Pale eoliche a fianco del Torrazzo?
Italia Nostra ha assunto posizione contraria rispetto all’eolico, “opinione” che la Sezione di Cremona pienamente condivide. Premesso che all’art. 3 dello Statuto si legge che “l’Associazione si propone in particolare quali attività istituzionali quelle di suscitare il più vivo interesse e promuovere azioni per la tutela, la conservazione e la valorizzazione dei beni culturali, dell’ambiente, del paesaggio urbano, rurale e naturale, dei monumenti, dei centri storici e della qualità della vita”; premesso che la nostra città e le zone limitrofe non sono particolarmente ventose, a buon diritto si può ritenere che la Città non corra tale pericolo e pertanto l’argomento possa assumere un carattere salottiero.
Per altro si dà per scontato che nessuno intenda istallare pale eoliche in piazza del Duomo in prossimità del Torrazzo. Vi è certamente uno sbalzo termico, determinato dalla configurazione della struttura architettonica che consente un ricambio d’aria in tutte le stagioni, ma si ritiene che nessuno oserebbe pensare che il conseguente diniego della Soprintendenza a posizionare qualche pala sarebbe da ritenersi questione ideologica. Per buona pace di tutti fortunatamente gli spazi non lo consentono!
Ciò premesso, proprio per le caratteristiche del nostro territorio, che ci permettono di non essere direttamente coinvolti nel problema, è forse possibile affrontarlo con le dovute necessarie distanze. Si può tentare d’oltrepassare le mere opinioni. Non si dimentichi che queste, come tali, strutturalmente si configurano come mezze verità: incapaci di falsificare le posizioni contrarie in quanto poggiano su osservazioni fra loro estranee.
I sostenitori dei parchi eolici poggiano le proprie tesi sul tema dell’approvvigionamento dell’energia in nome di un’autarchia resasi necessaria in seguito alle note vicende internazionali. Tale posizione sembrerebbe mettere in campo osservazioni di un certo interesse.
Al contempo, i difensori del paesaggio evidenziano l’identità naturale ed antropica del nostro Paese. Le due posizioni pervengono a conclusioni contrarie, ma poggiano su argomentazioni fra loro non immediatamente congrue e pertanto non confrontabili.
Vi è però un comune denominatore: l’economia dell’Italia. É poi così vero che quanto si andrebbe a realizzare posizionando pale eoliche porterebbe ad un risparmio tale da giustificare la perdita dell’identità del paesaggio, perdita che, al contempo, è sgarbo irreversibile all’ambiente? A prescindere dagli effetti di tali strutture gigantesche, non abbiamo forse un’economia che, umiliata nel lungo periodo dalla pandemia, ha necessità di potersi riaffermare e che certamente uno scempio del paesaggio renderebbe non più perseguibile? Il turismo, che si allea con la cultura, non è forse una delle priorità economiche del nostro Paese? Non si invocano qui valori etici né tanto meno ontologici, cui dovremo in seguito fare doverosamente riferimento, ma il banale interesse che tanto banale non è.
L’economia è, si vorrebbe per lo meno che fosse, impiego razionale dei beni, allo scopo di ottenere il massimo vantaggio col minimo dispendio. Ma perché l’economia sia tale è necessario un confronto fra le reali risorse e una comparazione atta ad evidenziare il percorso più redditizio.
È in tale contesto che si fanno avanti i valori etici: il paesaggio, non è semplicemente la presenza di un luogo gradevole a vedersi o ad abitarsi. Oggi si configura come immagine dell’ambiente: si manifesta come il suo aspetto per denunciarne la salubrità o l’insalubrità. L’ambiente, prima ancora di far riferimento all’abito, che s’indossa e che si può anche dismettere, è l’habitat in cui si vive, è il luogo imprescindibile di “dove si sta”. Il riferimento è all’esistente. Il fondamento dell’etica va ricercato nell’ontologia che pone prioritariamente come referente la vita: l’uomo.
C’è una concatenazione fra esistenza, etica ed economia. Se etica viene declinata a prescindere dall’esistenza il significato etimologico è “costume”. Nulla è più aleatorio del costume soggetto alle vicende. Per altro come accade per l’abito. Così, l’economia è ridotta alla realizzazione di un potere auto-referenziale. Il paesaggio è ben altro: è presenza del luogo in cui la vita trova la propria sede ed è segno dell’uomo, è traccia che si costruisce nel tempo dove presente si declina con passato e ad esso non ci si può arbitrariamente opporre come nessuno di noi può rifiutare il proprio DNA.
Presidente provinciale di "Italia nostra"
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commenti
Manuel
16 dicembre 2022 18:18
Complimenti vivissimi alla presidentessa! Le sue spiegazioni non sono il Vangelo, ma a me convincono e mettono alle corde i bizantinismi dell’assessore neo-democratico, il quale, sempre che abbia inteso bene, tratta tali argomenti/sfide con la leggiadria della sfinge del gallio: un po’ su questo fiore, un po’ sull’altro, basta “volesse bbene”, che “tutto s’aggiusta”. La premessa stessa nella lettera di Virgilio basterebbe a consigliare grande prudenza e piedi di piombo, onde evitare che i nostri pronipoti, tra cent’anni, possano chiedersi: “Ma i fenomeni dei nostri nonni e bisnonni non potevano lasciarci un mondo più gradevole? Una dose non ipercalorica di problemi?”
Marco
17 dicembre 2022 13:44
Come ho già avuto occasione di sottolineare un un altro editoriale a firma dell’Arch. Maramotti, l’approccio alla transizione ecologica è puramente ideologico. Se da una parte è giusto diversificare le fonti energetiche, dall’altra è un errore gravissimo assumere come dogma che basti installare parchi fotovoltaici ed eolici per renderci indipendenti. Bene la transizione, ma fatta in modo progressivo, consapevole ed intelligente. Arroccarsi su posizioni estremiste significa inoltre dare una mazzata all’economia ed all’occupazione, come certamente avverrà nel campo dell’automotive. L’autarchia, poi, ha già mostrato i propri limiti nel XX secolo, sempre dettata da logiche legate alla guerra ed alle difficoltà di approvvigionamento delle materie prime e del petrolio. Non ci è bastata la lezione? Ad maiora.
Manuel
17 dicembre 2022 16:33
È probabile che nel corso dei secoli e, in particolare, durante gli ultimi due, i pochi oppositori degli scempi perpetrati, oggi visibili o non più visibili, siano stati licenziati come massimalisti, catastrofisti o, peggio ancora, nemici del progresso, ma quasi sempre inascoltati, ignorati, dileggiati. La parola stessa “transizione”, adottata al fine di etichettare una delle priorità il periodo, comporterebbe un percorso progressivo. La velocità di crociera sarà determinata dal/i guidatore/i ma, pare, il fattore tempo sia fondamentale.
L’economia rimane determinante, così come nel precedente passato dell’umanità, ma la capacità di sopportazione del pianeta lascia intuire vicine crepe o prossimi collassi.
Se i ricorsi storici hanno palesato le imperfezioni o fallimenti di autarchie e piani quinquennali menzionati, ora sul banco degli imputati rimarrebbe solo il libero mercato e sarebbe buona cosa non scansare la critica. Non vorrei, un giorno, gli sbandieratori del pragmatismo salvifico, venissero a rimproverare gli stolti idealisti di apatia o indifferenza. Pure di questi personaggi si adorna la storia.
Marco
17 dicembre 2022 20:22
Corretto. Transizione dovrebbe significare proprio un processo progressivo, invece si assiste ad una rivoluzione. Come ho scritto sopra, è giusto diversificare le fonti ma la logica iconoclasta e manichea non porta mai buoni frutti. Il problema, a mio parere, è che troppi parlano di ecologia per mascherare interessi economici enormi, pochi hanno davvero a cuore i problemi ambientali. Staremo a vedere.