Manda il tuo Spirito, o Signore, a rinnovare la terra!
Terminata la lunga quarantena che ci aveva costretto a rimanere chiusi in case per diverse settimane, per evitare di essere contagiati dal Covid19, gli psicologi avevano evidenziato un fenomeno in crescita dai toni assai drammatici: la “sindrome della capanna”, ovvero la paura ad uscire di casa, a immergersi nuovamente nella quotidianità fatta di incontri, di relazioni, di confronti. Se una fetta consistente di italiani ha vissuto con superficialità quella seconda fase di apertura tuffandosi nella cosiddetta movida senza troppe precauzioni, c’è stata un’altra fetta, non meno consistente, che ha provato angoscia nell’oltrepassare la soglia della propria abitazione. Insomma per molti c’è stato un drammatico terrore nel tornare a vivere! Un dato agghiacciante che ha come protagonisti non solo gli adulti, ma anche molti giovani che si sono rifugiati, ancora di più, nel mondo virtuale di internet e dei social media. Gli Hikikomori – ragazzi che hanno scelto deliberatamente di ritirarsi dalla vita sociale, giungendo a livelli estremi d’isolamento, con abbandono della scuola nella fascia 15-19 anni – solo in Italia sono già oltre 100.000. Tale fenomeno, nato in Giappone, è comunque antecedente alla diffusione del Coronavirus e dice quanto diffusa e pervasiva sia la spinta individualistica!
Dietro alla sindrome della capanna non credo ci fosse solo il timore di essere contagiati e di finire in ospedale, ma anche una certa fatica nel lasciarsi coinvolgere nuovamente nelle relazioni umane, nel confronto con l’altro che spesso ha idee e comportamenti distanti dai propri. Tanti si sono rintanati nel proprio orticello che sarà pur angusto e monotono, ma almeno capace di tenere lontano tensioni, ostilità, discussioni. I confini ben marcati infondono sicurezza, le solite persone che si incontrano non chiedono dei “particolari” cambiamenti, le stesse azioni compiute ogni giorno instillano tranquillità e sicurezza. Meglio insomma la noia ai conflitti, il solito tran tran alle novità che impongono un ripensamento di sé, il grigiore della quotidianità ai colori sgargianti di un futuro incerto dal punto di vista sociale, politico e soprattutto economico.
È assodato, poi, che la pandemia peggiorata poi dalla guerra e delle speculazioni dei poteri forti che hanno aumentato vertiginosamente il costo della vita, ci ha reso peggiori: più incattiviti, più insofferenti, più cinici, più impazienti, più disorientati. Almeno prima ci credevamo invincibili e potenti, ora ci sentiamo fragili e indifesi e per questo più arrabbiati.
Per certi versi assomigliamo ai discepoli che dopo l’ignominiosa morte in croce di Gesù si sono chiusi nel Cenacolo sprangando porte e finestre. Per loro non c’era la paura del contagio dal Covid19, ma il timore di essere presi dai giudei e messi a morte alla stregua del loro Maestro. Ma c’era, anche, un senso di sgomento e di inadeguatezza davanti a un mondo così sordo e malvagio, dinanzi a degli uomini pronti ad osannare e poi subito dopo a condannare.
Perché uscire? Perché andare incontro a chi non ci comprende? Perché dover sostenere relazioni difficili, contrasti laceranti, confronti sfiancanti?
Meglio rimanere chiusi nelle proprie paure, lasciarsi cullare dalla nostalgia di tempi passati quando si era più poveri ma più veraci, addirittura meglio permanere nel fango del proprio peccato piuttosto che dover alzare la testa e iniziare a cambiare stili di vita e modi di pensare…
Una cosa coraggiosa, però, gli apostoli l’hanno fatta: restare uniti, non sparpagliarsi. Gli unici due che sono scappati da Gerusalemme per rifugiarsi ad Emmaus sono stati riacciuffati da Gesù e sono stati “costretti”, dalla forza dell’amore, a tornare sui loro passi. Questo sparuto gruppo di amici ha scoperto la forza della comunione, dell’unità: uno sostiene l’altro, uno consola l’altro, uno infonde coraggio all’altro. È proprio vero o ci si salva tutti insieme o si perisce tutti insieme.
Gli apostoli, nonostante la loro ignoranza, la loro cecità, la loro grettezza hanno compreso una lezione fondamentale di Gesù: la carità, l’amore, la comunione fraterna sono più che vincitori sui tanti segnali di morte che attanagliano e soffocano il cuore dell’uomo.
Lo Spirito Santo, l’amore di Dio seminato in ogni angolo dell’universo, si posa su questa intuizione, su questo germoglio di Vangelo. A Dio basta davvero poco per compiere prodigi straordinari: da due pani e cinque pesci non produce forse cibo per oltre cinquemila uomini?
Allora, in questo giorno solenne di Pentecoste, innalziamo vigorosa la nostra preghiera: “Manda il tuo Spirito, o Signore, a rinnovare la terra”.
Manda il tuo Spirito anzitutto a rinnovare il nostro cuore, ad infondergli coraggio e forza, sapienza e intelligenza, spirito di intraprendenza e di creatività. Susciti soprattutto in noi uno sguardo nuovo sugli altri: non più antagonisti e nemici da allontanare, ma fratelli da incontrare e da servire, vere e proprie vie di arricchimento umano e cristiano. Abbiamo bisogno l’uno dell’altro anche perché senza l’altro finiremmo per disumanizzarci e per soffocare nel non senso diventando estranei a noi stessi.
Manda il tuo Spirito, o Signore, sulle nostre comunità impaurite e fiacche, perché grazie alla fede in Te, Divino Provvidente, possano essere “fontane” inesauribili di speranza alle quali tutti possono abbeverarsi. Siano realtà profetiche che aiutino l’uomo a capire la propria fragilità ma anche la propria grandezza. Accanto alla carità verso i bisogni materiali dei più poveri e fragili sarà assolutamente necessario coltivare un’altra carità, non meno importante: quella della stima vicendevole. La mormorazione, il pettegolezzo, il giudizio, l’invidia, la gelosia sono atteggiamenti mortiferi per una comunità: creano unicamente divisioni, sospetti, pregiudizi. La coesione, la fraternità, la comunione sono doni dello Spirito da invocare e da desiderare ardentemente.
Manda il tuo Spirito, o Signore, su quanti governano il mondo perché siano sempre ispirati dalla ricerca del bene comune e non da interessi di parte, non dalla ricerca avida del potere e della supremazia sull’altro, non da guadagni facili e di speculazioni finanziarie che affamano quella parte di mondo già priva di pane e di speranza. Soprattutto nessuno bestemmi usando il tuo nome per benedire le armi, la guerra e la violenza… il tempo in cui uomini di Chiesa, brandendo la spada, gridavano “Dio lo vuole!” è definitivamente finito.
Manda il tuo Spirito, o Signore, su ciascun cristiano perché sia contagioso nella fede, allettante per la sua ardente carità, attraente per la sua speranza indomita nel futuro, appetibile per il suo modo di pensare e di agire. Manda il tuo Spirito perché non si lasci mai scoraggiare dal proprio peccato e dalla propria debolezza, perché sia rigoroso quando si tratta di difendere i diritti dei poveri e degli ultimi, perché il suo impegno per gli altri e per la comunità non abbia mai altri fini se non un servizio gratuito e generoso, perché il Vangelo sia l’unica sua strada e l’esclusiva sua meta.
In questi anni, o Signore, hai messo a dura prova la nostra fede. Perdonaci se a volte vorremmo comprendere tutto e avere la spiegazione di ogni cosa. Perdona le nostre ribellioni, le nostre disubbidienza, la nostra arroganza, la nostra supponenza. Perdona quando vogliamo insegnarti a fare il tuo mestiere di Dio! Fede non significa avere chiaro ogni cosa, ma significa avere fiducia in Colui che ha ben chiaro ogni cosa. Perdonaci Signore e manda il tuo Spirito e i suoi santi doni di sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà e timore di Dio. Amen. Alleluia.
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