7 ottobre 2023

Una mostra e la partecipazione dei cittadini alle scelte urbanistiche

L'attuale iniziativa ‘Le Terre di Cremona’, mostra allestita al Museo di Storia Naturale aperta fino al 29 ottobre, permette una riflessione differentemente sull'immagine della città di Cremona e pone interrogativi sulla visione della città in generale. Forse di primo acchito alcuni visitatori dell'esposizione si saranno domandati il perché di questo proliferare di animali, e la curiosità che suscita la mostra serve appunto a liberare la nostra immaginazione. Alfred Korzybski, ingegnere e filosofo polacco, ha condotto negli anni Trenta i suoi studi su come le persone percepiscono il mondo visibile. La sue ricerche lo hanno portato a definire una nuova disciplina, denominata Semantica generale, che permette di capire come le persone attraverso le loro astrazioni mentali si immaginano il mondo che vedono. Una teoria che ha voluto emanciparsi dal sistema classico, superando così per la prima volta nella storia le leggi del pensiero di Aristotele.

Gli architetti Bignardi, Masotti, Micheli, Nicolosi, con questa celebrazione di visioni di animali e di luoghi (sarebbe stato bello vedere anche qualche oggetto in terra cotta) hanno voluto presumere alcune domande. Come considerare altrimenti la questione della rappresentazione della città? L’approccio classico della pianificazione urbanistica è quello di sviluppare sulla città solo uno sguardo tecnico-economico.? Come affrontare la questione dell'immagine nella pianificazione urbana? È possibile concepire strumenti di controllo e gestione di questa immagine?

Per fare questo occorre il più possibile essere consapevoli delle nostre capacità astrattive e che cosa significa leggere il mondo che ci circonda. L'esempio più esplicito è la frase di Korzybski: la mappa non è il territorio, occorre differenziare l'oggetto dalla sua rappresentazione. Per farla meno difficile: il menu non è il pranzo. Gli studi di Korzybski sono stati di giovamento per il teorico urbanista Kevin Lynch, che negli anni Sessanta ne ha dedotto la sua teoria sulla percezione della città da parte degli abitanti. “Come un'architettura, la città è una costruzione nello spazio, ma di scala enorme, qualcosa che si percepisce solo nel corso di lunghi periodi di tempo. La progettazione della città è quindi un'arte temporale” (Kevin Lynch, “L’immagine della città”, 1960).

Nonostante questo background di conoscenze ben pochi architetti e urbanisti hanno pensato di applicarle alla pianificazione delle città queste grandi scoperte. Da queste considerazioni potrebbero scaturire una serie di proposte. La rivoluzione delle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione hanno contribuito ad un ampliamento e ad una accelerazione esponenziale di tutte le forme di scambio di informazioni e di immagini. Credo che la teoria di Alfred Korzybski sulla percezione della realtà, che oggi si sviluppa essenzialmente attraverso il medium del telefonino e poi del nostro cervello, sia più che mai di attualità. L'immagine virale e virtuale non solo ha modificato i nostri stili di vita, ma anche la nostra relazione con la città. Non dimentichiamoci che l’epoca nella quale stiamo vivendo ha contribuito a erigere il “risparmio di tempo” come unità di valore, trasformando il nostro modo di pensare, sostituendo il tradizionale “pensiero a lungo termine dei nostri avi” nel “pensiero immediato”. Come si manifesta questo “pensiero dell'istantaneità” nelle riflessioni sulla città ? Se le innovazioni e le rigenerazioni urbane hanno difficoltà a svilupparsi, ciò è dovuto ad una sconnessione fra il tempo (futuro come orizzonte temporale associato al concetto di città sostenibile) e il tempo presente (che è quello dell'utente e attuale del progetto urbano).

L'urbanesimo dell’urgenza, dell’emergenza, delle pressioni economiche e politiche, partecipano a questa disgiunzione, e si avvera un modo di fare una città insostenibile. Per "pianificazione dell’urgenza" intendiamo la diffusione di soluzioni "pronte per l’uso” basate su modelli che non permettono più di avere il tempo di interrogarci su quello che stiamo decidendo. Questo favorisce l’accettazione di soluzione comunemente ammesse, senza prendere il tempo di riesaminare i modelli sulle quali si basano. Si rischia in questo modo di farsi inghiottire dagli aspetti tecnici della pianificazione urbana, che sono solo un mezzo per arrivare il prima possibile a delle soluzioni. Questa dinamica confisca spesso il tempo per la riflessione necessario per fare della città sostenibile una questione sociale: cosa decidiamo di fare? qual è il significato di ciò che facciamo?

Per questo motivo, la riflessione sulla città sostenibile, necessita una revisione critica, una rilettura degli sviluppi urbani contemporanei. Ho già avuto modo di affrontare nel 2017, con gli amici Bignardi, Masotti, Micheli, Nicolosi, i temi di lettura urbana in occasione del Laboratorio “La curiosità del progettista. Un’esperienza di progetto” durante il quale ho cercato di esprime la mia lettura della città Cremona mediante una serie di mappe astratte e di slogan pubblicati nel fascicolo “Cremona: quattro visioni di città” (edito sotto l'egida dell'Ordine degli Architetti di Cremona). La domanda che ci si pose all'epoca è se, in un'epoca di iper velocità, abbiamo ancora i mezzi per andare oltre la visione tecnicista che produce la città.

Se partiamo dal presupposto che è possibile dovremmo allora attuare una urbanistica consapevole e graduale nella quale i cittadini, attraverso per esempio delle Convention cittadine, possano partecipare e conoscere le scelte urbanistiche per esserne i protagonisti. É illusorio che ai cittadini possano bastare le Commissioni o gli uffici tecnici delle amministrazioni, questi garantiscono solo la conformità del rispetto dei regolamenti e delle leggi, ma mai si interessano della relazione con l'immagine della città, questa è un'altra rappresentazione, ma è quella più importante e vincolante, che rimane per sempre nel tempo futuro.

La speranza è quella di vedere una nuova generazione di piani regolatori capaci di distinguere quello che è la struttura della città, quelle parti più lente a modificarsi (infrastrutture, aree verdi, spazi pubblici etc.) e quello che dovrà essere " il quotidiano" della città, gli obiettivi, separando finalmente le regole dagli indirizzi generali da perseguire nel breve periodo. Il concetto di fondo, per il miglioramento della qualità urbana è che l'esistenza quotidiana, le situazioni ordinarie e gli spazi dove si vive ogni giorno devono rappresentare il centro dell'attenzione , dell'interesse e dell'impegno di tutti. “L'esistenza di un'arte della composizione urbana altamente sviluppata, è legata alla generazione di un pubblico critico e attento. Se l'arte e il pubblico progrediscono insieme, allora le nostre città saranno una sorgente quotidiana di benessere per il più grande numero di abitanti” (Kevin Lynch, “L’immagine della città”, 1960).

Enrico Maria Ferrari (architetto)


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