25 novembre 2022

Scusate se sono donna

I tempi cambiano eppure alcune cose non cambiano mai, si è sempre fatto così. Frasi banali?! Forse, dipende dai punti di vista. Dovremmo chiederlo a chi ogni giorno sfida convenzioni, pregiudizi, oppure, semplicemente, desidera lavare da sola la propria macchina ad un autolavaggio e viene molestata. A volte, parcheggiare l’auto in un parcheggio sotterraneo o in una via poco frequentata, oppure, attendere un treno a tarda sera, in una qualsiasi stazione, diventa un enorme problema di sicurezza se si è sole. Solo qualche esempio di quotidianità. 

In genere cerco sempre di evitare di scrivere una qualsiasi cosa legata al mondo femminile, in qualche modo la cosa mi crea un certo disagio. Mi sembra sempre, pur essendo donna, di dover parlare di una specie da tutelare e questo mi infastidisce. La dura verità, però, è proprio questa. Essere donna, a volte, è un vero problema. Non voglio snocciolare numeri legati alle statistiche perché i numeri di cui parliamo non sono un qualcosa di astratto, sono vittime, sono persone.

Il numero di morti per violenza durante la pandemia ha subito una crescita esponenziale. Il 2021 è stato un anno nero per la violenza sulle donne. Senza dimenticare i casi di allontanamento dalla casa familiare, i divieti di avvicinamento ed il fenomeno del revenge porn, il nuovo male della società moderna, dove tutto si dà in pasto al web.

Nel 2019 in Italia è entrato in vigore il “Codice rosso”, una modifica al codice penale e l’aggiunta di altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, una modifica che prevede una maggiore difesa anche per le nuove forme di aggressione inserite nel mondo virtuale e dei social network. I tempi cambiano, eppure, certe cose non cambiano mai. Ogni epoca assiste alla battaglia della donna per affermare il semplice e fondamentale diritto all’esistenza ed alla libertà. Il facile concetto del vivi e lascia vivere non dovrebbe essere un privilegio maschile ma un diritto di ogni essere vivente. Un lusso, però, che non a tutti è concesso. Nel maggior numero dei casi sono gli ex partner o i partner a trasformarsi in aggressori e mostri. La violenza non è solo fisica ma, anche, psicologica. A pochi giorni dalla Giornata internazionale contro la violenza sulle donne sono stati diffusi i nuovi dati ed in Italia, da inizio 2022, sono aumentate le denunce per violenza domestica del 50%. Se da un lato la campagna contro i femminicidi sta ottenendo ottimi risultati, dall’altro resta ancora molto da fare. La violenza non è Amore. Fondamentale è vincere la vergogna, la paura di denunciare. 

Purtroppo, in ogni vittima, si insinua il terribile tarlo di non essere abbastanza o di avere fatto qualcosa di sbagliato. Esiste un infinito numero di antologie e di scritti che identifica i chiari segnali di uomo violento: da chi vuole sempre avere ragione, urla senza mai lasciare spazio alle opinioni della compagna, impone un modo di vestire, di mangiare, è geloso fino all’ossessione e cambia spesso umore diventando aggressivo. Credo sia fondamentale imparare a riconoscere un uomo violento da subito ed allontanarlo. Chiedere aiuto è il primo passo per riprendersi la propria vita.

Ci sono vittime come Saman Abbas, la ragazza pakistana di 18 anni uccisa da un complotto di famiglia per evitare il disonore, lei come una guerriera silenziosa ma, immensamente forte, ha combattuto in prima linea la battaglia per essere libera, viveva in Italia e voleva vivere all’occidentale. Una ribellione che le è costata la vita. Ci sono le donne dell’Afghanistan che, a due giorni dall’anniversario della caduta di Kabul, sono scese nelle strade per chiedere giustizia, diritti ed istruzione. Donne in nero, costrette a coprirsi il volto, l’intero corpo, obbligate a nascondere la propria fisicità, messe a tacere a colpi di kalashnikov sparati in aria dai talebani e da colpi di bastone, il tutto davanti alle telecamere di giornalisti internazionali accorsi per raccontare Kabul dopo la salita al potere dei militari estremisti e la ritirata dei militari Nato ed americani. Le donne tentano di resistere, i talebani le chiudono  in casa, loro non demordono nella ricerca della libertà ma sono poche e spaventate. In Bangladesh, invece, basta rifiutare l’apprezzamento di un uomo perché una donna si trovi con il viso sfigurato dall’acido, non solo, una protesta per uno sgarbo ad una famiglia di vicini o una proprietà di un terreno contestata può essere garanzia di acido sul volto.

Ci sono donne vittime di guerra. Raccogliere ogni testimonianza è un colpo al cuore. Impossibile difronte a tanta disumanità, in ogni forma, non chiedersi il perché. Lo abbiamo scritto più volte, non è un tema di appartenenza ad una certa nazionalità, è crudeltà fine a sé stessa, una forma di esercizio di supremazia. Lo sanno bene le donne ucraine che, ancora oggi, sono martiri del conflitto con russi. Kiev sta raccogliendo le prove per <stupro di guerra> in Ucraina, crimini inizialmente negati, confusi dalla macchina del fango. Un meccanismo già vissuto con il massacro di Srebrenica, città della Bosnia Erzegovina, dove resta vivo il dolore del ricordo delle  violenze inaudite subite dalle donne, gli orrori di stupri etnici e delle gravidanze forzate.

Ci sono le donne dell’Iran che a gran voce, dal 16 settembre, dopo la morte di Mahsa Amini, la giovane arrestata a Teheran dalla “polizia morale” per aver indossato il velo in modo non conforme alle regole della Repubblica islamica, gridano “Donna – vita – libertà”. Organismi umanitari che operano fuori dall’Iran hanno calcolato che nella violenta repressione del governo abbiano perso la vita più di 300 persone.

Il quadro che si delinea non è dei più rosei, ci sarebbe molto ancora da raccontare di ogni parte del mondo. La mia non è una presa di posizione a favore o sfavore di qualcuno. Credo, però, che il periodo storico che stiamo vivendo ci imponga una riflessione su ciò che accade da sempre. Lo hanno scritto pagine di storia: non possiamo dimenticare che la donna è sempre stata considerata inferiore, ovunque, un essere da dominare. 

Solo il 30 gennaio del 1945 le donne ottengono il diritto di voto in Italia, non senza fatiche. Ad oggi, come sottolineato dalla Commissione europea nella comunicazione relativa alla strategia per la parità di genere 2020-2025, “finora nessuno stato membro ha realizzato la parità tra uomini e donne: i progressi sono lenti ed i divari persistono nel mondo del lavoro e a livello di retribuzioni, assistenza e pensioni; … a livello globale, il raggiungimento dell’uguaglianza di genere e della emancipazione di tutte le donne e le ragazze rappresenta uno dei 170 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile che gli Stati si sono impegnati a raggiungere entro il 2030”. 

Il 25 novembre è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, una ricorrenza voluta dalle Nazioni Unite. Nessuna legge, nessuna manifestazione potrà mai essere efficace senza la prevenzione. La strada da percorrere è ancora lunga. Serve un’educazione finalizzata al rispetto della persona, alla gentilezza, il rispetto delle differenze per raggiungere l’obiettivo dell’uguaglianza come valore assoluto. Il rispetto è la prima forma di civiltà.

Beatrice Ponzoni


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