23 aprile 2025

Non è normale se persone di tutte le età hanno paura di arrivare alla propria macchina nel parcheggio o a rientrare in casa

“Papà, mi puoi venire a prendere, per favore?”

La telefonata fa parte di quel lavoro che, un genitore, affronta di solito senza particolari problemi; un figlio o una figlia, adolescente, ha passato una serata con amici in oratorio piuttosto che in casa di amici e deve tornare a casa. Tutto regolare, ma il motivo di quella telefonata è diverso e non è collegato con la pigrizia, la ragazza, dando un'occhiata in strada, e siamo nel centro di Cremona non in una città critica, opta per una ben più conservativa telefonata ad un genitore invece di affrontare qualche centinaio di metri da sola per rientrare a casa. Ci sta tutta la questione, prendi la macchina, arrivi a destinazione, carichi lei e l'amico o amica che abitano in zona e li riporti a casa, fai il possibile per evitare che possano essere coinvolti in una brutta esperienza in grado di segnarti per anni. Una brutta, anzi pessima, esperienza di quel genere non è come un temporale che rovina una festa all'aperto ma è un qualcosa che ti rende impotente davanti ad un fatto compiuto, impotente davanti ad una società che vede sgretolare davanti a sé quel rapporto di fiducia negli altri e in ciò che ti circonda. La cronaca nera, pur con tutti i suoi limiti e il bisogno di acutizzare eventi, racconta di un qualcosa di deleterio che sembra trovare spazio sempre con maggior vigore, racconta di una violenza diversa dalla solita, più profonda ma, soprattutto, più determinata e senza problemi a manifestarsi in qualsiasi momento. Sembra quasi incurante di telecamere e testimoni, quasi come se un atto violento sia naturale e, in alcuni casi, necessario, come una sorta di passaggio al quale conviene abituarsi alla svelta.

“Abbiamo guardato fuori in strada e non ci sentivamo tranquille, scusa per il disturbo ma non ce la sentivamo di tornare a casa a piedi”

Non c'è nessun problema, l'eccesso di sicurezza in questi casi è una importante forma di protezione, in macchina ripensi a quella frase e di come, 40 anni fa, mio padre, verosimilmente, non avrebbe mai dovuto sentire una frase del genere; un adolescente, nel bene o nel male, avrebbe percorso a Cremona quelle poche centinaia di metri da solo senza porsi grossi problemi. Qualche cretino bazzicava in giro di certo ma sapevi bene chi erano quelli che era meglio non incrociare o quei due o tre posti dove dovevi girare al largo, oggi quelle poche ma rassicuranti certezze sembrano venire sempre meno. Osservi dalla macchina le stradine del centro e noti piccoli gruppi di ragazzi che sembrano muoversi senza una meta precisa, va bene così, ci mancherebbe altro, ma se anni fa quello era un sinonimo di socializzazione oggi, a volte, sembra più un modo per andare alla ricerca di qualcosa, qualcosa che nulla ha a che fare con la socializzazione o il passare del tempo. Non ci farai mai l'abitudine a determinati cambiamenti, più che altro perché ti rendi conto che lo stesso ragionamento di una adolescente, oggi, viene fatto anche da persone di età più avanzata, il cretino di ieri non è lo stesso di quello del 2025, la fiducia nella città in cui vivi non è quella di 40 anni fa. Triste ammetterlo, ma una società “nuova, moderna e proiettata al futuro” non sta andando al passo con la “città smart” anzi, sembra che di intelligente ci sia poco da mettere sulla tavola se persone di tutte le età devono aver paura di arrivare alla propria macchina in un parcheggio o a rientrare in casa. Non è solo una questione di competenze o responsabilità, è cercare di riallacciare il rapporto tra i cittadini e una città da vivere il fulcro del problema, senza quello la fiducia in ciò che ci circonda e in ciò che ci rappresenta rischia di non tornare più in equilibrio. Gli episodi non sono più così isolati, messi in fila sembrano ormai aver delineato una sorta di limbo che prende sempre più piede in varie aree cittadine, dalla periferia alla stazione, dal centro alle stradine limitrofe: ma è così dappertutto in tutta Italia, dicono. Sarà vero ma frasi del genere mica aiutano a far trovare quell'equilibrio, anzi si rivelano spesso più deleterie che neanche il concetto che vorrebbero far passare. Il brusio dal sedile posteriore si concentra su altro, è intermittente ma gli sguardi sono rivolti fuori dal finestrino, come a cercare conferme di quei timori raccontati pochi minuti prima.

“Papà, hai capito cosa intendevo quando ti ho telefonato?”

Inutile girarci intorno, una città presenta sempre problemi di questo genere, il problema è quando si vuole minimizzare una situazione rendendola “percepita” quasi come a voler ribadire che i problemi sono ben altri, ma non è solo una questione di percezioni più o meno valide, è quella fiducia che rischia di perdersi senza che vi siano alternative percorribili per poterla ritrovare.

Marco Bragazzi


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