. 

E se Napoli aveva fama di estrema pericolosità, Milano, oggi capitale indiscussa della movida piu glamour, quando si trovava sotto il soffocante dominio spagnolo era forse la città più noiosa d'Italia, in cui la notte era praticamente proibito tutto, tanto che durante la Peste del 1630 si diceva che in Palazzo Acerbi avesse dimora il Demonio in persona giacché la sera vi si tenevano feste.

Insomma, tempi nuovi vecchi guai…

(La foto del professor Martelli è di Daniele Mascolo)

Sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano

Docente di archivistica all'Università degli studi di Milano 

Francesco Martelli


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