28 novembre 2024

Quella sorta di degrado visivo e sentimentale della mia città che rischia di peggiorare

“L'uomo venuto dall'impossibile” è un film che ha poco più di 40 anni, un film che racconta di come un gentiluomo – termine ormai considerato ridicolo – della Londra tardo vittoriana costruisce una macchina del tempo per viaggiare nel futuro o nel passato. La speranza del protagonista è quella di fare un balzo avanti nei decenni e scoprire come, verso la fine del XX secolo, la società sarebbe cambiata in meglio rispetto alla Londra del tardo 1800. Senza guerre, violenza o disperazione il gentiluomo immagina nel futuro una vita stupenda, ma si troverà nella San Francisco di fine anni '70 con il solo desiderio di tornare indietro dato che i presupposti iniziali verranno completamente smarriti. “Impossibile” sarebbe stata la mia risposta 40 anni fa circa ad una ipotetica intervista su come sarebbe diventata la Cremona di oggi, una intervista da fare – o da subire in base alle domande - mentre camminavo lungo via Palestro come centinaia di altri studenti. Una intervista fatta osservando una città che sembrava rispondere, anche se non sempre in maniera positiva, a stimoli o a richieste, una città dove comunque dava la possibilità ai cittadini di fare scelte e valutare alternative più o meno valide per il futuro. Oggi, a distanza di qualche decennio da quella intervista, la stessa città sembra persa nei suoi equilibri fondamentali, nel tempo quelle famose alternative che potevano essere considerate allora come naturali ed ovvie sono, perlopiù, sparite; il confronto non è più un termine che sembra farsi spazio nel 2024, tra occhi di vetrina spenti e malcelate notizie di cronaca nera si cammina tra strade che sembrano tornare a vivere solo con vecchie immagini o colorate cartoline. La consapevolezza di vedere sempre più ridotte le alternative a disposizione è la questione peggiore, i problemi non arrivano mica tutti in 5 minuti così come non li risolvi in 5 minuti, ma l'aver sottovalutato scelte che hanno avuto un impatto devastante su una città, partendo dalla vita commerciale, non ha di certo gratificato quelle scelte di vita quotidiana che, camminando come uno studente in via Palestro, avrei tentato di spiegare davanti ad una ipotetica intervistatrice o intervistatore. Il problema è nazionale non solo locale, viene costantemente ripetuto come la tabellina del 7 davanti a questi cambiamenti, sarà anche vero ma il problema è, innanzitutto e soprattutto, locale perché impatta direttamente sulla vita di persone che devono vivere una città seguendo il flusso dei ricordi più che scoprire le possibilità che ogni luogo può offrire. La consapevolezza e la naturalezza che stanno prendendo piede nei confronti delle notizie di cronaca come di quelle sull'elenco delle cessate attività fa veramente paura, perché sembra giustificare un mondo che vede non solo sparire le luci delle vetrine ma che sembra togliere progressivamente alla vita quotidiana la possibilità di fare scelte libere e consapevoli. Una città che sembra spegnersi sopraffatta da eventi che non può gestire e che sembra aver perso letteralmente il controllo sulla vita cittadina mentre coloro che cercano di ovviare, con gli strumenti di cui dispongono, a situazioni che si stanno facendo sempre più critiche sembrano destinati ad una sorta di abbandono che fa riflettere su come cercare di affrontare un problema. Il rischio, ormai conclamato, è quello di vedere sfiorire determinate potenzialità, trasformare un luogo comunque vivibile in qualcosa che perde progressivamente i propri valori non solo economici ma anche umani. Una città da vivere non è quella dove devi aspettare le luminarie natalizie per tornare a camminare con tranquillità, non è di certo quella di una comunità che è costretta a porsi domande su cosa ci aspetterà in futuro senza capire esattamente dove siamo in questo momento, l'equilibrio del piccolo vivere quotidiano passa attraverso il piacere di poter fare scelte che e di poter nutrire piccole aspettative che fanno parte della vita di ognuno di noi. Aspettative che poi, per carità, verranno prontamente smentite come nella Londra di fine XIX secolo ma che contribuiscono, e non è poco, a creare una visione ben allargata e a coinvolgere persone oltre a quei luoghi, oggi, destinati ad essere dimenticati alla stregua dei cantanti pop degli anni '80. La tristezza di non riuscire a capire ma anche di non accettare quella sorta di degrado sia visivo che sentimentale nei confronti di una città sviluppa un sapore diverso nel dover affrontare le questioni cittadine; crea disaffezione, distacco, lontananza non soltanto fisica ma soprattutto emotiva, porta alla rinuncia verso l'espressione del voto come nel dialogo tra le parti quando si devono prendere decisioni. Era “impossibile”, secondo la mia piccolissima idea di una città da vivere, ritrovarmi 40 anni dopo in questa situazione, mi sbagliavo tantissimo e forse sbaglio anche adesso, ma il rischio concreto è quello che, vista l'incredibile accelerazione che stanno prendendo gli eventi, quel senso di comunità e di città possa sgretolarsi ancora.

Marco Bragazzi


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commenti


Michele de Crecchio

30 novembre 2024 00:04

Dopo un discreto recupero ambientale realizzatosi nei lustri che videro come sindaci di Cremona, Zanoni, Zaffanella, Garini e Corada, il paesaggio urbano di Cremona è tornato a peggiorare come nei terribili anni dal periodo fascista ai primi anni settanta. Attualmente il degrado si sta diffondendo in modo impressionante e si evidenzia soprattutto nella cattiva qualità dei colori e delle rifiniture con i tali le ultime giunte lasciano degradare o trasformare in peggio, facciate, serramenti, coloriture, pannelli pubblicitari e pavimentazioni stradali. Mala tempora currunt!

Patrizia Signorini

2 dicembre 2024 03:47

Il malessere si respira nell'aria e nei dettagli sempre più numerosi ed emergenti di trascuratezza e abbandono. Sono passati ormai ben più di 20 anni da quando scrissi "non spegnete le luci della città" : oggi stiamo ancora parlando di questo, ma nel mezzo qualcosa si è spezzato veramente, nelle cose attorno a noi e nel modo di essere cremonesi. Era intuibile cosa sarebbe successo, ma ci siamo arrivati lo stesso.