9 giugno 2021

Unesco e controllo della qualità dei violini costruiti a Cremona

Il problema del controllo di qualità per i violini costruiti a Cremona, patria indiscussa della liuteria, da sempre avrebbe dovuto essere tenuto in grande considerazione, come l'ANLAI non ha mancato di far presente in innumerevoli occasioni.

La nascita del Consorzio liutario avrebbe potuto contribuire alla soluzione del problema, a patto che ci fosse stata adesione da parte di tutti i liutai cremonesi e si fosse potuto provvedere al controllo della produzione di ogni liutaio, condizione essenziale  per ottenere un certificato di garanzia. 

Qualche risultato obiettivamente è stato ottenuto, ma è largamente insufficiente se paragonato alle necessità e alle attese. Lo spirito di individualità che contraddistingue la categoria, gli interessi di alcuni contrapposti a quelli di altri, il numero notevolissimo di liutai di una dozzina di nazionalità diverse concentrato in città, hanno impedito l'autentica consociazione e un serio dibattito su problemi rilevanti quali ad esempio l’abusivismo, ma anche la mancanza di un albo per i liutai professionisti e, perché no, anche del titolo di studio o di un esame abilitante alla professione (che esiste invece in alcuni paesi europei).

Onestamente non posso dire che sia il sindaco con la sua governance, sia il Distretto non abbiamo provato a risolvere alcuni degli annosi e spinosi problemi che riguardano la liuteria cremonese (soprattutto dopo gli articoli apparsi sulla stampa nazionale e locale che denunciavano lo scandalo dei violini in bianco) ma i risultati a mio avviso sono stati ben lontani dalla sufficienza.

Il problema è annoso. Mi piace ricordare che nel 1949, a margine delle manifestazioni del tricentenario Stradivariano (per la verità si sarebbero svolte 4 anni dopo la effettiva nascita del maestro come credo di aver dimostrato nel mio libro recentemente pubblicato “Stradivari svelato“) Giovanni Iviglia e i membri della Giuria della Mostra di liuteria organizzata per l’occasione, non solo censirono presso il Museo Civico i 275 strumenti presentati all’esposizione costruiti tra il 1875 ed il 1949, elencando tutte le loro caratteristiche in un Registro del violino, ma posero le basi per un effettivo controllo della produzione nell’interesse degli acquirenti e dei liutai costruttori. Con Iviglia lavorarono al progetto il prof. Pasqualini ed i liutai Fredi, Bisiach, Ornati, Utili e Tenucci. 

La proposta, che venne pubblicata in appendice ad un’opera del Bacchetta, prevedeva la nascita di una commissione internazionale composta da liutai ed esperti, da nominarsi ogni anno, che avrebbe potuto risolvere ogni problema. Chi fece naufragare il progetto, che avrebbe potuto essere risolutivo, fu però proprio Il Comune di Cremona  e così  sono trascorsi più di 70 anni e... ci ritroviamo il problema. 

Non posso esimermi a questo punto dal ricordare un’altra proposta ANLAI (ripresa in quanto presentata quando ero ancora presidente ALI), “il Collegio peritale“ che avrebbe dovuto essere costituito per poter giungere ad expertise da parte di una commissione di grandi esperti e quindi  in grado di  “togliere il potere”  ai pochi eletti, che oggi lo detengono indisturbati, alcuni dei quali secondo il parere di molti  lo gestirebbero a volte in maniera almeno discutibile. 

E siamo arrivati all'UNESCO, e al progetto del piano di salvaguardia che sino ad ora ha escluso o solo promesso il coinvolgimento dei diretti interessati, (i liutai) suscitando le rimostranze del Consorzio e delle sigle sindacali (ma quanti liutai cremonesi sono iscritti ai Sindacati?), determinando inoltre finalmente  anche la discesa in campo di un personaggio chiave nell'ambito della liuteria…

Non posso non aggiungere  alcune considerazioni in merito. 

L'Unesco, per mantenere il suo apporto, non sarà costretta a pretendere serie condizioni? Sono giunti il momento e il modo per risolvere il problema della qualità della produzione? Il piano di salvaguardia della liuteria cremonese e delle sue tradizioni imporrà fatalmente ai liutai regole di comportamento a cui dovranno sottostare  per ottenere il riconoscimento della loro  produzione?  E potrei anche aggiungere: non sarebbe forse opportuno che il piano di salvaguardia una volta approvato potesse essere esteso anche ad altre scuole italiane che lo meriterebbero?  

Ma non si dimentichi che molti altri sono i problemi del settore sia in Italia sia a Cremona a cominciare, ad esempio, dalle Scuole che dovrebbero magari divenire di livello universitario (come è accaduto per il settore del restauro).  Ma questo è un altro discorso...

 

Gualtiero Nicolini


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