18 gennaio 2025

Un apprezzato poeta: Antonio Sbarsi da Casaletto Ceredano

Nel 1987, rispetto alla poesia in dialetto del secolo scorso, Franco Brevini in Poeti dialettali del Novecento, edito dalla Einaudi di Torino, scriveva:

Le motivazioni sociologiche dello sviluppo creativo dell’ultimo trentennio, della poesia in dialetto dei nostri anni, nasce da un evento sociale decisivo compiutosi nel dopoguerra: l’accesso alla cultura di larghi strati, precedentemente esclusi, con radicate abitudini di dialettofonia (…). In questi poeti il dialetto si apre a fucina di commistioni lemmatiche, di urti fra registri, addirittura di sorprendenti neologismi; ma il dialetto inclina alla sperimentazione, già attraverso la via della reinvenzione sulla vecchia parlata vernacolare o del ripescaggio archeologico di termini usciti dalla comunicazione corrente.

Il prof. Carlo Alberto Sacchi curatore dell’Antologia edita dalla Pro Loco di Crema nel 2013. scrive negli appunti per l’introduzione alla presentazione del libro sul poeta Antonio Sbarsi:

La sensibilità della tradizione popolare pone il maestro Sbarsi fra i poeti maggiori della piccola letteratura cremasca e non diverso è il giudizio espresso dalla critica colta. 

Antonio Sbarsi, rileva Sacchi, si fa notare soprattutto per la lingua, per la prosodia e per la poetica: la pubblicazione vuole essere testimonianza del valore dell'opera poetica dell’autore, nella speranza di diffonderne e di approfondirne la conoscenza. 

Infatti di lui e della sua opera, scrive Vanni Groppelli, meritatamente considerato il più profondo conoscitore e il più attento e competente critico della produzione dialettale cremasca:

Antonio Sbarsi come poeta dialettale si è fatto presto conoscere ed apprezzare con numerose composizioni pubblicate sui giornali cittadini e con altre premiate o segnalate in concorsi di poesia dialettale: rapidi e gustosi ritratti di personaggi tipici della vita quotidiana di paese, usi e costumi e tradizioni popolari, immagini e volti, fissati con robuste pennellate, in versi ariosi e carichi di espressioni genuine e saporose.

Biografia

Sbarsi nasce il 10/09/1920 ad Abbadia Cerreto (ora provincia di Lodi) ed è il penultimo di 13 figli: il padre (nato a Fombio il 24-02-1875) fa il casaro presso una azienda agricola; la madre è Cavanna Dosolina (nata a Oriolitta il 10-04-1884 da famiglia di origine sarda). All'anagrafe fu registrato col nome di Antonio, ma in famiglia e tra i conoscenti fu sempre chiamato Gioacchino, il nome di un fratellino morto due anni prima. Il papà morì nel 1922 a 47 anni a Casaletto Ceredano. Anche se la residenza era ancora ad Abbadia Cerreto, la famiglia viene registrata a Casaletto nel 1925: la vedova ha con sé otto figli dai 4 ai 23 anni. Antonio frequenta le scuole di Casaletto Ceredano. È diligente e studioso e una benefattrice, Maria Teresa Ragazzi, gli paga per qualche anno gli studi nel Seminario Diocesano. In seguito si diploma maestro elementare: insegna alle scuole serali a Casaletto e ha un impiego provvisorio anche in Municipio. 

Negli anni '40 la famiglia Sbarsi è alla cascina Colomberone dove la madre fa la lavandaia e i figli più grandi sono salariati agricoli.

Arruolato nell'Arma della Sanità durante la Seconda Guerra Mondiale, riportò una grave ferita. In seguito per breve tempo fu anche poliziotto a Mestre e quindi segretario comunale a Casaletto Ceredano. 

Nel 1948 si trasferisce a Casaletto in via Madonna delle Fontane n. 65, che diverrà la casa storica degli Sbarsi. La mamma muore nel 1951. Nel 1956 Antonio si sposa a Fiesco con Maria Marcarini maestra elementare e dopo il matrimonio si trasferiscono a Crema. La coppia avrà due figli: Vecellio e Domizio. 

Come maestro prestò la sua opera oltre che alle scuole serali di Casaletto, anche a quelle statali a Bordolano, a Spino d'Adda, ai Sabbioni e dal 1978 a Crema, presso la scuola elementare De Luigi.

 Fu legato da sincera e profonda amicizia con Vanni Groppelli, Giacomo Stabilini e Giuseppe Meazza e con loro diede vita al gruppo informale dei Maestri che tanti meriti acquisì nella divulgazione e nella produzione della poesia dialettale cremasca. 

Scrive molte poesie e commedie in lingua e in dialetto cremasco, che pubblica in edizioni varie: numerosi saranno i premi e i riconoscimenti  alla sua opera: 

  • ottavo premio ‒ sezione narrativa ‒ conferito dall'Accademia d'Europa di Lettere, Scienze ed Arti nel concorso europeo Gran Prix Etoile d'Europe nel 1988; 
  • secondo premio ‒ sezione poesia dialettale ‒ conferito dal Comune di Roma nel concorso Gran Premio Letterario Città di Roma nel 1994; 
  • ha ricevuto dall'Associazione Culturale Lago Verde di Roma il titolo di cavaliere per la poesia e l'arte nel 2000

Appassionato di musica, è soprattutto un sensibile interprete al pianoforte e un apprezzato organista. 

Nel 1995 l'Amministrazione comunale di Casaletto Ceredano (paese da lui sempre considerato la sua patria), lo premia con una targa di benemerenza. In quell'occasione Antonio, commosso, confiderà che mai premio gli fu più gradito, superiore anche a quello conseguito a Roma. 

Nell'anno 2000 il Comune di Casaletto sponsorizza il suo volume Casaletto Ceredano, le usanze, i personaggi, il dialetto, in cui l'autore scrive con passione del suo paese di origine, dei tanti ricordi e degli aspetti più tradizionali e caratteristici. 

Dopo una vita dedicata all'insegnamento e alla cultura cremasca, il maestro Antonio Sbarsi muore il 7 novembre 2009, in una casa di riposo a Crema all'età di 89 anni. 

Viene sepolto a Crema nel cimitero maggiore. 

BIBLIOGRAFIA 

Osbalos e... Pepoto, Tipografia Artigianelli, Crema, 1982.

Cento poesie in vernacolo cremasco, Leva Artigrafiche, Crema, 1992.

Casaletto Ceredano: le usanze, i personaggi, il dialetto (Casalèt badilèt, campane a fec), Leva Artigrafiche, Crema, 2000.

Ciàpe da cop, Tipografia Artigianelli, Crema s.a.  (L'opera è ormai introvabile, ma è citata da Vanni Groppelli nella sua Antologia).

C. A. Sacchi, Antonio Sbarsi Antologia, in Poeti cremaschi di ieri e di oggi, Pro Loco, Crema, 2013.

Sacchi nella sua introduzione fa notare: 

La scrittura di Antonio Sbarsi genera a volte difficoltà nella lettura: vedi, ad esempio, l'uso delle doppie consonanti, la segnatura degli accenti e la mancata distinzione dei suoni s (per la S dolce in italiano) e z (per la S aspra in italiano). Questa lacuna è facilmente perdonabile vuoi perché non intacca minimamente il valore poetico delle composizioni di Antonio Sbarsi, vuoi perché ai tempi in cui l’ autore scrive le sue opere, le regole di scrittura non erano ancora codificate, né erano stati pubblicati gli attenti e puntuali studi del professor Luciano Geroldi: Morfologia descrittiva del dialetto cremasco.

La lingua usata da Sbarsi è il dialetto della città di Crema, anche se egli ha trascorso la prima parte della sua vita nel paese di Casaletto Ceredano. Si tratta di una scelta cosciente, nata dalla consapevolezza che la lingua usata nella città, rispetto al gergo paesano, sia più idonea a esprimere la varietà dei sentimenti e, con la sua maggiore ricchezza di vocaboli e con la sua delicata musicalità, a comunicare, con più evidente profondità, l'intimità e l'immediatezza delle emozioni. 

Non mancano comunque nell’autore fugaci riferimenti al gergo paesano, soprattutto laddove i suoi vocaboli siano più adatti a evidenziare la vivacità o la comicità di alcune  particolari situazioni narrative: la prosodia di Antonio Sbarsi si distingue particolarmente per la varietà delle forme prosodiche utilizzate dal linguaggio parlato: egli ne  cura l'intonazione, il ritmo, la durata  e l'accento.  

Scrive Sacchi:

Quanto all'uso delle strofe si noti, fra gli schemi fissi, l'uso sapiente della terzina: lontana dagli influssi danteschi, ma coerente con l'espressione di sentimenti intimi. Molto frequente è il ricorso alla quartina, con la quale l'autore esprime una sorprendente variazione dei temi affrontati e dei suoi sentimenti più profondi. Questo tipo di strofa, usata sapientemente e coerentemente dal poeta, col suo ritmo lento, cadenzato e ordinato esprime spesso una intima tendenza alla riflessione e un pacato sentimento di ricerca interiore. 

O cara Madunina

O cara Madunina dal rusare,

Te ta set sempre lé a spetàm me

co'  la me mama; adès però j'è rare

le me presense e Te ta 'l set perchè:

la me vecina l'è scapada 'n cel,

me so cresìt e g'ho dimenticat

le sere che, ai to pé, co'  'n mà 'l capèl,

vardàe 'l to vis pensus e delicat

 

e ma parìa da tucà 'l cel col dit.

« Madòna, dam la to benedissiù-

pregàa me mama. - Te ta ghet patit

an sö 'l Calvare, ma sìef an du.

                   […]

Me mama adès la got al paradis, 

me g'ho dimenticat al vec altar;

però go amò 'n da j'oc al to bel vis

e sö la boca 'na brisa d'amar.

Ga n'è passat da l'aqua sota i punt,

ancò però so riturnat da Te,

o cara Madunina, a giüstà i cünt

per töt al bé che ta ghe fat per me. 

O cara Madonnina- O cara Madonnina del rosario / Tu sei sempre lì ad aspettarmi / insieme alla mia mamma; però ora sono rare/ le mie presenze e Tu lo sai perché:  // la mia vecchietta è fuggita in cielo,  / io sono cresciuto e ho dimenticato / le sere che ai tuoi piedi, con in mano il cappello / guardavo il tuo viso pensieroso e delicato // e mi sembrava di toccare il cielo con un dito: / “Madonna dammi la tua benedizione: / -pregava mia madre. – Tu hai patito // sul Calvario. ma eravate in due.”  

Mia mamma ora si gode il paradiso, / io ho dimenticato il vecchio altare; / però ho ancora negli occhi il tuo bel viso / e sulla bocca una briciola di amaro. // Ne è passata di acqua sotto i ponti, / oggi però son ritornato da Te, / o cara Madonnina, a sistemare i conti / per tutto il bene che hai fatto per me.

Sbarsi non è autore solo di quartine, ma anche di composizioni quinarie e usa questo metro con sapienza e coerenza, quale strumento atto a sottolineare con breve, ma intenso respiro, i momenti più intimi che nascono dalla contemplazione della levità dei sentimenti particolarmente delicati. 

Il tutto è sottolineato dallo scorrere di versi irregolari e generalmente brevi e dalla voluta mancanza della rima: si tratta di una prosodia che trova riscontri nella produzione di molti lirici moderni e contemporanei che si sono espressi non solo in lingua volgare.

La mama

'Ndal nì ghè 'n üselì

con vèrt la buchina:

al ga fam.

'Na passerina ga porta 'l pissòt:

l'è so mama.

Gh'è 'n popo 'n da la cüna,

al dorma tranquil,

survegliat

da 'na fatina dal vis surident:

l'è so mama.

Gh'è 'na cara dunina

che cos la pulenta:

che prüföm,

e che apetit!... Va 'l dise 'n d'un'urègia:

l'è me mama.

           […]

Mama, perla preziusa

creada dal Signur,

sempre bèla

anche quand al so cor l'è turmentat

dal dulur.

La mamma- Nel nido c’è un uccellino / con la boccuccia aperta: / ha fame. / Una passerina gli porta il bocconcino:/ è la sua mamma. // C’è il neonato nella culla, / dorme tranquillo, / sorvegliato da una fatina dal viso sorridente: / è la sua mamma. // C’è una cara donnina / che cuoce la polenta: / che profumo, / e che appetito!... Vi dico in un orecchio: / è lei mia mamma. // Mamma, perla preziosa/ creata da Dio / sempre bella / anche quando il suo cuore è tormentato / dal dolore.

Dagli appunti del prof. Sacchi.

Antonio Sbarsi fa anche largo uso delle strofe a schema variabile, strumento che egli impiega per esprimere la grande varietà dei temi, dei sentimenti e delle emozioni: questo schema libero sottolinea la libertà interiore da cui può nascere la vera poesia.

Rispetto alla metrica, il verso più usato da Sbarsi è l'endecasillabo, caratteristica questa comune a tutti i poeti più amati dai cremaschi, quali: Federico Pesadori, Rosetta Marinelli Ragazzi, Piero Erba e Giacomo Stabilini. Ovviamente tutti i sonetti sono in endecasillabi che risultano molto scorrevoli e naturali, perché si rifanno propriamente alla lingua parlata e perché sono svincolati dalle pesanti strutture sintattiche proprie della lingua italiana. Il Maestro usa, unico esempio nella nostra piccola letteratura cremasca, persino il sonetto caudato, che, contrariamente alla prosodia classica, si differenzia a volte per la peculiarità di non usare gli ultimi due versi in chiave comica, ma in continuità formale e contenutistica con il resto della composizione. 

Vari dunque sono i versi da lui usati. Particolarmente amato è il metro senario. 

Tragedia divina

Le tas le campane,

l'è triste 'l Signur:

l'è là sö la crus

tra pene e dulur.

L'è nìgher al cel,

l'è töt agitat;

al dis al ladrù:

«Signur, go pecat,

però so pentit:

ma portet con te?»

Respund al Signur:

«Fradel, ve con me.»

Sa sent la trabàcula*

al dopo disnà

e töta la zent

la corr a pregà.

Arènt a la crus

da Cristo Gesù

la zent l'è 'n preghiera

con tanta diussiù.

Ma, trema la tera,

sa sent an rumur:

Gesù l'è spirat

tra pene e dulur.

*  È uno strumento costituito da un’assicella con i battenti metallici da sbattacchiare in sostituzione del suono delle campane legate  durante la settimana santa. (dal Vocabolario di L. Geroldi)

Tragedia divina- Tacciono le campane, / è triste il Signore: / è là sulla croce / tra pene e dolori. // È nero il cielo, / è tutto agitato; / e dice il ladro: / “Signore ho peccato, // però son pentito: / mi porti con te?” / Risponde Cristo: / “Fratello, vieni con me”. // Si sente la raganella / al pomeriggio / e tutti corrono a pregare. // Vicino alla croce / di Cristo Gesù / la gente è in preghiera / con tanta devozione. // Ma trema la terra, / si sente un rumore: / Gesù è spirato / tra pene e dolori.

Aggiunge Sacchi:

L'ottonario viene magistralmente usato dall’autore nelle sue numerose filastrocche. Si noti come in Antonio Sbarsi è assai presente anche il ricorso alla particolare sonorità e snellezza del verso libero. Quanto all'uso delle rime va notato che il loro impiego risponde sempre ai canoni tradizionali: rima baciata, rima alternata, rima sciolta; il nostro poeta rifugge però dal ricorrere alla rima al mezzo; poco presenti sono inoltre le assonanze e le risonanze. 

Filastrocca n° 3

An da l'òrt da Michelì

gh'è un curnac e 'n canarì,

gh'è 'na pita coi piusì,

gh'è la pola col pulù,

 'na cavrina col cavrù,

tri galèt e des capù;

gh'è la nadra 'namurada

che la bala la lambada.

           [….]

Gh'è Rusina macaruna

che la mangia la patuna,

gh'è Teresa bruntuluna

che la sgrana la curuna;

gh'è Batesta berghimì

che '1 sùgòta fa pipì

sö la cola d'erburì.

Per finì la ciciarada

derve l'ós e core 'n strada

e cusé, basti bastù,

go finìt la me cansù.

Filastrocca n° 3Nell’orto di Michelino / ci sono una cornacchia e un canarino, / c’è una chioccia con i pulcini, / c’è una tacchina con il tacchino, // una capretta col caprone, / tre galletti e dieci capponi; / c’è l’anatra innamorata / che balla la lambada. // C’è Rosina sempre col moccio al naso / che mangia il castagnaccio, / c’è Teresa brontolona, / che sgrana il rosario; // c’è Battista bergamino che continua a far pipì / sul rialzo dove è seminato il prezzemolo. // Per finire la chiacchierata / apro la porta e corro in strada / e così a conclusione / ho finito la mia canzone. Nella lettura delle poesie si può notare la varietà dei temi affrontati da Antonio Sbarsi: può essere funzionale una ripartizione organica della vasta produzione poetica dell’autore. 

Una significativa rilevanza hanno le composizioni più propriamente liriche: il sentimento lirico in questo poeta nasce quasi sempre dall'osservazione commossa, riguardante la bellezza delle immagini della natura: esse sono lette con animo pieno di sentimento e coinvolto anche da riflessioni illuminanti. 

Dumà...

Tramunta 'l sul e 'n cel cumpar la lüna

col so suris rutund e bunaciù.

«Dumà, dumà. l'è 'na giurnada buna»

al dis an veciulèt con cunvinsiù..

                        […]

Al dé dopo ta dèrvet j'oc cuntent

ma ta capéset che l'è stat an foch

da paia, che 'n mà t'ha restat an bel nient...

Dumà, forse dumà... Sensa baciòch

l'è la campana di to sentiment...

                           […]

Apò stantìt, al pà 'l sent da rusada

se ta set bu da vif a la giurnada.

Domani-Tramonta il sole e nel cielo compare la luna / col suo sorriso rotondo e bonario. / “Domani, domani, sarà la giornata buona”. / Dice un vecchietto con convinzione. // Il giorno dopo apri gli occhi allegro / ma capisci che è stata una fiammata / di paglia, che in mano non ti è restato un bel niente… // Domani, forse domani… Senza battacchio / è la campana dei tuoi sentimenti… // Anche raffermo, il pane ha sapore di rugiada / se sei capace di vivere alla giornata. 

Commenta Sacchi:

Nella sua produzione poetica, notevole rilevanza hanno anche gli affetti familiari. L'affetto familiare più tenero e profondo è quello che quasi tutti i poeti cremaschi nutrono per le loro mamme. Sbarsi non fa eccezione. 

Oltre a queste composizioni, significativamente risultano degne di nota le liriche dedicate ai figli di cui egli canta le lodi e in cui si lascia andare al legittimo orgoglio per le virtù della prole. 

Un affetto che riveste grande rilievo nelle creazioni dell’autore è senza dubbio quello che egli nutre per la propria piccola patria. È da notare che si considerò figlio di due realtà diverse: Casaletto Ceredano in cui visse l'infanzia e la giovinezza, e la città di Crema in cui visse il resto della vita. Ed è alla piccola patria dell’infanzia che dedicò una delle sue poesie più belle e più famose. 

 La figura umana è molto presente nella produzione poetica di Antonio Sbarsi: si tratta per lo più di ritratti che non hanno come scopo alcun intendimento moralistico e nessuna pretesa di puntuale realismo. 

Aucàt da Casalèt

Aucàt da Casalèt j'è scurmagnat,

e 'n verità la gh'è 'na qual linguassa 

che taja da fil e da costa... Da mat 

an vede mìa sö töta la gran massa.

Da butighér che roba 'n sö la pesa 

ga n'è pö, e se scapa 'n qual mezeto, 

anvuluntariament, sa corr an cesa 

a cunfesas e po... sa cumpra 'l seto!

                         […]

Casalèt badilèt, campane a fec,

ta set cambiat e me sente 'n dal cor

la nustalgia, 'l rimpiant da tanti vec

amis che, stöf, i g'ha pensat da mor.

                            […]

L'è 'n mund che gh'è sparit, che turna pö;

l'è 'n mund che strens al cor, che fa pensà.

Me pense a tante robe che gh'è pö,

e pense e pense e ma 'é da caragnà.

Argot da vec però gh'è amò restat:

la cesa, 'l campanil, al cimitere,

le füghe da rübì, al verd di prat,

la Madunina, san Roch da le Gere,

'l Cios da Furne, la Rua, i Redundì,

'l Guat da Re, la Brengogna e l'Incastrù

j'è töc andal me cor. Lasémel dì:

adès so vec e vive d'ilüsiù.

Avvocati di Casaletto- Avvocati di Casaletto è il loro soprannome, / e in verità c’è qualcuno dalla lingua lunga / che taglia di filo e di costa… / Di pazzi / non ne vedo proprio su tutti gli abitanti. // Di commercianti che rubano sulla bilancia, / non ce ne sono più, e se si sbaglia di qualche mezzo etto, / involontariamente, si corre in chiesa / a confessarsi e poi… si compra la casa! 

Casaletto piccolo badile, campane in affitto, tu sei cambiato e io sento in cuore / la nostalgia, il rimpianto di tanti anziani / amici che stanchi hanno pensato di morire. // È un mondo che stringe il cuore, che fa pensare. / Io penso a tante cose che non ci sono più, / e penso e penso e mi vien da piangere. // Qualcosa di antico però è restato: / la chiesa, il campanile, il cimitero, / i filari di robinie, il verde dei prati/ la Madonnina, San Rocco della ghiaia, // i crocchi del Forno, la riva dei Redondi, // il Guado da Re, la Borgogna, l’ Incastrone, / son tutti nel mio cuore. Lasciatemelo dire: / adesso sono vecchio e vivo di illusioni.

Ci sono composizioni che tendono soprattutto al divertimento e che vogliono suscitare nel lettore un innocente sorriso: l’atteggiamento scherzoso è presente in molte composizioni dell’autore: basti leggere la sorprendente descrizione che il poeta fa della propria morte.

Che rét!

Che rét faró me

quand i ma metarà

'nda la cassa da mort

con tant da craatina

sö la camisa bianca

col gulèt inamidat,

al vistit da la festa,

calzèt bianch sensa büs

e la curuna 'n mà.

            […]

Èdaró i me parent

e i cunusent

col vis piatulent

che i sa sforsa

da fa ègn fora da j'oc

almen 'na lagrimina

picinina picinina

per dimustrà

al so dulur

         […]

E pò, zo cumpliment:

- L'era 'na braa persuna.

- An galantom.

- An om generus.

- Al ga fac dal be a töc.

- L'era 'n sant'om.

- Al va 'n paradis.

An pé 'n pé drec!

- Puarì, l'è mort trop prest...

Fioi,

va 'l dise 'n d'un'uregia:

j'è töte balòte,

vöna

püssé grossa da l'otra!

Che ridere- Che risate farò io / quando mi metteranno / nella cassa da morto / con tanto di cravattino / sopra la camicia bianca / col colletto inamidato, / il vestito della festa, / calze bianche senza buchi / e il rosario in mano. // Vedrò i miei parenti / e i conoscenti/ col viso sofferente / che si sforzano/ di far uscire dagli occhi / almeno una lacrimuccia / piccola piccola / per dimostrare il loro dolore. // E poi il via ai complimenti: / “Era una brava persona /  Un galantuomo. / Un uomo generoso. / Ha fatto del bene a tutti. / Era un sant’uomo. / Andrà dritto in Paradiso. / Sicuramente!  / Poverino è morto troppo presto…” // Gente / ve lo sussurro in un orecchio: / sono tutte menzogne, / una / più grande dell’altra.

Continua  Sacchi nei suoi appunti per la presentazione del volumetto della Pro Loco:

Antonio Sbarsi è stato anche autore di gustose fiabe (da non confondersi con le favole). L'autore si rifà parzialmente alla lezione di Fedro e di Esopo; ne mantiene l'intento moraleggiante, si esprime attraverso le figure di animali che sottintendono una realtà umana, usa l'espressione prosodica; differisce però dagli autori classici per la struttura narrativa e per l'impianto comico delle sue composizioni. 

Numerose composizioni di Antonio Sbarsi hanno come protagonista Pepòto, personaggio che persino nel nome si rifà al Peppone di Giovannino Guareschi. Pepòto è un rosso (cioè un comunista) solo apparentemente duro e rivoluzionario, ma nella realtà tenero e simpatico.

 Contrariamente a quanto avviene per Peppone, egli non vive in situazioni narrative, ma la sua personalità si esprime fondamentalmente nei dialoghi. Non ci troviamo di fronte ad un personaggio da romanzo: Pepòto è soprattutto una maschera e non del teatro della commedia dell'arte: egli vive di pezzi di teatro senza aggettivi. Gli fa da spalla una specie di don Camillo che ha solo una funzione contingente e che non ha una profonda e accattivante personalità. A volte è l'autore stesso che intavola un dialogo con l'ingenuo comunista. 

Pepoto al sa cunfèsa

Prete: O bagai, ta ga n'et an brigulù

           da cunfessà: dai cünta sö, Pepot.

Pepot: Go mai masat nissü, go mai rubat;

           da carità ma par na fo 'n fagot

          e a la me dona go gnamò picat.

Prete: Me pode netà fora i pecatur,

          ma j'angiulot cumè te, piuìt dal cel,

         j'è merce riservada al me Signur,

       che 'l sa n'intend da lupi e po da pél

                          [...]

Pepot: Da difetì ga n'ho 'na sbiruciada,

          ma l'è muneda che ga mìa valur.

         Dispresse i siur e töta la masnada

         demucristiana, bestemie 'l Signur...

 

Prete: O bröt pursèl, ta set püssé brigant

          da Musolino a bestemià 'l padrù

          da töt al mund. E po ta set gnurant

          perchè ta 'l diset sensa cunvinsiù.

         Ergo te absolvo da töc i pecat...   

 

   Se a bestemià 'l Signur ga perde nient-

      cumenta 'l nost Pepot meravigliat-

      a massà i pret me vore 'n monument!

 Pepòto si confessa- 

Prete: O giovanotto, ne hai parecchi / da confessare, dai racconta Pepòto.

Pepòto: Non ho mai ammazzato nessuno, non ho mai rubato; di carità mi pare, ne faccio 

        tanta e mia moglie non l’ho ancora picchiata.

Prete: Io posso ripulire i peccatori, / ma gli angioletti come te, piovuti dal cielo, / sono 

       merce riservata al mio Dio, / che se ne intende di lupi e anche di pellacce.

Pepòto: Di difettucci, ne ho un calesse / ma è moneta senza valore. / Disprezzo i ricchi e 

       tutta la combriccola democristiana, / bestemmio Dio…

Prete: Brutto porco, tu sei più  brigante/ di Musolino a bestemmiare il padrone / di tutto il mondo. E poi sei un ignorante / perché lo dici senza convinzione. / Quindi ti assolvo da tutti i peccati…  

Se a bestemmiare Dio non ci perdo niente- / commenta il nostro Pepòto meravigliato- / ad ammazzare i preti io voglio un monumento.

Non mancano le poesie di argomento politico. L'attenzione dell'autore è rivolta soprattutto a bollare le manchevolezze che perdurano ‒ ahimè ‒ con sconfortante attualità anche ai nostri giorni.

Elessiù pulitiche

………………….

Ma se restìf sö'l sòlet carussù

sensa reagì, sa cambiarà mai nient,

farìf dal be sultant ai capuciù

che fa pulitica per interès.

 

Alura, disarìf, i galantom

j'è scumparit da la circulassiù?

Gna per pütost! Me 'l so cusa i ga nom;

j'è rar, però ga n'è: basta circai...

 

Elezioni politiche- Ma se restate sul solito carrozzone / senza reagire, non cambierà mai nulla, / farete del bene solo ai caporioni / che fanno politica per interesse. // Allora, direte, i galantuomini / sono scomparso dalla circolazione? / Neanche per sogno! Io so come si chiamano: / sono pochi, però ce ne sono: basta cercarli…

Molte poesie del nostro autore sono pervase da un sincero sentimento religioso. Il poeta non tende all'esposizione di temi dogmatici, ma alla dichiarazione della fiducia e della speranza in un Dio che sa amare e che sa farsi amare.

Biot cumè 'n verme

An da le me sacoce

da franch ga n'è puchì,

e spess, per nütriment,

sganasse pà e strachì.

Però me go gudit

an piena libertà

la lüna, 'l sul, le stele

e 'l tec de la me cà.

Adès ma toca mor,

ma me ga pense mìa;

e 'n sö la tumba vore

ste bela litanìa:

nasìt sensa camisa,

scampat sensa paltò,

crepat sensa dulur

an bras al me Signur.

 Nudo come un verme- Nelle mie tasche- di soldi ce ne sono pochi, / e spesso, per mangiare, / mastico pane e stracchino. // Però ho goduto / in piena libertà. / la luna, il sole, le stelle / e un tetto sulla mia casa. // Adesso mi tocca morire / ma non ci penso;  / sulla lapide voglio questa bella preghiera: / nato senza camicia / vissuto senza cappotto, / morto senza dolore / in braccio al mio Signore.

Vorrei concludere, annota Sacchi, con la definizione che del vero poeta dà il Leopardi, perché mi pare che essa possa riferirsi propriamente anche ad Antonio Sbarsi.

Il poeta è spinto a poetare dall'intimo sentimento suo proprio, non dagli altrui. Il fingere di avere una passione, un carattere ch'ei non ha (…) è cosa alienissima dal poeta; non meno che l'osservazione esatta e paziente de' caratteri e passioni altrui. Il sentimento che l'anima “al presente”, ecco la musa ispiratrice del vero poeta, il solo che egli provi ispirazione ad esprimere. Quanto più un uomo è di genio, quanto più è poeta, tanto più avrà de' sentimenti suoi proprii da esporre, tanto più sdegnerà di vestire un altro personaggio, di parlare in persona altrui, d'imitare, tanto più dipingerà se stesso e ne avrà il bisogno, tanto più sarà lirico, tanto meno drammatico. L'estro drammatico è finto: un che si sente mosso a poetare, non si sente mosso che dal bisogno d'esprimere de' sentimenti ch'egli prova veramente.

Il Prof. Sacchi termina con il Poeta Antonio Sbarsi, il ciclo dell’Antologia dei poeti dialettali, propostogli dalla Pro Loco di Crema.

Raccomanda:

Mi sia permesso inoltre di citare le opere che mi sono state di grande aiuto nell'affrontare i problemi linguistici sorti nel mio lavoro di curatore di questa Collana di Poeti cremaschi di ieri e di oggi: opere che consiglio vivamente a quanti affrontino studi di morfologia e di retorica

Marcello Sensini, La grammatica della lingua italiana, Mondadori, Milano 1997.

Massimo Bittari, Italiano, corso di sopravvivenza, Ponte delle Grazie, Farigliano (Cuneo) 2000.

Luciano Geroldi, Il dialetto Cremasco: morfologia descrittiva, Leva Artigrafiche, Crema 2001.

Luciano Geroldi, Vocabolario del dialetto di Crema, Edizioni Tipolito Uggè, Crema 2004.

Graziella Vailati


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commenti


luciana groppelli

18 gennaio 2025 13:11

È bello scoprire poeti del nostro dialetto cremasco che non ho mai letto e scoprire piacevoli angoli di poesia inattesi che dipingono paesaggi e costumi delle terre cremasche, come erano e come spero saranno ancora a lungo.
Per questo si aspetta il prossimo misterioso autore accompagnato da tutta la dovizia di notizie e informazioni che si possono desiderare.