18 giugno 2024

Un’arte da preservare: la poesia dialettale cremasca

L’uso dei dialetti in Italia è un fenomeno complesso e in continua evoluzione. Nonostante la diffusione dell’italiano come lingua comune, i dialetti continuano a essere una parte importante del nostro patrimonio culturale. Il dialetto, pur essendo spesso sottovalutato, rappresenta infine una parte importante della letteratura e della cultura di una regione.

 Oggi coloro che parlano il dialetto sono ormai un esiguo numero di persone, ma sono ancora meno coloro che scrivono in dialetto: qualche insegna nostalgica su negozietti nascosti, qualche biglietto storpiato sugli scaffali del supermercato, che vuole pubblicizzare in modalità più appariscente che la merce è a chilometro 0; qualche associazione culturale che in cartelloni pubblicitari considera che il nome della città sia scritto come in lingua italiana: Crema e non Crèma. Poi ci sono i poeti. Sono invece in aumento le persone che usano i bilinguismo italiano-dialetto. Si può ricorrere alla statistica del 2015, fidandoci dell’Istat, che ha eseguito una ricerca in tal senso. Qui scopriamo che:

il 45,9% della popolazione di sei anni e più (circa 26 milioni e 300mila individui) si esprime prevalentemente in italiano in famiglia.

Il 32,2% parla sia in italiano che in dialetto.

Solo il 14% (8 milioni 69mila persone) usa prevalentemente il dialetto.

In questa statistica si inseriscono anche i dati di chi parla una lingua diversa, perché pur risiedendo in Italia è proveniente da altri Stati. 

Nonostante le diverse forme di contrasto messe in atto nella metà del secolo scorso, nei confronti di una lingua prevalentemente parlata, i dialetti che dovevano scomparire con la progressiva diffusione della lingua italiana, sono ancora vitali, anche se soggetti a un processo di trasfigurazione dialettale. Inoltre l’uso prevalente dell’italiano decresce con l’aumentare dell’età a favore dell’uso esclusivo oppure combinato col dialetto. Questo suggerisce che l’uso dei dialetti potrebbe continuare a diminuire con il tempo, ma non è detto che scomparirà completamente: possiamo percepire che  nonostante le trasformazioni sociali e culturali, i dialetti in Italia non mostrano segnali evidenti di imminente estinzione. Continuano a essere funzionali e vitali come varietà aggiuntiva, parallela alla lingua nazionale. Quindi, è difficile prevedere con precisione quanto durerà ancora l’uso dei dialetti nel nostro Paese, ma è chiaro che rimarranno una parte importante del panorama linguistico italiano per il prevedibile futuro.

Se vogliamo applicare a questi dati statistici la storia della poesia cremasca dovremmo partire da lontano: dice mons. Piantelli a proposito della poesia dialettale nel suo Folclore cremasco del 1985 «… man mano che la data di pubblicazione di queste stampe si avvicina sempre più al Novecento, si può notare in esse un evidente miglioramento: il verso è più scorrevole, la dizione più decisamente dialettale, meno ammanierata. Ma la povertà di spirito e d'ispirazione è assoluta». 

 Lontano dalle correnti letterarie nazionali,  che nel secondo dopoguerra avevano ispirato una presa di coscienza di una situazione politica stagnante e spinto critici e scrittori italiani alla ricerca di nuove forme espressive di narrazione e rappresentazione, senza velleità di  promuovere uno sperimentalismo ad oltranza e cercare di rompere con le convenzioni tradizionali della poesia e della prosa, spingendo verso nuove forme di espressione e contenuto, la poesia cremasca inizia un suo nuovo percorso. Le opere poetiche di Federico Pesadori e di Rosetta Marinelli Ragazzi sono state conosciute da più generazioni di cremaschi: i loro nomi erano «famosi» presso i contemporanei, ma anche negli anni successivi. Il dialetto che i due poeti hanno proposto, da allora ebbe una propria, seppur limitata, dignità presso i cittadini che sapevano leggere e scrivere in dialetto e molti ne seguirono l’esempio, mettendo in versi il loro amore per la città, per il loro quartiere. Altri autori diedero a questo punto l’avvio all’espressione dei propri sentimenti ed emozioni pure e dirette, affidate ad una sola immagine e vissute in una sola situazione. Le emozioni potevano scaturire dall’osservazione della natura, dall’occasionale contatto con oggetti, ma sempre coinvolgevano soprattutto i sentimenti. Nel secondo dopoguerra un’altra presenza poetica costante è stata quella di Piero Erba: grande affabulatore, un unicum nella produzione dialettale cremasca. La sua narrazione si snoda in terzine dantesche, ma con spirito ed intonazione tipicamente popolari. Piero Erba, il cui vero nome era Piero Freri, è scomparso nel febbraio del 2003. A lui la locale Pro loco del direttore-notaio Ferrigno, ha dedicato un esauriente volume edito dalla Tipografia Leva Artigrafiche di Crema nel 2007, con le sue opere. Tra queste  «La stòria da Crèma» (1970): è una narrazione della città e della sua cultura, espressa attraverso il dialetto locale, che riflette l’identità e le tradizioni della comunità cremasca, le vicende sono raccontate dalla fondazione della città, fino all’Unità d’Italia; ma in questo caso non siamo di fronte ad un poema, ma ad un insieme di varie e distinte composizioni, per di più non tutte volte all’esaltazione degli eroi o delle loro imprese. C’è anche nell’edizione: «Quatre vèrs an dialèt», una collezione di poesie che esplorano vari aspetti della vita e della storia di Crema. A lui solo il primo giorno di luglio 2019, è stata dedicata una via del quartiere dei Sabbioni: la cerimonia di intitolazione della via è stata sostenuta dal Lions Club Crema Host e preceduta da una raccolta di firme, che testimoniano il ricordo e l’apprezzamento per la sua produzione poetica.  

Ed è da questi anni che la poesia dialettale cremasca si espande in rivoli non sempre rintracciati né rintracciabili. Si scrive su tutto, si racconta di tutto, si definiscono produzioni poetiche anche quelle che in realtà sono prose, quello a cui si presta meno attenzione è forse la scrittura del dialetto locale. Ogni paese ha da sempre avuto la sua parlata specifica, un suo particolare modo di pronunciare le parole del quotidiano, ed è difficile mettere sulla pagina certi suoni che non sono quelli della lingua italiana: allora si inventano segni per discriminare il suono, da mettere sopra o sotto o prima o dopo la lettera. Un tentativo di portare verso una comune risoluzione del problema viene fatto dal Prof. Luciano Geroldi attraverso due incontri presso la sala Cremonesi del Museo di Crema con coloro che utilizzavano la lingua dialettale nei loro scritti. Parteciparono alle due riunioni soprattutto i poeti: che alla fine reclamarono il diritto di scrivere secondo i loro personali criteri: forse non intendevano accettare di complicarsi la vita per rispettare regole che non erano prima state codificate. Il prof. Geroldi lasciò perdere e pubblicò nel 2004. un’opera alla quale stava lavorando da anni: un Vocabolario del Dialetto di Crema, che esaurì in pochi mesi la tiratura del volume. I lemmi dialettali del vocabolario sono riferibili essenzialmente a un dialetto cittadino: non sono qui riportate le variazioni, le modulazioni della parlata paesana, ma almeno offre un aiuto a chi cerca di scrivere correttamente una parola dialettale. Nel frattempo il Prof. C.A. Sacchi firmò una collana di poeti dialettali cremaschi con il patrocinio della locale Pro Loco (2007-2013): in essa vengono presentati poeti che si sono avvalsi del dialetto per esprimere la loro vena poetica durante l’arco della loro vita. Il criterio non era quello di modificare la morfologia o la sintassi dei vari dialetti usati dagli autori, ma di conservarne la memoria in una opera collettiva, pur se pubblicata con scadenza annuale. Nella collana trovarono posto le produzioni di sette autori cremaschi: Ottomano Miglioli, Rosetta Marinelli Ragazzi, i maestri: Vanni Groppelli, Giuseppe Meazza, Fausta Donati De Conti, Giacomo Stabilini, Antonio Sbarsi. Alla presentazione di ogni volume veniva invitata la cittadinanza che partecipava numerosa nelle sale del palazzo comunale.

Nel 2011 L. Geroldi e C.A:Sacchi presentano insieme un cofanetto con la ristampa di Geroldi, con l’aggiunta morfologica, accompagnata da un Profilo della produzione poetica contemporanea in dialetto cremasco di Sacchi: una raccolta di poeti cremaschi che hanno pubblicato le loro opere dialettali nella seconda parte del ‘900. Anche questa edizione risulta presto esaurita. 

Nasce in questi anni l’idea di una raccolta di scritti di poeti cremaschi che potrà essere la vetrina per quegli autori che scrivono in dialetto, riempiendo fogli, quaderni che tengono gelosamente nascosti in cassetti strapieni: lì c’è il loro passato e il loro presente insieme alle speranze del futuro. Nessuno di loro ha mai pensato di pubblicare le proprie poesie: scrivono per il piacere di usare la loro lingua nativa e lì è raccontata la storia del dialetto nel territorio. Purtroppo la crisi economica si abbatte sulle risorse per la cultura e a questo si aggiunge un decesso inaspettato di chi aveva sostenuto economicamente e con un forte interesse per il dialetto Il Profilo precedente, il Dott. Filippo Rota. 326 autori stanno ancora oggi aspettando l’Antologia del dialetto cremasco per vedere pubblicata in una corposa edizione un esempio della loro produzione poetica. 

Si intraprende da allora a Crema una strada diversa, cercando di superare il gap economico, per non lasciar perdere l’interesse che si era riusciti a far circolare.

 Un gruppo di giovani Cremaschi dell’associazione RinasciMenti programma una giornata del dialetto (2017), da tenersi nei chiostri del prestigioso Museo di Crema. Un convegno al mattino per presentare lo stato dell’arte a chi conosce o vuole conoscere questo linguaggio, il pomeriggio dedicato a diverse performance di chi già lo usa, cantanti, cori di bambini. Autori che usano il dialetto si presentano al pubblico che accorre numeroso per tutta la giornata: una festa che doveva forse essere ripetuta negli anni successivi. Comunque l’input viene raccolto da chi culturalmente ha i mezzi per proporsi anche a chi vuole un taglio più clturale. Nel 2018 inizia sulla rivista del Museo Insula Fulcheria una serie di interventi critici del Prof. Franco Gallo sulla produzione poetica dialettale cremasca che continua ancora oggi. 

Questa lunga introduzione che diviene una sorta di presentazione di quanto è avvenuto sul territorio cremasco, vuole anticipare una proposta per non disperdere il materiale fin ad ora prodotto dai poeti cremaschi. Premesso che alcuni autori hanno avuto l’onore di veder raccolto la loro produzione poetica in una edizione personale come Luisa Capoferri Agostino, o il già citato Piero Erba ma intere raccolte prodotte su materiale cartaceo sono ormai esaurite. Sul digitale esistono solo gli articoli in Insula Fulcheria, di critica della poesia cremasca del prof. Franco Gallo e del prof. Vittorio Dornetti, ma ritengo interessante successivamente a questo articolo riproporre autori cremaschi dialettali, attraverso il materiale raccolto negli anni, perché è facile che possano essere dimenticate in un breve spazio di tempo quelle plaquette già citate nel presente articolo che qualcuno conserva gelosamente, ma che molti non ne conoscono neppure l’esistenza. Per realizzare questo progetto utilizzerò una gran parte degli appunti che il Prof Sacchi preparò in occasione della presentazione della collana Poeti Cremaschi di ieri e di oggi è un omaggio doveroso pe rrendere pubblico il materiale di uno studioso ed estimatore della lingua dialettale e della poesia in generale.

 

Graziella Vailati


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commenti


Luciana Groppelli

18 giugno 2024 10:26

Per nostra fortuna c'è chi raccoglie il testimone e continua il lavoro di raccolta e divulgazione del nostro dialetto.E' così che si crea e si mantiene viva una lingua e la si tramanda.