Le tentazioni e la forza dello Spirito
Al Vangelo che narra i fatti riguardanti Gesù, l’evangelista Luca fa seguire un testo, gli Atti degli Apostoli, che parla della vita della prima comunità cristiana. L’idea di fondo dell’Autore delle due opere è quella di presentare in Gesù il modello al quale ispirarsi, mostrando negli Atti, figure esemplari che hanno vissuto e si sono comportate come Gesù. La vita di Gesù raccontata nella prima delle due narrazioni di Luca, diviene il riferimento per misurare il modo di agire della comunità e del singolo credente in ogni epoca della storia, agli inizi della predicazione del Vangelo e oggi ancora, a duemila anni di distanza.
In questa luce vogliamo leggere il brano delle tentazioni che la liturgia propone per la prima domenica di Quaresima. Lo leggiamo cercando di cogliere quello che può dire alla vita del singolo credente che è, o vuole essere, ciascuno di noi.
Tanto all’inizio del racconto del Vangelo, quanto all’inizio degli Atti, Luca parla della discesa dello Spirito Santo, su Gesù prima e sulla comunità dei discepoli, poi. A guidare e ad accompagnare la vita del credente in ogni tempo c’è la presenza dello Spirito Santo. È nella sua forza che è possibile vincere ogni tentazione, è nella sua forza che è possibile camminare sui sentieri del Vangelo. La prima tentazione da vincere, si potrebbe dire, è quella di pensare di essere da soli nel cammino della vita e della fede. Ogni uomo, in realtà, è sostenuto dal soffio dello Spirito che lo tiene in vita, come si legge nel Salmo 104, e ogni credente sa che la sua fede è vera perché ispirata dal soffio dello Spirito di Dio che ha ricevuto e in cui è stato immerso nel giorno del Battesimo.
Il tempo di Quaresima che è da poco iniziato, ci invita innanzitutto ad immergerci nella forza dello Spirito che con abbondanza è stata richiamata in queste domeniche, dal Battesimo di Gesù, passando per l’inizio della predicazione a Nazareth, fino ad oggi; ad immergerci nella consapevolezza che lo Spirito non è una forza impersonale, fatalistica di cui parliamo senza sapere quello che diciamo. Lo Spirito è la forza di Dio che guida la storia del mondo, garantendo la libertà dell’uomo senza che questa comprometta la volontà di bene di Dio per ogni creatura.
Venendo alle tre tentazioni specifiche che Gesù vince, è significativo vedere come esse siano sconfitte attraverso la scelta di Gesù di non giocare a “fare Dio”, per “affidarsi a Dio”. Nel testo di Luca il diavolo suggerisce a Gesù di compiere gesti che possano manifestare con evidenza la sua grandezza, per potersi riconoscere e farsi riconoscere come figlio di Dio. La potenza sulla natura, l’esercizio del potere politico ed economico, la forza del miracolo, avrebbero rassicurato Gesù stesso e i suoi ascoltatori, avrebbero garantito ai suoi discepoli che realmente Egli gode della potenza di Dio come da uomini la si pensa e la si vorrebbe incontrare. Gesù rinuncia a ricorrere a queste modalità di azione, effettivamente più diaboliche che divine, per affermare la sua identità, per mostrare il suo essere “figlio di Dio”. Il suo essere figlio non deriva dalla potenza che Egli possiede ed esercita, ma dalla consapevolezza vissuta che a sostenerlo è il Padre. Come per Gesù, così per il credente la forza di cui si riveste non è e non potrà mai essere nell’esercizio del potere umano. La forza della fede si colloca nella fiducia di sapersi sempre sostenuti dal Padre, anche all’interno delle contraddizioni che la vita presenta.
Con le dovute precauzioni, perché è difficile trarre semplicistiche e affrettate conclusioni che dalle pagine del Vangelo giungono ai problemi e alle situazioni del presente, la pagina di Luca che oggi ascoltiamo mi porta a pensare se logiche di riarmo, affermazioni di potenza bellica, logiche di scontro siano la soluzione ai problemi mondiali di questo tempo, mi porta a pensare che forse c’è qualcosa di più importante da difendere in ogni circostanza e situazione: la vita di chiunque, ovunque egli sia nato o nata, prima di qualsiasi altro valore che viene proclamato.
Un’ultima considerazione vorrei cogliere da quanto oggi leggiamo. Penso che difficile come vincere le tentazioni, sia riconoscerle. È sempre affascinante la formella della Maestà di Duccio da Buoninsegna, che raffigura questo episodio biblico. In essa il diavolo è raffigurato con tutti i segni della sua malvagità. Eppure nella nostra vita, come probabilmente nella vita di Gesù, il diavolo non si presenta con un biglietto da visita. La qualità della tentazione, la sua pericolosità è proprio nell’apparire come una specie di bene. La tentazione è l’inganno che si colloca dietro le affermazioni “non c’è niente di male”, “a fin di bene”. Questa è la tentazione: promuovere o difendere il bene con mezzi impropri.
Capiamo allora perché ci sia bisogno dello Spirito; perché da soli non si vince la tentazione. Senza l’aiuto dello Spirito, non potremmo smascherare le contraddizioni nascoste dietro l’apparente buon senso di tante frasi e discorsi che pronunciamo e sentiamo. Con il suo racconto oggi ancora Luca ci dice che dalla tentazione nessuno è esente. A venticinque anni di distanza, mi piace ricordare il gesto di san Giovanni Paolo II, che nella prima domenica di Quaresima dell’anno santo del 2000, chiese perdono a Dio per i peccati commessi da uomini di Dio che non sempre agirono in suo nome. Il gesto umile del santo papa, mi sembra utile anche per noi, anche oggi, per ricordarci che sempre siamo sotto lo scacco della tentazione, che sempre potremmo cadere anche se profondamente uniti e legati alla comunità cristiana. Ma accanto a tutto ciò, non dimenticarci che la potenza dello Spirito è anche quella di comunicarci il perdono di Dio, di aiutarci a non disperare mai di poterci rialzare, anche quando, essendo a terra, riconosciamo di essere caduti in tentazione.
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