Solo chi ascolta sa parlare!
Tra gli ultimi gesti del rito del battesimo spicca il rito dell’Effatà: il sacerdote tocca, con il pollice, le orecchie e le labbra del bambino battezzato dicendo: “Il Signore Gesù, che fece udire i sordi e parlare i muti, ti conceda di ascoltare presto la sua parola, e di professare la tua fede, a lode a gloria di Dio Padre”. Il primo grande sacramento, infatti, apre alla comunione con Dio e quindi ad una relazione profonda e autentica con gli altri e con la realtà che circonda l’uomo. Un’apertura, però, che il battesimo offre, ma non garantisce sempre perché il peccato è costantemente accovacciato alla porta del cuore dell’uomo e tenta costantemente di chiudere ogni comunicazione con l’esterno.
Satana, il grande seduttore, con una scaltrezza e fantasia invidiabili spinge l’uomo ad una solitudine assoluta, illudendolo di poter trovare la felicità – il compimento di sé stesso – unicamente da solo, senza doversi confrontare con Dio e con chi ha intorno. E più l’uomo è solo più diventa vulnerabile, fragile, fatalmente indifeso. La solitudine amplifica i problemi, acuisce l’ansia, ingigantisce le preoccupazioni e porta inevitabilmente l’uomo a cercare facili compensazioni e veloci compromessi.
Il primo effetto del peccato è chiudere le orecchie dell’uomo alla voce del Padre.
Il passatempo preferito del demonio è, infatti, quello di presentare Dio all’uomo in maniera totalmente distorta: ha iniziato nel giardino terrestre con Adamo ed Eva e tuttora continua con ciascuno di noi! Spesso lo dipinge come un tiranno esigente e severo che giudica e punisce l’uomo ogni volta che cade in errore, altre volte come un padre distratto e lontano che mai o quasi mai si interessa alla vita dei suoi figli, altre ancora come un essere inutile e dannoso, una sorta di fardello pesante di norme, divieti, precetti che complicano inutilmente la vita, rendendola grigia e triste e impendendo di godere delle cose più belle o, infine, come una “cosa” superflua e noiosa che non ha nessuna utilità per la vita di ogni giorno. Di fronte a questi impietosi ritratti l’uomo non può far altro che chiudere ogni rapporto con l’Onnipotente, cercando di mantenerlo il più distante possibile. E qui nascono i problemi: più si allontana Dio dalla propria vita e più ci si sente smarriti, confusi, soli, arrabbiati, in preda a quel “non senso del vivere” che conduce a tristezza e depressioni, ma sempre più spesso anche ad atteggiamenti di violenza gratuita o a comportamenti disordinati e dannosi per sé stessi e per gli altri.
Allontanarsi da Dio significa entrare in una terribile solitudine anche se si è circondati da mille persone, anche se si è connessi 24 ore con il proprio smartphone, anche se si hanno cinquemila amici su Facebook. Paradossalmente più siamo interconnessi e più la solitudine morde con ferocia l’animo.
Allontanarsi da Dio, che è la sorgente della nostra identità e di ogni nostra relazione, significa non conoscersi più, non avere più padronanza di sé stessi, non comprendere che certi comportamenti reiterati o certe abitudini non controllate incidono profondamente sul carattere cambiandolo irrimediabilmente in peggio! Significa non riuscire a sintonizzarsi sulla stessa linea d’onda di chi ci sta davanti arrivando a considerare il proprio interlocutore uno strumento da usare per soddisfare i propri bisogni, un ostacolo da eliminare senza pietà o un oggetto inutile da snobbare senza ritegno. I tanti orribili fatti di cronache che purtroppo si consumano soprattutto tra le mura domestiche non evidenziano tutto questo?
Nel Vangelo di questa prima domenica di settembre Gesù si trova in terra straniera, nella Decapoli, perché anche tra i pagani deve risuonare quella Parola che salva dall’incomunicabilità e dalla solitudine. L’uomo che gli viene presentato è, appunto, un sordo e per questo è anche muto: non potendo ascoltare, non riesce neanche a parlare! Accade così anche a noi: non aprendo le nostre orecchie alla voce di Dio, non sappiamo come esprimerci correttamente e fruttuosamente con gli altri! Cristo è l’unico che è capace di insegnarci a relazionarci con il nostro prossimo.
D’altra parte se una persona non si è mai sentita amata, non ha fatto esperienza di una cura e una attenzione disinteressata, gratuita, tenera come potrà esprimere tutto questo agli altri? Noi siamo anche il frutto delle nostre esperienze quotidiane.
È significativo che Gesù prenda questa persona in disparte, lontano dalla folla! Se l’uomo vuole iniziare ad ascoltare ciò che è davvero essenziale per la propria vita deve fare silenzio, allontanarsi dal marasma del mondo che provoca solo assordante rumore e inutile confusione!
Il silenzio è necessario per riappropriarsi di sé stessi, della propria intimità, per ritrovare la giusta scala dei valori, per sentire la voce di Dio che è sempre così tenue, rispettosa, quasi sussurrata, eppure così vera, appassionata, appagante.
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