Paulo Bruscky in mostra in Cittadella
Mi aspettavo di incontrare un uomo severo, dal carattere difficile, addirittura scontroso. Quelle sue immagini degli anni 70 me lo facevano immaginare così: la barba nerissima e foltissima, l'espressione sempre combattiva e provocatoria, quei cartelli polemici fatti di cartone appesi al collo… Durante gli anni bui delle feroci dittature sudamericane lo hanno arrestato tre volte. Lo hanno pedinato giorno e notte, salutandolo ogni volta che si girava col ghigno galante e diabolico di chi prima o poi, quando meno te lo aspetti, ti farà la festa. E una volta gliela hanno quasi fatta la festa, quando era solo di notte per strada e gli hanno sussurrato spietati “comincia a correre”…
E invece mi sono trovato davanti un uomo di una gentilezza assoluta, di quella delicatezza timida e grata che ti mette tanto a tuo agio quanto in imbarazzo. Due occhi marroni grandi e buoni come la cioccolata calda d'inverno e una voce calma e così garbata che quasi si fatica a sentirlo. E addirittura un paio di momenti di commozione davanti ai nostri archivi sconfinati e supertecnologici, lui che senza mezzi per decenni ha raccolto decine di migliaia di pezzi di carta che ha ordinato con la pazienza che è solo dell'amore alle cose che si fanno mettendo tutta la propria vita sul piatto.
Paulo Bruscky è veramente un uomo da incontrare, di quelli che hanno vinto la loro guerra e oggi commossi si godono un po’ increduli di essere sopravvissuti e che il mondo glielo abbia riconosciuto.
Un artista che davvero non si è mai arreso, perseguitato perché in quegli anni e in quei luoghi non era ammesso esporre la propria arte, non era ammesso esprimersi liberamente e nemmeno avere degli spazi. Ed ecco che lui costruisce una rete postale di artisti di paesi come il suo per far circolare l'arte “proibita” dentro le lettere postali, che se spedite in grande quantità potevano scampare la censura e viaggiare. Ne ha raccolte quasi 50.000 di quelle espressioni d'artista da tutto il mondo, e per la prima volta in assoluto una piccola parte di questo straordinario archivio può essere vista fuori dal Brasile, in Italia, a Milano e proprio alla nostra Cittadella degli Archivi.
Rimane, l'archivio. Si crea sempre per sedimentazione e per accumulo, esigenza di deposito e conservazione che deriva dalla esigenza ancestrale dell'uomo di mettere per iscritto quello che prova, quello che accade, fin dalle pitture rupestri di 40.000 anni fa, fin dal bambino che non può stare senza un pastello e un foglio di carta.
E col tempo, suo malgrado e per nostra fortuna. l'archivio da deposito si trasforma in testimone imprevisto di pezzi di storia molto spesso controversi e drammatici. Esattamente come è accaduto grazie all'amore e alla caparbietà di Paulo Bruscky.
Una straordinaria occasione di incontrare di persona e ascoltare la storia di questo artista e uomo d'eccezione, domani (domenica 24) mattina alle 11 in via Gregorovius 15. Tutto grazie alla disponibilità di Jacopo Crivelli Visconti, già Direttore della Biennale di San Paolo e vero e proprio “scopritore” di questo splendido tesoro, e alla collaborazione con Collezione Ramo, che organizza con paziente bravura e grande efficienza la Milano Drawing Week, la settimana del disegno milanese.
Una mostra da non perdere per tutti gli appassionati di Archivi, e per tutti gli irredenti amanti della libertà, visitabile fino al 10 dicembre.
(La foto del professor Martelli è di Daniele Mascolo)
Sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano
Docente di archivistica all'Università degli studi di Milano
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